Ferrovie, buchi e ammissioni
Il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Graziano Delrio ha detto ieri sera: “Mai più fatti simili”. Il riferimento è al caos dell’intera rete ferroviaria nazionale causato lunedì mattina da venti centimetri di neve che hanno bloccato la stazione Termini di Roma. Lunedì sera Delrio aveva chiesto a Rfi, la controllata di Fs che gestisce la rete, “un dettagliato rapporto sulle cause che hanno, di fatto, generato tale situazione”. Non è dato sapere se il rapporto sia stato fatto. A quattro giorni dal voto gli elettori non devono sapere.
L’unica cosa certa è che l’amministratore delegato di Fs, il turbo-renziano Renato Mazzoncini – paracadutato alla guida delle strade ferrate dopo una vita passata a occuparsi di autobus – e l’amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile sono andati a rapporto da Delrio e, recita un comunicato, gli hanno illustrato “un piano finalizzato all ’ obiettivo richiesto ( mai più etc. ndr) prevedendo, in particolare, un ulteriore potenziamento tecnologico dello scalo di Roma Termini all’interno del programma di investimenti pari a 100 milioni per i principali nodi metropolitani”. Praticamente veniamo a sapere che prevenire disastri come quello di queste ore sarebbe costato all’incirca quanto un chilometro di ferrovia ad alta velocità come quella che Rfi sta costruendo tra Milano e Venezia.
I BUCHI DELLA RETE. La reticente comunicazione di ministro e Fs contiene una implicita ammissione. Il disastro di lunedì, che ieri è proseguito e anche oggi farà funzionare i treni a singhiozzo, è stato dovuto al fatto che nessuno al vertice delle Fs si è preoccupato in questi anni di spendere i pochi milioni di euro sufficienti a prevenire il blocco totale della rete ferroviaria in caso di nevicata sulla Capitale. Del problema Delrio, ma forse anche Mazzoncini e lo stesso Gentile, sono venuti a conoscenza in queste ore. Oppure lo sapevano e non hanno fatto niente. In entrambi i casi la rete ferroviaria italiana è nelle mani di Dio: se il ministro dei Trasporti non sa che l’amministratore delegato delle Fs non si preoccupa degli accorgimenti antineve nella prima stazione italiana, è lecito chie- dersi quanti altri simili buchi nella rete ci siano.
GLI ANNUNCI E LA REALTÀ. Il 22 febbraio scorso, quattro giorni prima della nevicata fatale, Delrio e Gentile erano impegnati a Napoli in un vertice con l’assessore siciliano ai Trasporti Marco Falcone e l’ad di Anas Gianni Vittorio Armani sul tema del ponte sullo Stretto. Non è dato sapere se Delrio e Gentile abbiano par- lato anche della lettera dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria che, in seguito all’incidente di Pioltello costato tre morti, ha dato nei giorni scorsi a Rfi una serie di ordini la cui inosservanza “può costituire una grave inadempienza in relazione al mantenimento d el l’a ut o ri zz azione di sicurezza”. In pratica quella lettera minaccia la chiusura della rete ferroviaria. Il 23 febbraio Rfi ha comunicato di essere pronta a fronteggiare l’emergenza neve.
Tra gli interventi annunciati:
“Nelle stazioni, attivati sistemi di snevamento e riscaldamento degli scambi”.
IL DISASTRO DI TERMINI. Il fatto è che a Roma il riscaldamento dei circa 300 scambi, detto anche “scaldiglie”, non c’è. Secondo il Corriere della Sera solo la metà degli scambi è dotato di scaldiglie. Le Fs in merito non hanno comunicato niente, come non hanno comunicato niente di niente su niente che riguardi il loro lunedì nero. Mazzoncini non ha detto una parola. La presidente Gioia Ghezzi non ha fiatato. Il giochino ha funzionato: nessun giornale li ha neppure nominati, come se guidassero le ferrovie greche. Delrio ha chiesto il rapporto ma ne tiene nascosto il contenuto. Quindi bisogna andare a cercarsi le notizie. Secondo alcuni addetti le vecchie scaldiglie, installate decenni fa a Termini, lunedì non hanno funzionato: non essendocene bisogno da alcuni anni, pare che nessuno si sia preoccupato di tenerle in efficienza. In tanta serena incoscienza non si è neppure attivata la procedura tradizionale: buttare sale sugli scambi e tenere pronti gli addetti a togliere la neve quando cade, in questo caso nel cuore della notte. Alle sette di lunedì mattina, quando gli scambi erano già prigionieri di blocchi di ghiaccio, i 400 operai esterni chiamati a spalare e pulire hanno potuto fare ben poco per rimediare al disastro provocato da un vertice scelto per fedeltà politica, quindi irresponsabile.
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Le scaldiglie, vecchie di dieci anni e senza manutenzione, non hanno funzionato