“Puoi baciare lo sposo” pure senza entrare in Parlamento
IL FILM L’ultimo lavoro di Alessandro Genovesi dal primo marzo in sala: la storia di un matrimonio gay e di tutti i pregiudizi degli ambienti definiti “progressisti”
Le battute del sindaco Pd: “Non sono felice se c’ho un babbuino in casa”, “Il musical è la versione omosessuale del teatro”
“Èun film, non una proposta di legge”. Nell’ imperante dittatura del contenuto sulla forma, e sul mezzo, il distinguo del regista Alessandro Genovesi è benvenuto: di fronte a temi importanti, sensibili, civili, è facile farsi tirare per la giacchetta e ritrovarsi megafono, col rischio altrettanto sensibile che il topolino partorisca una montagna. Meglio sottrarsi, e risolversi all’evidenza: “È un film”. E nemmeno così originale: liberamente ispirato alla pièce My Big Gay Italian Wedding di Anthony J. Wilkinson, Puoi baciare lo sposo arriva il 1° marzo sui nostri schermi – 400, targati Medusa – con la produzione Colorado e un ricco cast, Diego Abatantuono, Monica Guerritore, Salvatore Esposito, Cristiano Caccamo, Dino Ab brescia, Diana Del Bufalo, Antonio Catania, Beatrice Arnera e il we ddi ng planner Enzo Miccio. Si parla di matrimonio gay, alias unioni civili, e la premura di Genovesi, anche sceneggiatore con Giovanni Bognetti, è che “nessuno venisse ritratto in maniera sbagliata”. Dalla sua, l’associazione Diversity presieduta da Francesca Vecchioni, che si occupa della rappresentazione responsabile delle persone LGBTI: nello specifico, alcuni abbracci si sono trasformati in baci.
SONO QUELLI tra Antonio (Caccamo) e Paolo (Esposito, il Genny Savastano di Gomorra), giovani, carini e innamorati a Berlino. La convivenza è pronta a trasformarsi in qualcosa di più, è tempo di partire per l’Italia, accompagnati dall’amica Benedetta ( Del Bufalo) e dal nuovo arrivato Donato ( Abbrescia), per comunicare le prossime nozze alle famiglie: se Paolo con la madre non si parla da anni, Antonio a Civita di Bagnoregio si ricongiunge a mamma Anna ( Guerr itore) e papà Roberto ( Abat an tu on o) , che dell’ameno borgo viterbese è il sindaco. P ro g re ss ista, ben disposto a ricevere i migranti, meno un figlio gay, ancor più da sposare: tira fuori metafore viete, “Non sono felice se c’ho un babbuino in casa”, considerazioni ardite, “io non posso essere felice se siete felici voi”, e punta i piedi. Roberto, dice Abatantuono, “incarna il quotidiano, in tanti la pensano come lui. Sembra molto aperto all’inizio, poi viene fuori l’ottuso che è in lui: negli uomini l’ottusità è recondita, c’è chi ancora deve superarla, e la commedia è il modo migliore”. Una commedia, aggiunge Genovesi, “con un clima leggero, una recitazione non parodistica: ho voluto lavorare molto su realismo e naturali- smo, prediligendo la macchina a mano”. E convergendo sul punto di vista di Anna, ossia “la forza e l’accoglienza femminile: noi donne – osserva Guerritore – cambiamo come le lune, superato lo choc da imprevisto siamo pronte ad abbracciare il nuovo”. Vale a dire, “amore chiama amore, non c’è sesso, maschio o femmina, però ci sono le tradizioni, il matrimonio sempre sognato da una madre”. Della partita è anche don Francesco (Catania), che sulla scorta del bergogliano “Chi sono io per giudicare (un gay)?” dialoga con il ritratto di papa Francesco e si offre di celebrare lui il matrimonio, giacché “Chi siamo noi per dire che questo amore è sbagliato”, “Se è vero amore non può essere che giusto”, “La colpa non esiste, esistono solo responsabilità”. Detto che Abatantuono, pur con il freno tirato dal copione, non si batte, da “Enzo Miccio chi cazzo è?” a “Il musical è la versione gay del teatro”, e che la Guerritore recita come fosse Shakespeare, Puoi baciare lo sposo ha qualche problema di ritmo e, soprattutto, fa scontare l’inclusione dei gay a un travestito all’acqua di rose (Abbrescia) e una stalker inconsulta (Arnera).