Il Fatto Quotidiano

Giornali liberi La “fu” Unità e il Fatto uniti dal senso di comunità con i lettori

- LEANDRO CORRADINO RINALDO SIDOLI MOVIMENTO ANIMALISTA SANDRA AMURRI DANIELA SERRONI ENRICO FIERRO UFFICIO STAMPA ANSF VDS

Avremo il coraggio e l’orgoglio di dimostrare che non tutti gli italiani sono cretini? Questi politici ormai sono abituati che tutto gli è permesso, tutto gli viene condonato. Abbiamo già dimostrato che quando gli italiani sono veramente arrabbiati, riescono a tirare fuori l’orgoglio con il risultato del referendum; mi auguro per noi, per i nostri figli che con queste votazioni ci sia un sussulto di coraggio e volontà di dire basta. DIRITTO DI REPLICA

La signora Graziella Ciriaci, candidata al Senato nel collegio uninominal­e Marche Sud, non è né esponente, né aderente, né tantomeno dirigente delMovimen­to animalista, fondato e presieduto dall’on. Michela Vittoria Brambilla. Nel mio articolo, si dice chiarament­e che Graziella Ciriaci è candidata di Forza Italia al Senato nel collegio uninominal­e Marche Sud. Mentre e non vi è traccia di ciò che lei mi attribuisc­e: “esponente, aderente, o dirigente del Movimento Animalista”. Così come è vero (documentat­o dal comunicato stampa con foto allegate diramato da Luciano Romanella, fondatore della sezione provincial­e di Fermo del Movimento Animalista dell'on. Michela Brambilla) che la Ciriaci, titolare dell'omonimo salumifici­o, ha sposato le istanze del Movimento. Dunque se, come afferma, l'immagine del Movimento Animalista è stata danneggiat­a non è avvenuto certamente a causa del nostro articolo che ha solo correttame­nte riportato la notizia. In relazione all’articolo “Stesso deragliame­nto 8 anni fa. Treni, tutti i buchi dei controlli” pubblicato il 23 febbraio, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (Ansf) intende precisare: 1) Lo svio di Secugnago è avvenuto prima che all’Ansf fossero conferiti compiti di vigilanza. Tuttavia l’Agenzia avviò comunque una serie di OGGI guardando The Post ho spesso pensato a voi. Mi sono commossa per un film che nessuno definirebb­e strappalac­rime; sarà stata l’età, o sarà stata la sensazione di come certi valori che ritenevo universali si vadano pian piano spegnendo. Nell’estate 2002 per non voler acquistare lo stesso quotidiano che mi obbligava a comprarci anche qualcos’altro, presi l’Unitàche avevo abbandonat­o per protesta da più di dieci anni, da quando cioè decisero di togliere “Organo del Partito Comunista Italiano” dalla testata. Oggi non mi interesser­ebbe più un quotidiano che si definisca “organo di partito”, eppure a pensarci bene forse in quel contesto era proprio quella l’affermazio­ne meno ipocrita possibile.

Mi piacque così tanto quell’Unità di Furio Colombo, così aperta a tutte le sfumature della sinistra e così genuina, che per la prima volta in vita mia ci feci l’abbonament­o.

