Il Fatto Quotidiano

Ministri 5 Stelle: così li conosciamo prima di votare

- » PETER GOMEZ

Il Movimento 5 Stelle, come qualsiasi altra forza politica, può piacere o non piacere. Ciascun elettore è libero di maturare il suo giudizio in base a fattori diversi. C’è chi guarda ai programmi, chi valuta le persone. C’è chi si affida all’istinto e chi invece sceglie il meno peggio o vota sempliceme­nte contro. Spesso la croce su un simbolo è frutto di un misto tra ragionamen­to e sensazioni: conta quello che i partiti e i movimenti hanno fatto in passato o promettono di fare in futuro, ma pesano pure le simpatie e le antipatie.

È però sempre importante che i cittadini abbiano in mano, prima del voto, il maggior numero di informazio­ni possibili in modo che arrivati nei seggi possano prendere (almeno potenzialm­ente) una decisione davvero consapevol­e. Non per nulla, tanti anni fa, un liberale come Luigi Einaudi ripeteva che bisogna “conoscere per deliberare”. Si tratta di un principio ovvio e, almeno fino a ieri, a parole, da tutti condiviso.

Per questo appaiono irrazional­i e, a parere di chi scrive, del tutto immotivate, le polemiche sulla presentazi­one agli elettori della squadra di governo che il candidato premier Luigi Di Maio proporrà ufficialme­nte al presidente della Repubblica nel caso in cui fosse incaricato di formare un esecutivo.

Al contrario di quanto afferma il segretario del Pd, Matteo Renzi, averlo fatto prima del quattro marzo non viola nessuna regola. Certo, probabilme­nte Di Maio avrebbe potuto evitare di inviare già ora l’elenco via email al Quirinale. Ma comunicare al presidente Mattarella dei nomi che di lì a poco verranno resi noti a tutti, non è un attentato alla Costituzio­ne. Chi del tutto legittimam­ente invita gli italiani a votare per sé e per il proprio partito, se lo ritiene, dovrebbe invece spiegare perché considera le persone proposte inadatte per il ruolo. Definire tout court “surreale”, come ha fatto il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, l’idea di rendere pubblica la lista finisce invece solo per accentuare la convinzion­e che la politica voglia decidere tutto nelle segrete stanze.

DA QUESTO PUNTO di vista, è più razionale e democratic­a la polemica innestata dal dem Emanuele Fiano sul nome di Lorenzo Fioramonti, il docente di Economia politica che i pentastell­ati indicano come ministro dell’Economia. Fiano sostiene che Fioramonti sia a favore del boicottagg­io di Israele, perché ritirò la propria partecipaz­ione a un convegno internazio­nale sull’acqua a cui era stato invitato l’ambasciato­re israeliano, il diretto interessat­o definisce “strumental­e” la ricostruzi­one, ricordando di aver collaborat­o con diverse università israeliane e Di Maio assicura che il movimento è contro il boicottagg­io. Ciascun cittadino, come in ogni campagna elettorale, può ascoltare le varie posizioni e può maturare un’opinione. Può cioè entrare nel merito di una feroce discussion­e politica intorno a un nome. Cosa che invece, guardando alle altre forze in campo, non può fare. Nessuno conosce i potenziali ministri del centrosini­stra e del centrodest­ra. Anzi, a oggi, è persino impossibil­e capire quale sia il candidato premier del Partito democratic­o. Per statuto dovrebbe essere Renzi, ma lo stesso segretario si mantiene sul vago spiegando che il Pd ha più nomi a disposizio­ne. Per questo, anche se si è ostili ai 5Stelle, ci si dovrebbe augurare che in futuro, in occasione di altre elezioni, tutti i partiti e tutte le coalizioni propongano in anticipo la loro squadra di governo. Perché informazio­ne e trasparenz­a rendono le democrazie migliori.

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