Il Fatto Quotidiano

Preti gay in chat, il dossier in mano alla Curia di Napoli

L’escort Francesco Mangiacapr­a consegna oltre mille pagine di prove sulla vita segreta di molti sacerdoti. Il vescovo di Aversa: “Sono sbigottito”

- » LUIGI FRANCO

“Non

sono io, non sono io sicurament­e”. Smentire, negare fino alla fine. Anche di fronte all’evidenza. È per lo più questa la reazione dei preti contattati dopo la pubblicazi­one sul Fatto Quotidiano delle chat a sfondo sessuale contenute nel dossier consegnato ieri mattina dall’escort napoletano Francesco Mangiacapr­a alla cancelleri­a della Curia di Napoli. Cinquanta sacerdoti e una decina di seminarist­i indicati per nome e cognome. Oltre mille pagine con screenshot­in cui si parla di sesso a pagamento e festini gay, con scambio di immagini intime e collegamen­ti video per masturbars­i insieme. Un documento che restituisc­e l’immagine di una Chiesa dalla doppia morale.

Ora il dossier potrebbe essere inviato dalla Curia ai vertici delle altre diocesi del Centro-Sud a cui appartengo­no i preti segnalati, come quelle di Teggiano-Policastro e Tursi-Lagonegro. Alcuni dei sacerdoti, contattati con l’intento di farsi raccontare sotto anonimato come tali contraddiz­ioni siano vissute, chiudono subito la telefonata. I più non ammettono: “Sono spiazzato. Nego ogni cosa, non mi riconosco in questo”, dice per esempio don G., parroco della Basilicata che in una chat si rivolge così a un seminarist­a: “Te ne vieni con me per un’ordinazion­e diaconale e poi ce ne andiamo da amico prete cazzuto e porco lì vicino”. C’è chi nega anche se gli si dà prova del suo coinvolgim­ento: “A questo punto penso di essere vittima di uno scherzo o altro. Chi mi dice che non hanno fatto dei fotomontag­gi, per farmi delle fregature? Per buttare fango sugli uo- mini di Chiesa si farebbe di tutto”. Solo in due alla fine ammettono. Ma a chiedere loro come certe cose vadano d’accordo con il celibato, con le prediche dai pulpiti e con la posizione della Chiesa sull’omosessual­ità, non si ottiene risposta.

Il tema è spinoso. Casi come questi “lasciano sbigottiti”, ammette al telefono monsignor Angelo Spinillo, il vescovo di Aversa che a dicembre ha sospeso e avviato a un percorso di recupero in un luogo protetto don Crescenzo Abbate, parroco di Succivo (Caserta) citato nel dossier. Spinillo è intervenut­o dopo i ricatti di cui il prete è stato vittima per un video hard, ma in precedenza non aveva avviato iniziative risolutive, sebbene avvisato già nel 2016 delle sue abitudini proprio da Mangiacapr­a. “Che vuol dire risolutive? – chiede ora Spinillo –. Bisogna dialogare con chi sbaglia, metterlo su un percorso. Se poi ricade, bisogna intervenir­e in modo più incalzante, come è stato fatto”. Per il vescovo “ci sono forme di disordine nella vita di tanti su cui bisogna intervenir­e con un cammino di recupero. Tutta la fede cristiana si basa sul recupero, anche Gesù chiamava i peccatori e li convertiva”. Ma ha senso continuare a condannare l’omosessual­ità se questa è diffusa tra i suoi ministri? “Anche nella politica ci sono tanti corrotti, ma non per questo si smette di condannare la corruzione. Non sto facendo un paragone tra omosessual­ità e corruzione, ma se c’è attenzione ai principi bisogna riaffermar­li, anche se alcuni contravven­gono. E chi ha sbagliato va aiutato a redimersi”.

Le reazioni

Al telefono i religiosi citati non vogliono rispondere o negano: “Quello non sono io”

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Online Alcune chat nel dossier Mangiacapr­a tra i preti e i loro partner

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