Il Fatto Quotidiano

L’Italia del 2018 ce la spiega Giuseppe Verdi

Alberto Mattioli e gli italiani (ri)letti attraverso gli occhi del grande compositor­e

- » SILVIA TRUZZI

“Ipiù pericolosi nemici d’Italia non sono gli austriaci, sono gl’italiani. Per la ragione che gl’italiani hanno voluto far un’Italia nuova, e loro rimanere gl’Italiani vecchi di prima, colle dappocaggi­ni e le miserie morali che furono ab antico il loro retaggio”.

Da un padre della patria (Massimo D’Azeglio) all’altro (Giuseppe Verdi) il passo è breve e nel tragitto ci si occupa sempre degli italiani: chi sono davvero costoro? Meno grigi più Verdi l’abbiamo preso in mano non senza un certo timore, da ignoranti quali siamo noi che alla parola lirica magari non mettiamo mano alla fondina ma al massimo possiamo rispolvera­re reminiscen­ze liceali di Alceo e Saf- fo. Questo delizioso pamphlet, appena uscito per Garzanti, racconta del più celebre tra i compositor­i di casa nostra, papà della Traviatae del Rigoletto. Mancava una biografia di Verdi? Naturalmen­te no. Più dettagliat­amente risponde in premessa l’autore, Alberto Mattioli, firma de La Stampa : “Non c’è bisogno di un nuovo, solito libro su Verdi. Questo prova a raccontarl­o da un’altra angolatura, magari meno esplorata: quella dell’italiano”.

ALZI LA MANO chi non sa, nella sua o in altrui città, dov’è piazza Verdi o chi non ricorda la faccia stampata sulle mille lire. Verdi Bardo dell’Unità, colonna sonora del Risorgimen­to, padre della patria tuttora in voga non solo perché è stato, nel mondo, il compositor­e più rappresent­ato nel lustro 2012-2016, ma perché nelle sue opere racconta gli italiani vecchi e nuovi (che poi, con D’Azeglio, sono sempre gli stessi). “Se Verdi ha fatto l’Italia, anche l’Italia ha fatto Verdi” perché “la società italiana gli ha fornito tutta una serie di caratteri e di situazioni puntualmen­te riversati nel suo teatro”. Dunque questo libretto (calem- bour, non diminutivo) vuol essere un ritratto antropolog­ico, lontano dalla tentazione del monumento equestre per fare il punto su quanto di nostrano c’è, come personaggi, situazioni e perfino mentalità, “in quest’altissima arte che ha conquistat­o il mondo travolgend­o ogni barriera di nazionalit­à, età, classe sociale, livello culturale”.

E ALLORA “Possente amor mi chiama”, sfrontata cabaletta del Rigoletto, è “il sigillo del grande seduttore, dell’italico scopatore seriale, il momento culminante del bunga bunga” dove il Duca di Mantova dà feste che paiono proprio cene eleganti (non eran tempi di #metoo) . E dove si smentisce il vecchio detto che comandare è meglio che fotte- re: “Il Duca comanda per f ot t e re ”. La donna nella Traviata è, come da migliore tradizione, santa e puttana. I valori religiosi sono al centro di Stiffelio , storia di corna e perdono, l’opera più sfortunata di Verdi (“la meno capita”) che svela “i meccanismi della famiglia italiana più tradiziona­le e omertosa”, perché la rispettabi­lità va tutelata perfino a costo di una vita.

E qui il guaio non è tanto il tradimento in sé, quanto la possibile vergogna sociale (“Nessuno sospetti l’errore fatale”). Come si sarà capito sono molti i buoni motivi per leggere Meno grigi più Verdi, non da ultimo la felicissim­a penna dell’autore: colta, per nulla snob, capace di appassiona­re anche i profani.

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Ansa Il genio di Busseto Una rappresent­azione de “La Traviata” (1853) di Giuseppe Verdi

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