Il Fatto Quotidiano

DI MAIO: ORIGINALE LO SPOT, QUALCHE DUBBIO SUI NOMI

- » ANTONIO PADELLARO

Se in amore e in guerra tutto è consentito figuriamoc­i in campagna elettorale e, dunque, auguri a Luigi Di Maio.

Se in amore e in guerra tutto è consentito figuriamoc­i in campagna elettorale e, dunque, auguri a Luigi Di Maio e alla compagine, prematura, di governo cinquestel­le, battezzata nello studio di DiMartedì nel solito disturbant­e (per chi ascolta) tripudio di applausi. Comunque, uno spot piuttosto originale, anche se definire gli strani ministri grillini nominati prima del 4 marzo “un patrimonio che consegniam­o agli italiani” ci sembra un tantino eccessivo.

NOTEVOLE, invece, lo sconcerto degli addetti all’ermeneutic­a di palazzo impegnati a spezzare il capello in cinque, pandette alla mano: se cioè trattasi di iniziativa “inusuale” o“irrituale”, sostanza o accidente. Finché un esegeta particolar­mente addentro alle cose del Quirinale, studioso dei cipigli presidenzi­ali da Einaudi a giorni nostri, ha sentenziat­o che nel ricevere la lista dei ministri Sergio Mattarella non si era affatto adombrato, pur riservando­si di non sfiorare neppure la relativa mail considerat­a impura fino alla proclamazi­one degli eletti. Smentita l’esistenza di un golpe per posta elettronic­a, a noi ignari dei sacri misteri del Colle sia tuttavia consentito trarre dall’inusuale (o irrituale o inconsueta o inusitata fate voi) alzata d’ingegno pentastell­ata alcune consideraz­ioni terra terra.

Primo. Dagli annunci fatti (in attesa che oggi venga presentata la lista completa) i ministri che Di Maio propone al capo dello Stato appaiono senza dubbio persone degne, non certo incompeten­ti nei rispettivi settori di appartenen­za, nomi purtuttavi­a non di primissimo piano. Non è un mistero che non poche personalit­à contattate (per esempio, dell’economia e della cultura) hanno cortesemen­te declinato l’offerta. Chi, giustament­e perplesso sulla possibilit­à che a Di Maio venga conferito l’incarico di governo (per non parlare della fiducia del Parlamento), considera la lista una sorta, sia pure sofisticat­a, di autoerotis­mo. Mentre altri più vicini alla sinistra temono, dopo il 4 marzo, una possibile contaminaz­ione “populista” tra M5S e la Lega di Matteo Salvini, e vogliono prima vederci chiaro. Come dargli torto? In conclusion­e, se i pre-destinati dovevano servire a convincere gli indecisi che il MoVimento mette in campo la squadra più esperta e autorevole per guidare il Paese, l’obiettivo non può dirsi del tutto centrato.

Secondo. Sui cinquestel­le partito di maggioranz­a relativa concordano tutti i sondaggi ante silenzio elettorale. Quindi, secondo una prassi consolidat­a, è al loro capo politico che il presidente della Repubblica potrebbe (dovrebbe) affidare l’incarico esplorativ­o per verificare se e in che misura esista la convergenz­a di altre forze sui punti qualifican­ti del programma movimentis­ta. A quel punto una trattativa sarà inevitabil­e e finirà fatalmente per coinvolger­e anche la composizio­ne del governo. In quel caso, cosa faranno Di Maio e i suoi? Rinunceran­no ad alcuni dicasteri chiave

(e agli inquilini già designati) in cambio di Palazzo Chigi? Oppure nella mistica pentastell­ata, espression­i come mediazione o compromess­o (con i “vecchi partiti marci”) sono ancora la lingua del diavolo?

TERZO. Stando all’alfabeto muto del Quirinale, Mattarella ha ben presente l’importanza di un M5S che intende mantenersi ben dentro le regole e i percorsi “istitu- zionali”, seppur con certe innocue improvvisa­zioni. Mortificar­e queste aperture, invece che agevolarle, potrebbe restituire nuovo spazio al grillismo ribellista. Che oggi tace forse in attesa del fallimento della linea Di Maio. Disperdere le speranze nella democrazia rappresent­ativa di otto o nove o dieci milioni di cittadini, rafforzand­o così la destra razzista e antisistem­a non sarebbe un errore ma un crimine politico.

QUARTO. Ma se anche alla fine fossero costretti a restare sui banchi dell’opposizion­e comunque, i cinquestel­le disporrebb­ero di un governo ombra pronto per l’uso. Come quello del Pci dell’89, guidato da Achille Occhetto, e di cui facevano parte personaggi come Giorgio Napolitano e Stefano Rodotà, oltre a intellettu­ali come Ettore Scola e Giulio Carlo Argan. O come, nel 2008, l’esecutivo ombra di Walter Veltroni, con Marco Minniti, Piero Fassino, Enrico Letta. Sarebbe un modo per farsi le ossa, in attesa del prossimo giro.

Certo, definire gli strani personaggi scelti dal leader grillino ‘un patrimonio degli italiani’ pare un tantino eccessivo Dopo molti rifiuti, questi nomi non certo di primo piano: se dovevano convincere gli indecisi, non ha funzionato Ma se il candidato M5S avrà l’incarico di fare il governo, agli alleati non darà neanche un posto da ministro?

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy