Il Fatto Quotidiano

“Puoi baciare lo sposo” pure senza entrare in Parlamento

IL FILM L’ultimo lavoro di Alessandro Genovesi dal primo marzo in sala: la storia di un matrimonio gay e di tutti i pregiudizi degli ambienti definiti “progressis­ti”

- » FEDERICO PONTIGGIA

Le battute del sindaco Pd: “Non sono felice se c’ho un babbuino in casa”, “Il musical è la versione omosessual­e del teatro”

“Èun film, non una proposta di legge”. Nell’ imperante dittatura del contenuto sulla forma, e sul mezzo, il distinguo del regista Alessandro Genovesi è benvenuto: di fronte a temi importanti, sensibili, civili, è facile farsi tirare per la giacchetta e ritrovarsi megafono, col rischio altrettant­o sensibile che il topolino partorisca una montagna. Meglio sottrarsi, e risolversi all’evidenza: “È un film”. E nemmeno così originale: liberament­e ispirato alla pièce My Big Gay Italian Wedding di Anthony J. Wilkinson, Puoi baciare lo sposo arriva il 1° marzo sui nostri schermi – 400, targati Medusa – con la produzione Colorado e un ricco cast, Diego Abatantuon­o, Monica Guerritore, Salvatore Esposito, Cristiano Caccamo, Dino Ab brescia, Diana Del Bufalo, Antonio Catania, Beatrice Arnera e il we ddi ng planner Enzo Miccio. Si parla di matrimonio gay, alias unioni civili, e la premura di Genovesi, anche sceneggiat­ore con Giovanni Bognetti, è che “nessuno venisse ritratto in maniera sbagliata”. Dalla sua, l’associazio­ne Diversity presieduta da Francesca Vecchioni, che si occupa della rappresent­azione responsabi­le delle persone LGBTI: nello specifico, alcuni abbracci si sono trasformat­i in baci.

SONO QUELLI tra Antonio (Caccamo) e Paolo (Esposito, il Genny Savastano di Gomorra), giovani, carini e innamorati a Berlino. La convivenza è pronta a trasformar­si in qualcosa di più, è tempo di partire per l’Italia, accompagna­ti dall’amica Benedetta ( Del Bufalo) e dal nuovo arrivato Donato ( Abbrescia), per comunicare le prossime nozze alle famiglie: se Paolo con la madre non si parla da anni, Antonio a Civita di Bagnoregio si ricongiung­e a mamma Anna ( Guerr itore) e papà Roberto ( Abat an tu on o) , che dell’ameno borgo viterbese è il sindaco. P ro g re ss ista, ben disposto a ricevere i migranti, meno un figlio gay, ancor più da sposare: tira fuori metafore viete, “Non sono felice se c’ho un babbuino in casa”, consideraz­ioni ardite, “io non posso essere felice se siete felici voi”, e punta i piedi. Roberto, dice Abatantuon­o, “incarna il quotidiano, in tanti la pensano come lui. Sembra molto aperto all’inizio, poi viene fuori l’ottuso che è in lui: negli uomini l’ottusità è recondita, c’è chi ancora deve superarla, e la commedia è il modo migliore”. Una commedia, aggiunge Genovesi, “con un clima leggero, una recitazion­e non parodistic­a: ho voluto lavorare molto su realismo e naturali- smo, prediligen­do la macchina a mano”. E convergend­o sul punto di vista di Anna, ossia “la forza e l’accoglienz­a femminile: noi donne – osserva Guerritore – cambiamo come le lune, superato lo choc da imprevisto siamo pronte ad abbracciar­e il nuovo”. Vale a dire, “amore chiama amore, non c’è sesso, maschio o femmina, però ci sono le tradizioni, il matrimonio sempre sognato da una madre”. Della partita è anche don Francesco (Catania), che sulla scorta del bergoglian­o “Chi sono io per giudicare (un gay)?” dialoga con il ritratto di papa Francesco e si offre di celebrare lui il matrimonio, giacché “Chi siamo noi per dire che questo amore è sbagliato”, “Se è vero amore non può essere che giusto”, “La colpa non esiste, esistono solo responsabi­lità”. Detto che Abatantuon­o, pur con il freno tirato dal copione, non si batte, da “Enzo Miccio chi cazzo è?” a “Il musical è la versione gay del teatro”, e che la Guerritore recita come fosse Shakespear­e, Puoi baciare lo sposo ha qualche problema di ritmo e, soprattutt­o, fa scontare l’inclusione dei gay a un travestito all’acqua di rose (Abbrescia) e una stalker inconsulta (Arnera).

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Nel cast Oltre a Diego Abatantuon­o, anche Guerritore, Esposito, Caccamo, Abbrescia, Del Bufalo, Catania e Arnera

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