Ero orgogliosa di leggere L’Unità e di mostrarla bella spalancata mentre la leggevo. Un amore consolidat­o con la direzione di Padellaro e che vedevo ricambiato. Un giornale ricambia l’amore e la fedeltà dei propri lettori offrendo loro le notizie senza censure. Così quando il cambio di proprietà spinse i miei giornalist­i preferiti a fondare Il Fatto Quotidiano­li ho seguiti e li ho visti crescere. Il meglio di quell’Unità ho continuato a trovarlo sul Fatto Quotidiano. Condivido al cento percento la linea politica del Fatto, che è la Costituzio­ne. E mi piace continuare a trovare sul Fatto anche altri punti di vista che mi aiutano a riflettere. Avevo già letto su questo giornale, e apprezzato, il commento di Padellaro sul film di Spielberg. Soprattutt­o trovo deprimente considerar­e che mentre il Post rivendicav­a il proprio diritto di fronte al governo degli Stati Uniti, oggi in Italia paradossal­mente abbiamo giornalist­i pronti a rinunciare, più o meno liberament­e, alla libertà di stampa. CARA SIGNORA SERRONI, la sua lettera è davvero un colpo basso, perché chi le risponde ha iniziato a lavorare a L’Unità, quando ancora era “organo del Pci”. Sì, eravamo, e dichiarata­mente, un giornale che era accertamen­ti tecnici i cui esiti si tradussero in precise prescrizio­ni. La giornalist­a chiosa con un “nient’altro”. È utile ricordare che l’ANSF all’epoca non poteva erogare alcuna sanzione, tale prerogativ­a le è stata attribuita sei anni dopo, con la legge n. 122 del 2016. 2) parte di una comunità. “C’è il compagno de l’Unità”, sentivi dire quando arrivavi davanti a una fabbrica in crisi, o in un paese del Sud dove si lottava (senza Facebook, social e tv) contro un boss di mafia o di camorra. Le assicuro che è stata una esperienza di vita enorme. Colombo e Padellaro, con la loro direzione, puntarono proprio su questo aspetto del giornale comunità. Un solo ricordo: la grande manifestaz­ione di San Giovanni contro il governo Berlusconi e il giornale agitato da migliaia di persone come una bandiera. La prima inchiesta contro il sistema De Luca (Crozza non c’era ancora) la pubblicò Padellaro. Quel giornale non piaceva ai “realisti” (ricordo alcune deprimenti riunioni con Fassino) e venne combattuto in tutti i modi dai dirigenti del Pds e soprattutt­o dei Ds. Lo stesso spirito ho ritrovato al Fatto, la stessa connession­e con i lettori. Non ho parlato del film e lo spazio è finito, però abbiamo parlato tanto di giornali e di libertà. Tra ANSF e RFI non “esiste alcun corto circuito”. Quando l’Agenzia è nata le risorse profession­ali in grado di assolvere ai compiti che l’Agenzia assumeva lavoravano nel Gruppo FS. La stessa norma istitutiva di ANSF indicò che proprio in quel serbatoio doveva avve- nire il reclutamen­to. Il percorso successivo ha reso questo personale totalmente indipenden­te dal Gruppo FS. 3) Non esiste alcun “conflitto tra controllor­e e contro llat o”. L’esempio addotto di Marco D’Onofrio, dirigente ANSF e fino al 29 dicembre 2017 ammi- Ringraziam­o l’Agenzia per le cortesi precisazio­ni. Che Ansf purtroppo (e per inspiegabi­li ritardi) abbia avuto solo di recente poteri sanzionato­ri era già stato raccontato in un articolo precedente e anche allora senza riferiment­i a qualsiasi presunta colpevolez­za di Ansf. Non c’è stata nessuna allusione a comportame­nti illegali o non permessi dalle norme, neanche per quanto riguarda le dinamiche del reclutamen­to iniziale del personale, previsto appunto dalla legge istitutiva e lecito, come d’altronde riportato nell’articolo. Non sta certo al giornalist­a emettere sentenze. Il cortocircu­ito si riferiva, infatti, soprattutt­o all'assenza di concorsi pubblici per la copertura degli incarichi dirigenzia­li e ai ricorsi effettuati e vinti degli ex dipendenti del gruppo Fs, come si evince, anche questo, dal testo. Stesso discorso per quanto riguarda l'incarico del dirigente D'Onofrio. Sono dinamiche che, per quanto legali, è comunque di interesse pubblico comunicare dal momento che sono state oggetto di lamentele e proteste (con una missiva inviata a membri del governo) da parte di una componente sindacale all’interno di un’Agenzia pubblica, mantenuta con fondi statali, che ha come missione la tutela della sicurezza ferroviari­a. Perciò noi facciamo bene a parlarne e Ansf fa bene a rispondere, come ha giustament­e fatto, tanto in sede di stesura dell'articolo che in questa. Nulla più che trasparenz­a da entrambe le parti.

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LaPresse In piazza Manifestaz­ione a San Giovanni, Roma

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