È il Goi pride, l’“orgoglio massonico” anti Bindi
Il Grande Oriente apre le sedi nell’anniversario della perquisizione antimafia
Domani
è il giorno del Goi Pride. Lo ha lanciato Stefano Bisi, il Venerabilissimo Gran Maestro della più numerosa comunione massonica italiana, il Goi, Grande Oriente d’Italia. “Sarà la giornata d e ll ’ orgoglio massonico”, spiega Bisi, “per comunicare la bellezza della nostra plurisecolare opera per l’elevazione dell’uomo e per il bene dell’umanità”. Per l’occasione saranno aperte in tutta Italia le porte di alcune logge, a partire dal Vascello, la casa madre romana della massoneria. Perché proprio domani? Perché il primo marzo di un anno fa la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, mandò la Guardia di finanza a perquisire il Vascello, con l’ordine di acquisire le liste degli iscritti alle logge calabresi e siciliane del Goi. “Triste episodio”, commenta Bisi. “La perquisizione durò 15 ore e al termine vennero sequestrati gli elenchi dei Fratelli della Calabria e della Sicilia. Un atto arbitrario e illegale e contro il quale il Grande Oriente ha promosso una azione legale su cui si dovrà pronunciare la Corte europea dei diritti dell’uomo”.
TANTE LE INIZIATIVE. Al Vascello sarà presentato il libro del Gran Maestro, Massofobia, l’Antimafia dell’Inquisizione; poi musica: romanze da Tosca, Turandot e Norma, e canzoni napoletane ( Core n’grato e Torna a Surriento). A Milano, porte aperte alla loggia di via Pirelli. Ad Arezzo, per la prima volta sarà possibile entrare nella casa massonica di Palazzo Nonfinito, attiva fin dal 1869. E così via, con iniziative in tutta Italia “per far conoscere i valori della Libera Muratoria”. Contro la “nuova Inquisizione”, e cioè l’Antimafia di Rosy Bindi. Che non ha indagato soltanto il Goi, ma anche altre tre obbedienze (Glri, Gli, Sgli), procedendo ad audizioni dei loro rappresentanti, tra cui Bisi, e chiedendo gli elenchi degli iscritti, “la cui consegna veniva più volte negata in maniera pretestuosa”, tanto da dover arrivare “alla perquisizione e al sequestro”. Risultati? Nelle organizzazioni massoniche non ci sono gli “anticorpi” che potrebbero “salvaguardare la loro stessa sopravvivenza, oltre che il loro prestigio”. C’è invece – si legge nella relazione antimafia – “una sorta di tolleranza, frutto di un generalizzato negazionismo dell’infiltrazione mafiosa, magari volto a salvaguardare il prestigio internazionale dell’associazione massonica o le sue fondamentali regole di segretezza”. Oggi è “in continuo aumento il numero degli iscritti alle logge massoniche calabresi e siciliane”, ma “il sistema dei controlli massonici si è rivelato spesso inefficace” e anche quando le infiltrazioni mafiose sono state accertate, “lo scioglimento delle logge non ha impedito, anzi ha favorito, il transito dei membri in altre articolazioni della medesima ‘obbedienza’”. Quanto alle “accorate segnalazioni dei ‘fratelli’ più avveduti, si sono risolte nell’espulsione di costoro”. Massoneria e mafia sono due associazioni segrete. Facile, dunque, il loro incontro, tanto più in un momento in cui è mutata “la strategia criminale della mafia che, ora, mira a sedersi nei tavoli degli accordi piuttosto che impugnare le armi per le strade”. Le logge continuano “a mantenere, nonostante quanto la storia italiana ci abbia insegnato, quelle caratteristiche strutturali e organizzative, del tutto similari a quelle della mafia”, che creano “un humus fertile per la coltivazione degli interessi mafiosi”.
“Il dovere di tacere” su ciò che succede dentro le logge è più forte del rispetto delle istituzioni democratiche, lamenta l’Antimafia. Tanto che Bisi non ha risposto quando la Commissione gli ha chiesto “di illustrare le ragioni d e l l o s c i o g l imento della loggia calabrese Rocco Verduci di Gerace”. E nemmeno con il sequestro “è stato possibile venire in possesso degli elenchi effettivi degli iscritti perché presso le sedi ufficiali forse neanche ci sono e, comunque, quelli che ci sono non consentono di conoscere un’alta percentuale di iscritti rimasti occulti grazie a generalità incomplete, inesistenti o nemmeno riportate”.
Il “triste atto”
La Commissione – dura sui legami con le cosche – ottenne le liste dei nomi siciliani e calabresi