BERLUSCONI INCIAMPA NEL DIRITTO ROMANO
Esilarante ma pure avvilente, l’intervista di Berlusconi al CorriereTV, che ha svelato un altro aspetto ignoto della sua vita: dopo u n’in fa nzia da allevatore (‘mungevo le vacche’), un passato da romanista. Non di tifoso della Roma, ma di studioso di Storia del diritto romano. È difficile immaginare un Berlusconi sudare tra manoscritti, classici latini e pandette, tanto che, non ancora spenta l’eco della figuraccia del 2006, sbertucciato da Diliberto ( segretario del Pdci e professore - vero - di diritto romano) per il suo latinorum, l’incauto signore ‘ è ritornato sul luogo del delitto’. Sciorinando il brocardo n ul la poena sine praevia lege poenali spacciato per un principio base del diritto romano formulato nel Digesto di Ulpiano, è incorso in due inciampi clamorosi. Quel brocardo latino ha in realtà origini illuministiche e Ulpiano, illustre giurista dell’età dei Severi (II-III secolo d.C.), non ha mai scritto quella frase né quell’opera confusa con i Digesta ma di Giustiniano. Bene, qualcuno gli consigli di tenersi alla larga dal diritto romano, perché a sfogliare qualche manuale rischierebbe invece di incappare nella disciplina sul conflitto di interessi: “Né duoviri, né edili o questori, né un figlio o nipote, padre, fratello, scriba, o attendente di uno di essi, prendano in affitto o comprino un bene pubblico né si aggiudichino appalti pubblici o qualsiasi altro bene venga dato in locazione o venduto nel municipio Flavio Irnitano, né si associno ad alcuno di tali affari; non abbiano una cointeressenza in alcuno di tali affari o in relazione ad alcuno di essi, o si servano di un rappresentante, né facciano intenzionalmente qualcos’altro per lucrare successivamente i proventi di tali affari o in relazione a tali affari, oppure a mezzo di rappresentante. Se qualcuno agirà contro tali norme, sia condannato a versare due volte di quanto avrà lucrato” (Lex Irnitana, 48). O tempora o mores, che comunisti questi Romani!