Il Fatto Quotidiano

La mail bomba

- » MARCO TRAVAGLIO

L’altroieri è accaduto un fatto molto brutto. Ma che dico brutto: eversivo. Ma che dico eversivo: un golpe. Ma che dico golpe: un attentato alla Costituzio­ne. Ma che dico alla Costituzio­ne: a Mattarella. Fortuna che i giornaloni e i giornalini erano lì pronti a smascherar­lo e a sventarlo. Corriere della Sera: “Lista al Colle, il caso Di Maio. Una mail con 17 ministri. Gentiloni: governo ombra surreale”. “Il tentativo di accreditar­si come chi ha già vinto. Con il rischio della forzatura”. La Repubblica:“Di Maio manda al Colle la lista dei ministri. Gentiloni: ‘ È surreale’ ”. Il Messaggero: “M5S, lista dei ministri al Quirinale per email. Scontro con Gentiloni”, “La mossa che trasforma la politica in un post”, “Ma per il Colle nessuna valenza istituzion­ale”. Il Giornale: “I grillini sfidano Mattarella: la lista dei ministri via mail. Il presidente è irritato”. Libero: “Di Maio ha perso la testa: presenta i ministri al Colle”. Massima solidariet­à a quel sant’uomo del capo dello Stato, vittima del proditorio attacco informatic­o dell’hacker e aspirante premier grillino, che deve aver imparato le più avanzate tecniche di mail bombinga lla Lubjanka dai famosi incursori russi al soldo di Putin, già artefici della Brexit, della vittoria di Trump e del No al referendum costituzio­nale in Italia a colpi di fake news in caratteri cirillici.

Fortuna che, oltre ai corazzieri di carriera, Mattarella può contare su quelli di complement­o sparsi per le redazioni, veri e propri scudi umani a protezione del suo gracile e cagionevol­e corpicino, trattato come un’antica reliquia da ostendere senza sfiorarla né guardarla (tantomeno “tirarla per la giacchetta”), come il Santissimo da portare in procession­e al riparo da ogni contatto fisico e anche cibernetic­o. Basta un nonnulla, anche una email un po’ frizzantin­a, per provocarne lo scioglimen­to o la polverizza­zione. Infatti, quando è giunta al segretario generale Ugo Zampetti la mail di Di Maio indirizzat­a al Presidente, al Quirinale è subito scattato lo stato di emergenza. I corazzieri han formato una testuggine tutt’intorno a Mattarella, l’hanno prelevato, issato sulla sedia gestatoria e tradotto a viva forza nelle segrete del palazzo dove – in previsione dell’agguato terroristi­co – era stato allestito un bunker a prova di attacco nucleare. Intanto accorrevan­o sul posto gli artificier­i informatic­i in tuta bianca, che asportavan­o con un robottino antibomba il pc ultimo modello del Presidente (un Commodore Pet 2001 del 1977, alimentato a nafta e cherosene) contaminat­o dalla mail esplosiva, per poi farlo brillare sulle rive – opportunam­ente evacuate – del lago della Duchessa.

Solo allora Mattarella ha potuto riprendere posto nel suo studio ed essere ragguaglia­to sui dettagli dello scampato pericolo: la temibile mail di un candidato premier che, per cortesia istituzion­ale, gli anticipava i ministri che intende proporgli se il suo partito arriva primo alle elezioni. Come abbia reagito il capo dello Stato, non è dato al momento sapere. Secondo Marzio Breda del Corriere, “il pressing irrita il Quirinale” per gli “impropri accostamen­ti a Bersani nel 2013”. Invece, per Massimo Franco del Corriere, “Mattarella non è irritato”. Però sia chiaro, avverte lo stesso Corriere: “Il presidente non leggerà la mail di Di Maio fino a dopo il voto”. Per non spettinars­i la permanente, con quel che costano i parrucchie­ri al giorno d’oggi. “Mattarella non aprirà quella mail”, conferma La Stampa, ma “nessuna irritazion­e” perché “sul Colle sono uomini di mondo”. Come Totò: hanno fatto i militari a Cuneo e hanno visto tanti uomini nudi, figurarsi se s’ impression­ano per una mail. Però, per precauzion­e, non la aprono: non si sa mai. Già che ci sono, affidano a La Stampa ”una metafora” del più genuino humour inglese: “La mail è stata accolta come un regalo arrivato con qualche mese di anticipo sul Natale, prima ancora che sia pronto l’albero”. E, mentre se la passano di bocca in bocca (la metafora, non la mail che non hanno intenzione di leggere né di aprire), si rotolano dalle risate: “Questa la mandiamo a Woody Allen”.

Noi però, con tutto il rispetto, ci divertiamo di più per lo sdegno del premier per caso Paolo Gentiloni (“festival surreale”) e per gli altri indignati speciali Pd-FI che ricordano come la Costituzio­ne non preveda che un partito preannunci i suoi ministri. Come se la Carta lo escludesse o lo vietasse. Il fatto poi che chi la Costituzio­ne tentò di sventrarla 12 e 2 anni fa si preoccupi ora di far rispettare ciò che non proibisce, è ancora più comico. Tantopiù se si tratta di frequentat­ori di se stessi che da 7 anni sostengono governi mai passati per le urne, con maggioranz­e finte e incostituz­ionali, quelli sì espressame­nte vietati dalla Carta. Che non fanno un plissé se FI scrive nel logo sulla scheda “Berlusconi presidente”. E che vorrebbero continuare imperterri­ti a violare la Costituzio­ne anche nella prossima legislatur­a. Napo lit ano, Letta, Prodi e B. hanno già detto che Gentiloni sarebbe perfetto, chiunque vinca, per guidare un altro governo dei perdenti. Del resto il suo governicch­io si regge sul Pd (dato dai sondaggi al 21-22%) e sugli alleati centristi ( 3- 4%). Totale: 24% che, detratto un 35% abbondante di astenuti, fa 15%. Ecco: forse è “surreale” che l’85% degli italiani siano governati dal 15%. Ma di queste quisquilie i giornaloni non si occupano. Poi c’è Giuliano Ferrara, preoccupat­o che Mattarella si limiti a non leggere la mail di Di Maio, anziché farlo arrestare su due piedi: “Nel 2013 Napolitano impedì a Bersani di formare un governo con i grillini e salvò l’Italia. Oggi Mattarella rischiereb­be grosso normalizza­ndo il partito del vaffanculo”. Cioè, guai se Mattarella non fa un altro golpe: Ferrara potrebbe aversene a male.

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