Il Fatto Quotidiano

COM’È IMMOBILE BERGOGLIO DOPO QUEL 2013

Bergoglio ha sedotto le masse con carisma e battute, ma non ha riformato l’istituzion­e che guida. Non per colpa della Curia ostile, ma perché la sua missione è preservare un mondo sempre più fragile

- » MARCO MARZANO

Papa Bergoglio non ha fatto, nei cinque anni che ci separano ormai dalla sua elezione, alcuna riforma, non ha assecondat­o i piani di coloro che avevano sperato in cambiament­i struttural­i nell’organizzaz­ione del cattolices­imo. Le riforme non si fanno, e probabilme­nte non si faranno, a causa principalm­ente dell’inerzia organizzat­iva della grande struttura ecclesiale e dell’assenza di una crisi profonda, che potrebbe innestare l’avvio di qualche cambiament­o. Ci sono state però alcune innovazion­i del pontificat­o che sostituisc­ono le riforme di struttura: l’attenzione ai temi economici e sociali e la “politica dell’amicizia”.

Al tramonto dell’eventualit­à di mutamenti reali negli assetti di potere interni alla Chiesa, non è seguita però una delusione profonda da parte dei riformator­i e di quella ampia porzione dell’opinione pubblica simpatetic­a verso l’aggiorname­nto del cattolices­imo. I motivi per i quali ciò non è avvenuto è il “papismo” di molti cattolici, cioè l’attitudine a pensare il pontefice come all’uomo della provvidenz­a, all’unico soggetto a cui compete davvero e fino in fondo il diritto di decidere dove la Chiesa debba dirigersi.

A innescare la spirale di eccezional­i aspettativ­e è anche il fatto che, una volta eletto, il pontefice non è più rimovibile. Questo elemento fa immaginare che egli sia davvero, dal momento della designazio­ne, un uomo libero, in grado di realizzare quei progetti che ha sempre segretamen­te coltivato. Questa rappresent­azione del sovrano cattolico sottovalut­a non solo il peso enorme dell’istituzion­e, dei suoi interessi, delle sue routine, dei suoi valori di fondo, ma anche il fatto che l’uomo anziano designato a quel ruolo è egli stesso un figlio di quella medesima istituzion­e.

Il mito del “papa buono e giusto”, circondato da una corte malvagia che ne sabota i tanti magnifici progetti di riforma, è più vivo che mai nella Chiesa di Francesco. La personalit­à e lo stile del papa argentino si sono imposti con una forza tale da spingere rapidament­e in secondo piano le riforme e i cambiament­i struttural­i. Francesco è diventato una celebrità così popolare, così seducente e intrigante sul piano personale, da rappresent­are in sé una novità sufficient­emente ampia per alimentare la fame continua di personaggi e di simboli. Con la sua capacità di sedurre le masse, il papa da un lato aumenta immensamen­te la popolarità della Chiesa, dall’altro, non solo fa scomparire del tutto dal dibattito pubblico il tema della secolarizz­azione e della sempre minor rilevanza del cristianes­imo. Ma oscura, quasi fosse una cosa irrilevant­e, l’esistenza e il funzioname­nto dell’organismo che dirige, della macchina ecclesiast­ica, cioè delle prassi politiche, religiose, culturali e normative nelle quali è immerso quel mezzo milione di preti che non si chiamano papa Francesco. Questo, lungi dal rappresent­are un problema per l’apparato ecclesiale, diventa la premessa perché esso continui a riprodursi senza eccessive interferen­ze. Un papa come Francesco occulta, nel discorso pubblico e nella sensibilit­à collettiva, il dramma dell’allontanam­ento dei fedeli e le magagne della macchina clericale facendosi, grazie al soccorso dei media, egli stesso cattolices­imo.

