Il vero vincitore della campagna elettorale: il contabile
La novità più straordinaria di questa campagna elettorale non è il ritorno di Silvio Berlusconi (non è una battuta), né l’audacia costituzionale dei 5 Stelle che mandano al Colle la lista dei ministri addirittura prima che si voti, né altre pur apprezzabili alzate d’ingegno di questo e quello, ma il trionfo di una figura mai vista prima così al centro del dibattito pubblico: il contabile. Ormai nessuno può dire più nulla senza che arrivino il professore col curriculum in inglese, il sociologo con l’hobby dell’economia, il giornali- sta watchdog (o dogsitter, alla bisogna), il politico avversario o figuri d’altro genere a urlare: “E le coperture?”. Vuoi abolire la Fornero, dare reddito ai più poveri, investire in infrastrutture, comprare grosse armi o riparare il rubinetto del ministero? E quelli: “E dove li trovi i soldi? E il debito pubblico?” (invece Bonino: “E l’Europa?”). L’idea che il bilancio dello Stato non funzioni come quello di una famiglia (monoreddito) non li sfiora: “Tutta la condotta della vita era stata ridotta a una specie di parodia dell’incubo di un contabile”, scriveva molti anni fa John Maynard Keynes parlando dell’Ottocento a cui sembriamo voler tornare. Il trionfo del contabile e delle sue coperture sono sintomo inequivocabile di miseria culturale e morale: “Siamo capaci di chiudere la porta in faccia al sole e alle stelle perché non pagano dividendo” (sempre lui). Sarebbe bene che i nostri amici col pallottoliere ricordassero, se è lecito maramaldeggiare proprio con Keynes, che nel lungo periodo saremo comunque tutti coperti: da una lapide.