“Non riesco a raccontare tutte le nuove guerre della Turchia”
Con il nuovo “Oltre la notte” dal 15 marzo al cinema, il regista torna sul neonazismo: “Oggi è più infido e pericoloso”
Fatih Akin è il regista de ll’acclamato La sposa turca (2004), il suo Oltre la notte, arriva il 15 marzo nelle nostre sale: miglior film straniero ai Golden Globes, il cineasta di origini turche nato nel 1973 ad Amburgo lo descrive come “il ritratto intimo di una madre devastata dalla perdita del figlio”. Non è morto di cause naturali, ma insieme al padre, anch’egli di ascendenze turche, è rimasto vittima di un attentato neonazista: il lutto di Katja (Diane Kruger, premiata a Cannes 2017) frustrato in tribunale trascende nella vendetta. Akin, Oltre la notte si ispira agli assassinii perpetrati dalla Nsu, la Clandestinità Nazionalsocialista, tra il 2000 e il 2007.
Questo gruppuscolo neonazista, due uomini e una donna, ha ammazzato dieci persone, nove di origini turche, curde o greche e un poliziotto. Ma le indagini non si sono rivolte alla galassia neonazi, bensì alla mafia turca, agli ambienti dello spaccio e della prostituzione: uno scandalo, in cui il razzismo è la matrice. Una storia d’impronta thriller, e così ho deciso di farci un film.
Le sue origini hanno aiutato. Sono turco, dunque, un bersaglio: avrebbero voluto uccidere anche me, e solo perché ho gli occhi marroni e i capelli neri. Avevo 10 anni quando ho sentito parlare per la prima volta di neonazisti in Germania: mi sentivo protetto e a ll ’ improvviso non più. Un trauma.
Akin, oggi ha paura?
No, vivo in una zona sicura di una grande città quale è Amburgo. Ma il rischio neonazista non va sottovalutato: solo l’anno scorso ci sono stati mille attacchi agli immigrati e dal 1990 a oggi un migliaio di morti.
Qual è stata l’evoluzione dei movimenti neonazisti? Mölln, Solingen, Rostock, gli attacchi incendiari e assassini degli skinhead nei primi anni 90 hanno lasciato il passo a una situazione più infida. Quelli erano marginali, outsider facilmente riconoscibili a partire dal modo di vestire, e dunque nemici palesi: il neonazista odierno non lo riconosci, è diventato più intelligente, e più pericoloso.
In Germania è tempo di Große Koalition tra la Cdu di Angela Merkel e la Spd di Martin Schulz: come ci si è arrivati?
Tutti i partiti hanno perso consenso, eccetto l’ultradestra di Alternativa per la Germania. Lo chiamano voto di protesta, ma è sbagliato: rende i neonazi più normali, più accettabili.
Quali responsabilità ha la Merkel?
Non aver instaurato un dialogo con il popolo sulla questione dei rifugiati. I nostri politici, soprattutto i liberali, non hanno saputo comunicare alla gente semplice, all’uomo della strada: una grave mancanza di leadership, travestita di politicamente corretto. Dall’alto della loro cultura, anzi, istruzione, ci dicono che cosa pensare, mangiare, in- dossare, ma il popolo prima o poi ti gira le spalle.
Via d’uscita?
Tornare a parlare a tutti, a chi è povero e non istruito, allontanando quella che è più di un’impressione, che i governanti facciano solo l’interesse delle élite a cui appartengono. Altrimenti, i neonazi continueranno a crescere, come da voi i neofascisti.
È vero che sta preparando un film sui combattenti curdi in Siria?
Sto scrivendo con un amico la sceneggiatura, ma la nuova guerra avviata dal governo fascista della Turchia cambia le carte in tavola, difficile starci dietro.
Erdogan è fascista?
Lui e tutto il suo governo, e la mia è una mera constatazione: quando non riconosci né rispetti i fondamentali della democrazia, dalla divisione dei poteri alla libertà di stampa e all’autonomia della magistratura, che cosa sei, se non un fascista a capo di un regime fascista?
Un’altra Turchia è possibile?
Non c’è molto che la gente possa fare, a meno di imbracciare un’arma, ma io non credo nella guerra civile. Ci sono state proteste, certo, ma oggi la guerra contro i curdi rafforza Erdogan e debilita l’opposizione, giacché anche i socialdemocratici sono favorevoli. Fottuti razzisti, altro che antagonisti.
In Turchia non torna dal dicembre 2014, quando presentò il suo The Cut sul genocidio armeno.
Se all’epoca non fu semplice, oggi sarebbe addirittura impossibile mostrarlo. Ma addebitare a quel film la mia assenza non sarebbe corretto: io credo nella verità e non sono cambiato, la Turchia sì, drasticamente. Non so quando e se potrò tornarci.
I nostri politici, soprattutto i liberali, non hanno saputo comunicare alla gente semplice, all’uomo della strada