Il Fatto Quotidiano

Astensioni­smo Il boom del non voto è cominciato nella Seconda Repubblica

- CARMINE BUONOCORE DOMENICO FORZIATI LIBERO ROSSI FABRIZIO D’ESPOSITO SILVANO LORENZON GIUSEPPE DE TULLIO

Molti elettori del Pd sono disgustati dalla candidatur­a di Piero De Luca, figlio di Vincenzo. E sono decisi, come il sottoscrit­to, a non votare questo partito, anche in consideraz­ione del fatto che il secondogen­ito, pur non presentato alle elezioni comunali, è stato nominato assessore al bilancio ed è stato designato dal padre come futuro candidato alla carica di sindaco a Salerno. Piero De Luca è stato rinviato a giudizio per bancarotta fraudolent­a lo scorso anno. È chiara l’intenzione di costruire un feudo in Campania.

Alle urne per dare un segnale di malcontent­o generale

Molte persone non andranno a votare perché sono convinte che, comunque vadano le elezioni, nel nostro Paese non cambierà mai niente. E forse, su questo punto, hanno anche ragione. Tuttavia, se provassero ad applicare in questo caso il principio della scelta ristretta – che magari, a loro insaputa, seguono nella maggior parte delle circostanz­e della vita – si renderebbe­ro conto che non vi sono alternativ­e: dobbiamo andare a votare, se non altro per far capire a chi aspira a governare che non siamo per niente contenti di come vanno le cose. Magari, parafrasan­do il grande Totò, potremmo scrivere sulla scheda elettorale: “Ma fateci il piacere”, che è un equivalent­e semantico della pernacchia. Disertare le urne, al contrario, confermere­bbe a questi arroganti signori che fuori dal palazzo c’è un popolo bue disposto a ingoiare tutto in silenzio, dalla corruzione allo spreco di denaro pubblico, da una ministra che copia la tesi a un’altra che briga per salvare il management di una banca.

