Astensionismo Il boom del non voto è cominciato nella Seconda Repubblica
Molti elettori del Pd sono disgustati dalla candidatura di Piero De Luca, figlio di Vincenzo. E sono decisi, come il sottoscritto, a non votare questo partito, anche in considerazione del fatto che il secondogenito, pur non presentato alle elezioni comunali, è stato nominato assessore al bilancio ed è stato designato dal padre come futuro candidato alla carica di sindaco a Salerno. Piero De Luca è stato rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta lo scorso anno. È chiara l’intenzione di costruire un feudo in Campania.
Alle urne per dare un segnale di malcontento generale
Molte persone non andranno a votare perché sono convinte che, comunque vadano le elezioni, nel nostro Paese non cambierà mai niente. E forse, su questo punto, hanno anche ragione. Tuttavia, se provassero ad applicare in questo caso il principio della scelta ristretta – che magari, a loro insaputa, seguono nella maggior parte delle circostanze della vita – si renderebbero conto che non vi sono alternative: dobbiamo andare a votare, se non altro per far capire a chi aspira a governare che non siamo per niente contenti di come vanno le cose. Magari, parafrasando il grande Totò, potremmo scrivere sulla scheda elettorale: “Ma fateci il piacere”, che è un equivalente semantico della pernacchia. Disertare le urne, al contrario, confermerebbe a questi arroganti signori che fuori dal palazzo c’è un popolo bue disposto a ingoiare tutto in silenzio, dalla corruzione allo spreco di denaro pubblico, da una ministra che copia la tesi a un’altra che briga per salvare il management di una banca.
Alla fine andremo al seggio non sapendo chi scegliere
È imminente il giorno del voto, ma la confusione è totale. Parte dell’elettorato sta brancolando a IL 4 MARZO MI RECHERÒ A VOTARE e con un po’ di artrite cervicale, barrerò il simbolo dei 5Stelle. Consideratelo come un tentativo di arginare la deriva xenofoba, fascista e berluscon-renziana che soggioga l’inclita Italia e insieme come risposta alla delusione delle “unioni civili” dei sedicenti uomini di sinistra vieppiù incapaci di ridisegnare un futuro plausibile a questo sciagurato Paese e alle sue genti. Fuori come siamo dalle idealità o dalla speranza di cambiamento delle condizioni culturali, materiali e sociali dei non garantiti, dei “sanza lettere”, dei disoccupati, delle donne e dei poveri, non c’è più nessuno che mi rappresenti; allora piuttosto che annullare la scheda o astenermi dal raggiungere il mio seggio elettorale, preferisco votare i 5Stelle in quanto nell’attualità sono gli unici che possono rovesciare il tavolo e cacciare la casta dei peggiori politici dal 1948 a oggi. Non partecipare alle votazioni non scalfisce per nulla il potere della casta, due esempi a noi vicini: elezioni europee dove il Pd si è esaltato per aver raggiunto il 41% pari a oltre 11 milioni di voti. In Emilia Romagna alle Regionali votò il 37% degli aventi diritto, ma non per questo non si è insediato il consiglio regionale. La disaffezione creata nei confronti delle istituzioni è tanta per la massima parte dovuta alla corruttela che le lambisce e all’uso distorto che ne ha fatto la politica, perciò è ora, con il voto, di fargli pagare le loro malefatte. COMPLIMENTI PER LA SUA LETTERA, caro Rossi. Ché fotografa alla perfezione il sentimento maggioritario degli italiani alla vigilia del 4 marzo. Non andare alle urne oppure andare e rovesciare il tavolo. È un ragionamento che si ascolta ovunque. E suffragato da due dati: il partito del non voto che primeggia e il M5S anti-sistema che potrebbe essere in testa tra coloro che decideranno di votare. tentoni nel caos delle liste elettorali, ponendosi sconsolatamente la domanda se vale la pena di andare al seggio non sapendo chi scegliere. Siamo sempre andati a votare convinti di compiere responsabilmente il nostro dovere di cittadini, ma ora siamo disorientati e preoccupati dalla sola idea di andare al seggio, pervasi dalla strana sensazione di non essere al passo con i tempi. Abbiamo sempre guardato con distacco e celato disprezzo coloro Sono dati clamorosi se letti in un’ottica storica. L’Italia ha infatti avuto per decenni il record europeo di partecipazione alle urne, intorno al 90 per cento. Il crollo è cominciato nella Seconda Repubblica: 86,1 per cento nel 1994; 82,9 nel 1996; 81,4 nel 2001; infine dall’80,5 del 2008 al 75,2 del 2013, per la prima volta sotto la soglia dell’80 per cento. È il fenomeno del cosiddetto astensionismo punitivo come ha spiegato il bravo Federico Fornaro in un suo saggio di qualche anno fa, “Fuga dalle urne”. La causa? Quella che elenca lei: la corruzione più che la fine delle ideologie. Un’ultima aggiunta, sulla bufala del 41 per cento renziano del 2014: in realtà, in valore assoluto, quel dato valeva il 22,7. Più o meno come oggi. Anzi, di più. che si astenevano ma ora, tre le tante ipotesi, prendiamo in considerazione anche questa. Però proviamo vergogna, consapevoli che votare sia un gesto di responsabilità civile e democratica: la crescente sfiducia non ha ancora spento la tenue fiammella che mantiene viva la speranza di avere un Parlamento di eletti in grado di raccogliere degnamente il testimone ereditato dai padri nobili della Costituzione.
Allora alla fine qualcosa voteremo e faremo un segno sulla scheda affinché il peggio non si affermi.
Questa legge vuole impedire un governo pentastellato
Una delle previsioni dei politologi, in merito agli esiti del voto del 4 marzo con la legge elettorale del Rosatellum, è che non si raggiungerà alcuna maggioranza di governo, né a destra, né a sinistra, né in capo ai 5Stelle.
E così è stato raggiunto l’obiettivo Ho letto giorni fa l’intervista rilasciata al Fatto dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho sul tema dei candidati impresentabili.
Il procuratore, alla fine, con acume, ha tenuto a sottolineare che alle prossime consultazioni elettorali si vedrà se gli elettori faranno, finalmente, quella selezione che la politica non è stata in grado di fare. Non si può non essere d’accordo con il procuratore De Raho. Ma perché gli elettori possano selezionare candidati onesti e con senso dello Stato serve una informazione effettivamente libera da forti condizionamenti. D’altronde, quali e quanti organi di stampa hanno dato il giusto risalto al D. lgs. n. 216/ 2017, che scippa i pm di parte del loro potere di indagine e autonomia costituzionalmente garantiti per affidarlo al potere esecutivo, cioè al governo? Ricordo solo l’articolo del procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato del 24 febbraio sul Fatto . Spettabili giornaloni, la stampa deve essere libera e non asservita; deve essere al servizio dei governati e non dei governanti (bellissima frase pronunciata dal giudice nella sentenza di assoluzione al termine del processo che vede coinvolto il Washington Post, che chi ha visto il bel film The Post ha avuto il piacere di ascoltare).
È essenziale che i cittadini vengano informati della verità. Senza menzogne!