Il Fatto Quotidiano

RAMADAN GETTA PARIGI IN CONFUSIONE

Il caso del pensatore arabo “molestator­e ” rivela la crisi del modello francese

- » GUIDO RAMPOLDI

Porco smascherat­o o affaire Dreyfus post- moderno? Vittoria della campagna Balance-ton-porc, denuncia chi ha abusato di te, oppure ombra sullo Stato di diritto, montatura per delegittim­are un pensatore musulmano che si è fatto molti nemici, a sinistra e a destra? L’unica cosa al momento certa è che l’arresto per stupro di Tariq Ramadan, da quasi un mese detenuto in Francia, sta diventando rapidament­e uno di quei controvers­i casi politico-giudiziari che finiscono per caricarsi di significat­i generali molto più larghi della vicenda in sé. I colpevolis­ti si sono dichiarati già nelle ore dell’arresto, festeggiat­o da alcuni giornali francesi con esultanze da stadio (la stampa italiana è stata perfino più smodata). Per tre settimane i media hanno picchiato senza contraddit­torio sull’imputato, e sullo slancio anche su intellettu­ali di valore come Edgar Morin, divenuto “utile idiota” per aver scritto un libro con lo stupratore. Poi è cominciata, altrettant­o assertiva, la reazione. Un appello in Internet per la “liberazion­e immediata” di Tariq Ramadan ha superato le centomila adesioni, in pochi giorni un crowdf un dinghar accolto 107 mila euro. Sostenuta daima mdi grandi moschee, attivisti dell’ antirazzis­mo e giornalist­i musulmani, la campagna Free Tariq Ramadan bolla il procedimen­to giudiziari­o come “un processo politico” per“mantenere in definitiva­mente in carcere un eminente critico delle politiche discrimina­torie del governo francese ”. Lo dimostrere­bbero incongruen­ze nelle dichiarazi­oni delle due donne che accusano l’imputato, la sparizione di una prova a discarico consegnata alla polizia, il profilo dei magistrati inquirenti (il pm lavora in stretto contatto con i servizi di sicurezza, occupando- si di antiterror­ismo) e il fatto che nemici giurati di Ramadan avrebbero svolto un ruolo nella vicenda. Anche questo, tutto da dimostrare.

Di sicuro l’accusa di violenza carnale se non fosse fondata sarebbe certamente ben trovata. Smascheran­do Ramadan come stupratore, la magistratu­ra ne confermere­bbe la doppiezza che gli viene contestata da infiniti detrattori. Da Sarkozy al socialista Manuel Valls, uno stuolo di figure pubbliche sostiene che soprattutt­o in tema di diritti delle donne il filosofo parlerebbe con lingua biforcuta, dicendo una cosa al pubblico occidental­e, un’altra nelle moschee. Al fondo sarebbe un infiltrato dei Fratelli musulmani, l’organizzaz­ione integralis­ta fondata da suo nonno; un antisemita, un bigotto favorevo- le alla lapidazion­e. Falso, ribatte Edgar Morin, che non è innocentis­ta né colpevolis­ta ma prova “o rro re per il linciaggio mediatico” inflitto all’imputato. Avendo discusso a lungo in passato con Ramadan credo che il suo, come a ragione sostiene Morin, sia un islam europeo compatibil­e con i principi dello stato di diritto liberale. Se dobbiamo trovargli ascendenti familiari occorre guardare allo zio di Ramadan, Gamal, il fondatore del sindacato islamico, un uomo di intelligen­za scintillan­te che incontrai al Cairo in una sede sindacale straboccan­te di libri. Gamal al-Banna fu tra i primi riformator­i musulmani a proporre un pensiero critico che trova una sintesi con la libertà, ragione per la quale gli autoritari­smi arabi tuttora lo combattono e proteg- gono l’islam rivale, il docile quietismo salafita. Di conseguenz­a il ‘nuovo’ islam trova spazio soprattutt­o in Occidente, dove però suscita altrettant­a diffidenza, anche per un certo suo terzomondi­smo.

Tutto questo è sullo sfondo di un grande affaire europeo che comincia nel peggiore dei modi. Da una parte un innocentis­mo che conferma la sfiducia dei musulmani nello Stato, non solo in Francia, rischia la deriva identitari­a e communitar­ian . Dall’altro un colpevolis­mo sgangherat­o non potrà che potenziare questa dinamica.

Nel frattempo già si contano danni collateral­i: pare d’un tratto abrogata la convenzion­e per la quale distinguev­amo il pensiero di un autore dai suoi comportame­nti etici (ragione per la quale il ripugnante opportunis­mo di Heidegger o di Carl Schmitt verso il nazismo non impedisce di trovarne stimolanti le opere).

Pare abrogata la convenzion­e per la quale distinguev­amo il pensiero di un autore dai suoi comportame­nti etici

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