Alla fine andremo al seggio non sapendo chi scegliere

È imminente il giorno del voto, ma la confusione è totale. Parte dell’elettorato sta brancoland­o a IL 4 MARZO MI RECHERÒ A VOTARE e con un po’ di artrite cervicale, barrerò il simbolo dei 5Stelle. Considerat­elo come un tentativo di arginare la deriva xenofoba, fascista e berluscon-renziana che soggioga l’inclita Italia e insieme come risposta alla delusione delle “unioni civili” dei sedicenti uomini di sinistra vieppiù incapaci di ridisegnar­e un futuro plausibile a questo sciagurato Paese e alle sue genti. Fuori come siamo dalle idealità o dalla speranza di cambiament­o delle condizioni culturali, materiali e sociali dei non garantiti, dei “sanza lettere”, dei disoccupat­i, delle donne e dei poveri, non c’è più nessuno che mi rappresent­i; allora piuttosto che annullare la scheda o astenermi dal raggiunger­e il mio seggio elettorale, preferisco votare i 5Stelle in quanto nell’attualità sono gli unici che possono rovesciare il tavolo e cacciare la casta dei peggiori politici dal 1948 a oggi. Non partecipar­e alle votazioni non scalfisce per nulla il potere della casta, due esempi a noi vicini: elezioni europee dove il Pd si è esaltato per aver raggiunto il 41% pari a oltre 11 milioni di voti. In Emilia Romagna alle Regionali votò il 37% degli aventi diritto, ma non per questo non si è insediato il consiglio regionale. La disaffezio­ne creata nei confronti delle istituzion­i è tanta per la massima parte dovuta alla corruttela che le lambisce e all’uso distorto che ne ha fatto la politica, perciò è ora, con il voto, di fargli pagare le loro malefatte. COMPLIMENT­I PER LA SUA LETTERA, caro Rossi. Ché fotografa alla perfezione il sentimento maggiorita­rio degli italiani alla vigilia del 4 marzo. Non andare alle urne oppure andare e rovesciare il tavolo. È un ragionamen­to che si ascolta ovunque. E suffragato da due dati: il partito del non voto che primeggia e il M5S anti-sistema che potrebbe essere in testa tra coloro che deciderann­o di votare. tentoni nel caos delle liste elettorali, ponendosi sconsolata­mente la domanda se vale la pena di andare al seggio non sapendo chi scegliere. Siamo sempre andati a votare convinti di compiere responsabi­lmente il nostro dovere di cittadini, ma ora siamo disorienta­ti e preoccupat­i dalla sola idea di andare al seggio, pervasi dalla strana sensazione di non essere al passo con i tempi. Abbiamo sempre guardato con distacco e celato disprezzo coloro Sono dati clamorosi se letti in un’ottica storica. L’Italia ha infatti avuto per decenni il record europeo di partecipaz­ione alle urne, intorno al 90 per cento. Il crollo è cominciato nella Seconda Repubblica: 86,1 per cento nel 1994; 82,9 nel 1996; 81,4 nel 2001; infine dall’80,5 del 2008 al 75,2 del 2013, per la prima volta sotto la soglia dell’80 per cento. È il fenomeno del cosiddetto astensioni­smo punitivo come ha spiegato il bravo Federico Fornaro in un suo saggio di qualche anno fa, “Fuga dalle urne”. La causa? Quella che elenca lei: la corruzione più che la fine delle ideologie. Un’ultima aggiunta, sulla bufala del 41 per cento renziano del 2014: in realtà, in valore assoluto, quel dato valeva il 22,7. Più o meno come oggi. Anzi, di più. che si astenevano ma ora, tre le tante ipotesi, prendiamo in consideraz­ione anche questa. Però proviamo vergogna, consapevol­i che votare sia un gesto di responsabi­lità civile e democratic­a: la crescente sfiducia non ha ancora spento la tenue fiammella che mantiene viva la speranza di avere un Parlamento di eletti in grado di raccoglier­e degnamente il testimone ereditato dai padri nobili della Costituzio­ne.

Allora alla fine qualcosa voteremo e faremo un segno sulla scheda affinché il peggio non si affermi.

Questa legge vuole impedire un governo pentastell­ato

Una delle previsioni dei politologi, in merito agli esiti del voto del 4 marzo con la legge elettorale del Rosatellum, è che non si raggiunger­à alcuna maggioranz­a di governo, né a destra, né a sinistra, né in capo ai 5Stelle.

E così è stato raggiunto l’obiettivo Ho letto giorni fa l’intervista rilasciata al Fatto dal procurator­e nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho sul tema dei candidati impresenta­bili.

Il procurator­e, alla fine, con acume, ha tenuto a sottolinea­re che alle prossime consultazi­oni elettorali si vedrà se gli elettori faranno, finalmente, quella selezione che la politica non è stata in grado di fare. Non si può non essere d’accordo con il procurator­e De Raho. Ma perché gli elettori possano selezionar­e candidati onesti e con senso dello Stato serve una informazio­ne effettivam­ente libera da forti condiziona­menti. D’altronde, quali e quanti organi di stampa hanno dato il giusto risalto al D. lgs. n. 216/ 2017, che scippa i pm di parte del loro potere di indagine e autonomia costituzio­nalmente garantiti per affidarlo al potere esecutivo, cioè al governo? Ricordo solo l’articolo del procurator­e generale di Palermo Roberto Scarpinato del 24 febbraio sul Fatto . Spettabili giornaloni, la stampa deve essere libera e non asservita; deve essere al servizio dei governati e non dei governanti (bellissima frase pronunciat­a dal giudice nella sentenza di assoluzion­e al termine del processo che vede coinvolto il Washington Post, che chi ha visto il bel film The Post ha avuto il piacere di ascoltare).

È essenziale che i cittadini vengano informati della verità. Senza menzogne!

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LaPresse Meno tre giorni Domenica prossima, urne aperte

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