Giornali liberi La “fu” Unità e il Fatto uniti dal senso di comunità con i lettori
Avremo il coraggio e l’orgoglio di dimostrare che non tutti gli italiani sono cretini? Questi politici ormai sono abituati che tutto gli è permesso, tutto gli viene condonato. Abbiamo già dimostrato che quando gli italiani sono veramente arrabbiati, riescono a tirare fuori l’orgoglio con il risultato del referendum; mi auguro per noi, per i nostri figli che con queste votazioni ci sia un sussulto di coraggio e volontà di dire basta. DIRITTO DI REPLICA
La signora Graziella Ciriaci, candidata al Senato nel collegio uninominale Marche Sud, non è né esponente, né aderente, né tantomeno dirigente delMovimento animalista, fondato e presieduto dall’on. Michela Vittoria Brambilla. Nel mio articolo, si dice chiaramente che Graziella Ciriaci è candidata di Forza Italia al Senato nel collegio uninominale Marche Sud. Mentre e non vi è traccia di ciò che lei mi attribuisce: “esponente, aderente, o dirigente del Movimento Animalista”. Così come è vero (documentato dal comunicato stampa con foto allegate diramato da Luciano Romanella, fondatore della sezione provinciale di Fermo del Movimento Animalista dell'on. Michela Brambilla) che la Ciriaci, titolare dell'omonimo salumificio, ha sposato le istanze del Movimento. Dunque se, come afferma, l'immagine del Movimento Animalista è stata danneggiata non è avvenuto certamente a causa del nostro articolo che ha solo correttamente riportato la notizia. In relazione all’articolo “Stesso deragliamento 8 anni fa. Treni, tutti i buchi dei controlli” pubblicato il 23 febbraio, l’Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie (Ansf) intende precisare: 1) Lo svio di Secugnago è avvenuto prima che all’Ansf fossero conferiti compiti di vigilanza. Tuttavia l’Agenzia avviò comunque una serie di OGGI guardando The Post ho spesso pensato a voi. Mi sono commossa per un film che nessuno definirebbe strappalacrime; sarà stata l’età, o sarà stata la sensazione di come certi valori che ritenevo universali si vadano pian piano spegnendo. Nell’estate 2002 per non voler acquistare lo stesso quotidiano che mi obbligava a comprarci anche qualcos’altro, presi l’Unitàche avevo abbandonato per protesta da più di dieci anni, da quando cioè decisero di togliere “Organo del Partito Comunista Italiano” dalla testata. Oggi non mi interesserebbe più un quotidiano che si definisca “organo di partito”, eppure a pensarci bene forse in quel contesto era proprio quella l’affermazione meno ipocrita possibile.
Mi piacque così tanto quell’Unità di Furio Colombo, così aperta a tutte le sfumature della sinistra e così genuina, che per la prima volta in vita mia ci feci l’abbonamento.
Ero orgogliosa di leggere L’Unità e di mostrarla bella spalancata mentre la leggevo. Un amore consolidato con la direzione di Padellaro e che vedevo ricambiato. Un giornale ricambia l’amore e la fedeltà dei propri lettori offrendo loro le notizie senza censure. Così quando il cambio di proprietà spinse i miei giornalisti preferiti a fondare Il Fatto Quotidianoli ho seguiti e li ho visti crescere. Il meglio di quell’Unità ho continuato a trovarlo sul Fatto Quotidiano. Condivido al cento percento la linea politica del Fatto, che è la Costituzione. E mi piace continuare a trovare sul Fatto anche altri punti di vista che mi aiutano a riflettere. Avevo già letto su questo giornale, e apprezzato, il commento di Padellaro sul film di Spielberg. Soprattutto trovo deprimente considerare che mentre il Post rivendicava il proprio diritto di fronte al governo degli Stati Uniti, oggi in Italia paradossalmente abbiamo giornalisti pronti a rinunciare, più o meno liberamente, alla libertà di stampa. CARA SIGNORA SERRONI, la sua lettera è davvero un colpo basso, perché chi le risponde ha iniziato a lavorare a L’Unità, quando ancora era “organo del Pci”. Sì, eravamo, e dichiaratamente, un giornale che era accertamenti tecnici i cui esiti si tradussero in precise prescrizioni. La giornalista chiosa con un “nient’altro”. È utile ricordare che l’ANSF all’epoca non poteva erogare alcuna sanzione, tale prerogativa le è stata attribuita sei anni dopo, con la legge n. 122 del 2016. 2) parte di una comunità. “C’è il compagno de l’Unità”, sentivi dire quando arrivavi davanti a una fabbrica in crisi, o in un paese del Sud dove si lottava (senza Facebook, social e tv) contro un boss di mafia o di camorra. Le assicuro che è stata una esperienza di vita enorme. Colombo e Padellaro, con la loro direzione, puntarono proprio su questo aspetto del giornale comunità. Un solo ricordo: la grande manifestazione di San Giovanni contro il governo Berlusconi e il giornale agitato da migliaia di persone come una bandiera. La prima inchiesta contro il sistema De Luca (Crozza non c’era ancora) la pubblicò Padellaro. Quel giornale non piaceva ai “realisti” (ricordo alcune deprimenti riunioni con Fassino) e venne combattuto in tutti i modi dai dirigenti del Pds e soprattutto dei Ds. Lo stesso spirito ho ritrovato al Fatto, la stessa connessione con i lettori. Non ho parlato del film e lo spazio è finito, però abbiamo parlato tanto di giornali e di libertà. Tra ANSF e RFI non “esiste alcun corto circuito”. Quando l’Agenzia è nata le risorse professionali in grado di assolvere ai compiti che l’Agenzia assumeva lavoravano nel Gruppo FS. La stessa norma istitutiva di ANSF indicò che proprio in quel serbatoio doveva avve- nire il reclutamento. Il percorso successivo ha reso questo personale totalmente indipendente dal Gruppo FS. 3) Non esiste alcun “conflitto tra controllore e contro llat o”. L’esempio addotto di Marco D’Onofrio, dirigente ANSF e fino al 29 dicembre 2017 ammi- Ringraziamo l’Agenzia per le cortesi precisazioni. Che Ansf purtroppo (e per inspiegabili ritardi) abbia avuto solo di recente poteri sanzionatori era già stato raccontato in un articolo precedente e anche allora senza riferimenti a qualsiasi presunta colpevolezza di Ansf. Non c’è stata nessuna allusione a comportamenti illegali o non permessi dalle norme, neanche per quanto riguarda le dinamiche del reclutamento iniziale del personale, previsto appunto dalla legge istitutiva e lecito, come d’altronde riportato nell’articolo. Non sta certo al giornalista emettere sentenze. Il cortocircuito si riferiva, infatti, soprattutto all'assenza di concorsi pubblici per la copertura degli incarichi dirigenziali e ai ricorsi effettuati e vinti degli ex dipendenti del gruppo Fs, come si evince, anche questo, dal testo. Stesso discorso per quanto riguarda l'incarico del dirigente D'Onofrio. Sono dinamiche che, per quanto legali, è comunque di interesse pubblico comunicare dal momento che sono state oggetto di lamentele e proteste (con una missiva inviata a membri del governo) da parte di una componente sindacale all’interno di un’Agenzia pubblica, mantenuta con fondi statali, che ha come missione la tutela della sicurezza ferroviaria. Perciò noi facciamo bene a parlarne e Ansf fa bene a rispondere, come ha giustamente fatto, tanto in sede di stesura dell'articolo che in questa. Nulla più che trasparenza da entrambe le parti.