Lo sport italiano e pure il Coni: tutti tifano per l’intesa Renzi-B.
Caccia sportiva Forza Italia si prende le figurine: da Sibilia (Figc) a Barelli (Fin) fino a Lotito e Galliani I renziani, invece, cercano voti dopo i finanziamenti
Se fosse una partita di calcio, Forza Italia partirebbe con un gol di vantaggio: ha in lista mezzo mondo del pallone e tanti agganci con le Federazioni. Il Pd gioca in contropiede: negli ultimi due anni ha distribuito contributi a destra e a manca e poi ha all’appoggio di Giovanni Malagò (che guarda con preoccupazione all’ipotesi di un governo M5S). Le larghe intese, probabilmente, non scontenterebbero nessuno anche perché darebbero a una nuova candidatura olimpica. Ma come terzo incomodo c’è il Movimento 5 Stelle, che cerca volti puliti (come l’olimpionico Domenico Fioravanti, ministro in pectoreper Luigi Di Maio) e raccoglie consensi nella base. Domenica 4 marzo, si presenterà alle urne anche il mondo dello sport: un esercito di atleti, dirigenti o semplici amatori da 10 milioni di voti che fa gola proprio a tutti i partiti.
Nuova strategia Pd Il ministro Lotti, tra leggi e contributi, ha creato un forte consenso per i Dem
BASTA GUARDARE le liste, dove gli sportivi abbondano. Specie nel centrodestra, che ha puntato forte sul calcio con i vari Adriano Galliani, Claudio Lotito e il capo dei Dilettanti (nonché mancato presidente della Figc) Cosimo Sibilia. Il Pd, invece, ha cambiato strategia: basta figurine (come Josefa Idem), sotto la regia di Luca Lotti gli ultimi due governi hanno fatto passare una serie di provvedimenti favorevoli, a ogni livello. Il progetto “Sport e periferie”, i soldi per la Ryder Cup di golf o i Mondiali di sci di Cortina, gli sgravi fiscali sui pagamenti ai volontari o il regalone delle società lucrative per chi vuole far soldi tra i Dilettanti. Ciascuno a suo modo, i partiti provano a conquistare i voti degli sportivi considerati, a torto o a ragione, decisivi. Lotti voleva addirittura spostare tutti i campionati per portare atleti e tifosi in massa ai seggi, ma si è mosso tardi.
In realtà, non è difficile immaginare come voterà il mondo dello sport, o almeno come i suoi capi vorrebbero che votasse: basta guardare gli organigrammi delle Federazioni, tante guidate da un politico di centrodestra. Dal calcio al nuoto del potente Paolo Barelli (pure lui in lista con Forza Italia), dal pattinaggio a rotelle di Sabatino Aracu al tiro a volo di Luciano Rossi (entrambi ex senatori azzurri). E al Foro Italico siedono sempre i due grandi vecchi Franco Carraro e Mario Pescante, che non sono stati ricandidati ma continuano a girare nell’orbita berlusconiana e a far sentire il loro parere su ogni questione che conta. Il Pd, però, non è da meno, visto che può contare sul sostegno di Giovanni Malagò al Coni, che nel recente passato si è sbilanciato spesso a favore di Renzi (ma tanto per non farsi trovare impreparato ha riallacciato i rapporti con Gianni Letta).
AI PIANI ALTI, insomma, si tifa centrodestra, con qualche eccezione illustre per i dem. Ma nella base c’è ormai un malcontento sempre più diffuso, che spera in un cambiamento e guarda con fiducia al M5S (il parlamentare Simone Valente e l’assessore romano Daniele Frongia hanno catalizzato una serie di contatti; lo stesso la Lega Nord, con Giancarlo Giorgetti, uno dei fedelissimi di Salvini). E poi ci sono gli enti di promozione sportiva, mondo parallelo rispetto alle Federazioni. Storicamente nascono come propaggini dei partiti, ai tempi della Prima Repubblica: c’era il Csi della Democrazia cristiana, l’Unione italiana sport per tutti del Partito comunista e l’Associazione italiana cultura e sport di quello socialista. Oggi le sigle resistono, meno i vecchi legami, tutti giocano in ordine sparso. La Uisp, ad esempio, ha sofferto la scissione dem, con l’ex presidente Filippo Fossati che si è candidato con Liberi e Uguali, mentre la nuova dirigenza è rimasta fedele al partito. In compenso, il Csi che fu democristiano oggi è vicino all’Anif (l’associazione del fitness e delle palestre), che ha molto apprezzato l’idea di Lotti sulle società lucrative. Mentre l’Asi di tradizione missina è salita sul carro della Lega (il n. 1 Claudio Barbaro è in lista col Carroccio). La partita è combattuta.
LA SPERANZA di far breccia nel cuore dei tifosi e sfondare alla prossime elezioni, però, probabilmente è destinata a rimanere tale. I grandi numeri dello sport (10 milioni di persone, che davvero sposterebbero gli equilibri), sono fra i tesserati: ma un atleta o semplice amatore difficilmente sceglie un partito solo perché ha candidato un campione del passato. Neanche se un presidente di federazione dovesse dare un’indicazione esplicita, e questa fosse accolta dalle varie società, gli sportivi la seguirebbero in blocco.
La catena dalla base al vertice della piramide è troppo lunga per arrivare intatta alle urne. I voti sul mercato sono soprattutto quelli dei dirigenti: gente che sale e scende dal carrozzone dello sport italiano, disposta a cambiare idea per consulenze o posti di potere, piccole prebende o finanziamenti alle manifestazioni. Ma siamo nell’ordine di migliaia di preferenze ( secondo l’ultimo censimento, in Italia ci sono circa 600 mila dirigenti, tra società e Federazioni), non di milioni. Anche i partiti, in fondo, ne sono consapevoli. “Valiamo numeri enormi ma alla fine contiamo relativamente – spiega uno dei massimi esponenti della politica sportiva –. Questa è la nostra forza e la nostra grande debolezza”.