SE DI MAIO NON CE LA FA, PROVIAMO CARLIN PETRINI
È comune sentire, causa di non poca depressione pre-elettorale, una sindrome – che rischia di manifestarsi in alti tassi di astensionismo – che nel caso in cui la coalizione di destra non raggiungesse il 40% si andrebbe a un governo “di continuità” rispetto all’esperienza Gentiloni con FI nel ruolo che fu mutatis mutandis( ovviamente in una posizione di maggior forza) quello dello scomparso partito di Alfano. Tale governo, guidato da Gentiloni o Minniti o Calenda o Tajani, continuerebbe le politiche imposte dal 2011 dall’“Europa” ( sineddoche per Asse atlantico in salsa clintoniana). Insomma, se il Pd non tracolla e la Lega non sfonda, gli estremismi ( sic) sarebbero marginalizzati e un moderato patto del Nazareno manterrebbe la solita rotta.
LA POSSIBILITÀ che la mancanza di vincitori autosufficienti produca qualcosa per cui valga la pena di spendersi, è assente dalla discussione pubblica. Nessuna alternativa sembra immaginabile. Ipotizzare invece che il M5S si confermi il primo partito e che questa volta riesca pure a essere il primo gruppo parlamentare non è cosa peregrina e infatti il “capo politico” si comporta già come presidente incaricato. E propone una squadra di governo che spera sia capace di convincere gli elettori (e forse anche Mattarella) che le accuse di in- competenza che vengono mosse ai 5Stelle sono infondate. Sulla fondatezza delle accuse di incompetenza non abbiamo titolo per pronunciarci. Sicuramente alcuni dei nomi proposti non sfigurano rispetto alle compagini precedenti (Conte invece di Madia). Tuttavia il “non è peggio di prima” non basta a produrre emozioni e che comunque l’idea che Di Maio non abbia titoli curriculari sufficienti per l’alto incarico ha preso piede, sicché difficilmente potrà andar oltre l’incarico esplorativo. Vorremmo per- ciò immaginare un’ipotesi emozionante e realistica, capace di attirare le persone alle urne, nella speranza di qualcosa che sia meglio e non meno peggio del prima. L’ipotesi si basa sul seguente scenario realistico: il centrodestra resta poco sotto il 40%. Il centrosinistra esce nettamente ridimensionato, sul 25%. Il M5S si attesta sul 28% mentre LeU non sfonda il 6% (i numeri di Grasso, Bonino e Potere al Popolo non sono in ogni caso decisivi). Se le cose andassero più o meno così, Di Maio non avrebbe alcuna possibilità di farcela personalmente e sarebbe stolto e narcisistico, come fu per Bersani nel 2013, se si ostinasse a provarci. Il capo politico per essere all’altezza del suo ruolo dovrebbe generosamente farsi da parte mantenendo per sé un dica- stero importante e la vicepresidenza del Consiglio. E proponendo una figura paragonabile allo Stefano Rodotà del 2013, carta che Bersani non ebbe il coraggio e l’intelligenza di giocare. Serve un profilo alto, legato a una piattaforma fortemente ecologista, tradizionale e trasformativa al tempo stesso, laico ma gradito ai cattolici, equilibrato e prestigioso sul piano internazionale. Di Maio (ancora molto giovane) dovrebbe fare il vice di un Pepe Mujica italiano, capace di unire e di restituirci orgoglio internazionale con un governo competente e motivato sulla retta via democratica abbandonata dopo il referendum sull’acqua del 2011.
Tale figura potrebbe prendere voti su un programma di cura del territorio, conversione ecologica, piccola impresa, etica del bene comune. Esiste una tale figura nell’Italia di oggi? Noi pensiamo che Carlin Petrini, con il suo prestigio conquistato negli anni, la sua vicinanza ai temi della Laudato Si’, la sua rete eccezionale di contatti nel mondo della politica, della cultura e dell’economia sarebbe la persona adatta a costruire un tale governo di riconversione ecologica nazionale. Difficile per molti del Pd votargli contro; impossibile farlo per Bonino e Grasso, e qualche voto potrebbe prendere pure a destra. Il M5S ci sorprenda all’ultimo, dimostrando quella creatività che è stata la grande assente di questa campagna elettorale.
ALTO PROFILO Potrebbe prendere voti su un programma di cura del territorio, piccola impresa, etica del bene comune e ha una buona rete di contatti