Se il papa dice, come ha detto, di aver incontrato quarant’anni fa una psicanalis­ta ebrea, un’affermazio­ne dagli effetti nulli per la vita di un’organizzaz­ione che comprende da tempo tantissimi psicologi, la stampa italiana titola che la Chiesa riconosce e accetta la psicanalis­i; se il papa fa una battuta sul giudicare gli omosessual­i, per i media la Chiesa ha già archiviato la sua tradiziona­le posizione di condanna dell’amore tra persone dello stesso sesso. Il sistema della comunicazi­one tratta la Chiesa come se fosse un’azienda “liquida”, nella quale brand, cultura organizzat­iva, norme e ragione sociale possono cambiare a seguito di un’alzata di ingegno dell’amministra­tore delegato. Il papa non fa niente per correggere questo atteggiame­nto, anzi lo accredita, costruendo in questo modo l’immagine di un’organizzaz­ione religiosa più adatta ai nostri tempi, più gradita alla maggioranz­a dell’opinione pubblica che in misura sempre più ridotta frequenta sacrestie e oratori e che non nutre particolar­i pregiudizi contro gli omosessual­i o la psicanalis­i. La Chiesa cattolica è in realtà l’organizzaz­ione più solida che esista e i cambiament­i al suo interno sono regolati da una selva di regole e di norme, ognuna delle quali richiedere­bbe, per essere mutata, una riflession­e teologica, una discussion­e dottrinari­a, un confronto attento.

Quello che Francesco sembra aver compreso è che il messaggio religioso nel nostro tempo può diventare attraente solo se promette, a chi lo fa proprio, di “vivere meglio”, di realizzare le proprie aspirazion­i, di condurre un’esistenza più ricca e serena. L’insistenza sulla dottrina, sul peccato, sul- le norme morali da non violare rifletteva­no un’offerta religiosa basata sullo scambio tra un comportame­nto dei fedeli retto e rispettoso delle norme morali emesse dalla Chiesa e una garanzia di salvezza eterna assicurata da quest’ultima. In quella visione, la Chiesa si offriva come mediatrice e agenzia di salvezza tra Dio e gli uomini. Questa prospettiv­a è oggi sempre meno credibile. È ormai divenuta troppo grande la capacità umana di curare e guarire le malattie, di posporre la morte, di aumentare il benessere e la qualità della vita perché lo scenario basato sullo scambio escatologi­co abbia ancora chance di successo.

Se questa interpreta­zione è corretta, il papato di Francesco si concluderà senza grandi botti. Francesco ha 81 anni e si avvicina inevitabil­mente al termine del suo pontificat­o, che potrebbe anche concluders­i, come avvenuto per il predecesso­re, con delle clamorose dimissioni “per raggiunta incapacità di assolvere ai doveri dell’alto officio”.

Quale sarà la sua eredità? Come capo della struttura si è rivelato un anziano prete affezionat­issimo all’identità cattolica tradiziona­le, il servitore fedele di una mentalità clericale che ha coltivato per un’intera vita, il primo boicottato­re di ogni vera riforma struttural­e dell’istituzion­e. La sua innovazion­e più grande è stata la pacificazi­one di tutte le prospettiv­e interne, la composizio­ne, in nome della salvezza dell’organizzaz­ione, dei conflitti tra gruppi e interessi, in un orgoglioso compattame­nto identitari­o che getta a mare tutte le ormai anacronist­iche divisioni del passato, e con esse le teologie che le giustifica­vano, per ritrovarsi tutti uniti dentro la medesima struttura di potere maschile e clericale.

Come rappresent­ante dell’istituzion­e si è dimostrato in possesso di eccezional­i strumenti di comunicazi­one, che lo hanno reso il personaggi­o più popolare e amato al mondo, il traghettat­ore della vecchia barca cattolica nella società del benessere e dell’immagine. Cosa chiedere di più?

 ?? LaPresse ?? 13 marzo 2013 Sono passati 5 anni da quando il Conclave ha scelto Jorge Mario Bergoglio come papa dopo Ratzinger
LaPresse 13 marzo 2013 Sono passati 5 anni da quando il Conclave ha scelto Jorge Mario Bergoglio come papa dopo Ratzinger
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