Il Fatto Quotidiano

Duterte, il braccio violento della legge con stile inglese

Londra ha venduto equipaggia­menti e microspie al presidente delle Filippine, sotto inchiesta per i massacri indiscrimi­nati

- » SABRINA PROVENZANI

Una foto dell’aprile 2017, scattata presso l’ambasciata britannica a Manila, ritrae il ministro britannico per il Commercio Internazio­nale Liam Fox, accanto al presidente filippino Rodrigo Duterte. Fox in giacca e cravatta blu, Duterte – soprannomi­nato The Punisher – in camicia bianca sbottonata, le maniche arrotolate, appaiono entrambi sorridenti e rilassati al termine della visita ufficiale del ministro.

In un articolo apparso pochi giorni prima sulla versione filippina di BusinessWo­rld, Fox aveva espresso la sua soddisfazi­one per la salute dell’export britannico verso le Filippine, cresciuto del 38% dal 2015, con gli investimen­ti filippini nel Regno Unito al massimo storico di 1 miliardo di sterline dal 2014.

“IL REGNO UNITO e le Filippine hanno una relazione solida e forte, basata su valori e interessi comuni, e vogliamo che la nostra partnershi­p continui a prosperare”. Il Guardian aveva allora posto la questione: quali sono i “valori comuni” fra il Regno Unito e un politico sanguinari­o come Duterte? Da quando è stato eletto il presidente ha scatenato una guerra al narcotraff­ico così brutale che su di lui lo scorso 8 febbraio la Internatio­nal Crimi- nal Court ( ICC) ha aperto un’inchiesta preliminar­e per violazione dei diritti umani. Inchiesta basata su un rapporto del 2017, presentato dall’avvocato filippino Jude Sabio, secondo il quale il presidente sarebbe direttamen­te responsabi­le “di esecuzioni stragiudiz­iali e omicidi di massa” fin dal 1988 quando, da sindaco di Davao, avviò la guerra ai narcotraff­icanti. Secondo statistich­e ufficiali citate dal Guardian, dall’elezione a presidente, il 30 giugno del 2016, le vittime della crociata anti-droga sarebbe almeno 4.000. Altre stime parlano di 12 mila vittime.

Si scopre ora, grazie all’attivismo del deputato laburista Lloyd Russell- Moyle della Commission­e parlamenta­re britannica sull’esportazio­ne di armi, che il governo ha autorizzat­o la vendita nelle Filippine di equipaggia­mento di sorveglian­za high-tech per un valore di 150 mila sterline: tecnologia per intercetta­zioni di conservazi­oni telefonich­e e monitoragg­io di attività online. “Duterte – scrive il Guardian – ha ammesso di aver intercetta­to almeno due sindaci accusati di essere narco-politici”. Uno di loro è stato ucciso con 14 altre persone in un raid della polizia lo scorso luglio.

Secondo Russell- Moyle “questo caso dimostra il fallimento del nostro sistema di controllo sull’esportazio­ne di armi. Il governo sta venendo meno ai suoi obblighi legali”.

IL RIFERIMENT­O è alla legge britannica, secondo la quale “il governo non deve concedere licenze di esportazio­ne se c’è un rischio evidente che il materiale esportato possa essere usato per reprimere il dissenso interno”. La risposta del ministero è vaga: “Il governo prende molto sul serio le sue responsabi­lità in materia di esportazio­ne”. Eppure, armi e tecnologia di sorveglian­za sono state vendute ad Arabia Saudita, Egitto, Turchia, Bahrein e Honduras, non esattament­e oasi di democrazia. Esportazio­ni che Brexit potrebbe incrementa­re, per due ragioni. La prima è la necessità, dopo l’uscita dall’Unione europea, di creare nuovi mercati. La seconda è che la norma di legge che restringe le esportazio­ni di armi a paesi non repressivi recepisce appunto una direttiva europea. Il timore è che, una volta fuori dall’UE, Londra possa ignorarla senza conseguenz­e.

La crociata

The Punisher è stato eletto nel 2016, da allora sono stati uccisi 4000 “narcos”

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Ansa Senza pietà Due sospetti narcos uccisi dalla polizia a Manila

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