La strategia del gambero che condanna Alitalia
Italo e l’ex Meridiana hanno superato la crisi espandendosi, per la compagnia si fa il contrario
Solo quattro anni or sono il futuro del treno Italo era molto incerto, con l’equilibrio del conto economico lontano dal conseguimento e il tentativo di far concorrenza a Trenitalia distante dal successo. Tuttavia gli azionisti e il management non si persero d’animo e decisero di rilanciare il progetto, deliberando nuovi investimenti e ordinando 17 nuovi treni da affiancare ai 25 già in flotta. Nello stesso tempo modificarono il modello di business, scegliendo di far concorrenza a Trenitalia non solo sulla qualità dei servizi ma anche sui livelli di prezzo. In quattro anni i passeggeri trasportati sono più che raddoppiati, l’azienda è finalmente pervenuta a una soddisfacente redditività, ha conseguito una quota di mercato nell’alta velocità stimabile in oltre un terzo e alla vigilia della quotazione in borsa è stata acquisita da un fondo americano specializzato nella gestione di infrastrutture a un multiplo elevato dei suoi margini.
Sempre quattro anni or sono un’altra importante azienda italiana di trasporto era in grave cri- si e per salvarla la sua gestione fu affidata a un importante vettore estero che avrebbe dovuto rilanciarla con rilevanti investimenti nel segmento profittevole del lungo raggio. L’azienda si chiamava Alitalia, fu ridimensionata nella flotta di breve raggio, nelle rotte e nel personale ma l’equivalente aereo dei treni aggiuntivi di Italo, i famosi velivoli per il lungo raggio, arrivarono solo col contagocce, due in più sui 22 di partenza, e lo scorso anno praticamente fallì. Ora il governo ne desidera la vendita ma l’acquirente in pectore Lufthansa è interessata solo a una parte molto ridotta, quella utile principalmente per fare feederaggio ai voli intercontinentali che il vettore tedesco organizza dai suoi già numerosi hub, disseminati a poche centinaia di chilometri dai nostri confini. Se la cessione andasse in porto si tratterebbe del quinto ridimensionamento del vettore in meno di un ventennio: dapprima il taglio dei voli intercontinentali nel 2000, poi la separazione della parte dei servizi di terra nel 2004, quindi il taglio del 2008 attuato affinché i capitani coraggiosi potessero prendersi carico di AirOne, infine il ridimensionamento del 2014. È il percorso esattamente opposto a quello che ha portato al rilancio e al successo di Italo. Come si può pensare che in un mercato in forte crescita si possa rilanciare un’azienda ridimensionandola?
Per un ex grande, e un tempo glorioso, vettore nazionale che si vuole trasformare in vettore regionale si ha invece in Italia l’esempio contrario di un vettore regionale, anch’esso in crisi, che intende rilanciarsi divenendo vettore nazionale soprattutto di lungo raggio. Meridiana, storica compagnia nata per collegare la Costa Smeralda con l’Italia continentale, assume il nome di Air Italy, incorporando il nome del nostro paese nel suo marchio, e cambia sede principale, spostandosi da Olbia a Malpensa ove intende aprire un hub intercontinentale. Il suo piano di rilancio, predisposto a seguito dell’i ngresso del nuovo azionista Qatar Airways, ha per obiettivo di portare in pochi anni il vettore a dieci milioni di passeggeri, trasportati grazie a una flotta di 50 aerei, di cui ben 30 di lungo raggio, un numero mai visto in Italia se non per breve tempo nella flotta di Alitalia degli anni ’90.
Se Italo ha superato la sua crisi espandendosi, e Meridiana intende superare la sua espandendosi, perché mai si dovrebbe pensare che la stessa strategia non valga per Alitalia? Come si può accettare l’ennesimo ridimensionamento, che ha già fallito quattro volte di seguito e non è stato adottato come rimedio da nessun altro vettore al mondo? Se Alitalia è troppo piccola per essere grande allora non le resta che crescere. Naturalmente servono investitori con grandi capitali, tuttavia non si può dire che quelli che nel tempo hanno investito sull’avventura di Italo si siano pentiti di quanto hanno speso.