Il Fatto Quotidiano

“Compare Nino”, l’ ambasciato­re delle ’ndrine

Traffici di droga, latitanti da nascondere: la carriera di un “pezzo da novanta”

- » LUCIO MUSOLINO Reggio Calabria

La Slovacchia, gli affari con le biomasse da 70 milioni di euro e i rapporti con l’ex finalista di Miss Mondo 2007, Maria Troskova, sono solo la seconda vita di Antonino Vadalà, 43 anni, arrestato ieri mattina, assieme al fratello Bruno e al cugino Pietro Catroppa per l’omicidio del giornalist­a Jan Kuciak.

In Calabria, Antonino Vadalà era per tutti “compare Nino”, il figlio di Giovanni Vadalà conosciuto con il soprannome Cappiddazz­u e definito dagli inquirenti un soggetto “di sicuro spessore criminale considerat­a la vicinanza alle più grosse famiglie di ’ndrangheta del Reggino”.

Cresciuto nel paese del boss Domenico Vadalà Micu ’u lupu, poco più che ventenne “compare Nino” si è ritagliato il ruolo di collante tra la cosca Zindato di Reggio Calabria ( legata alla famiglia mafiosa dei Libri) e i clan di Bova Marina.

ALL’INIZIO degli anni Duemila, Nino Vadalà e i fratelli Bruno e Sebastiano erano stati coinvolti nell’inchiesta “Casco” con l’accusa di aver favorito la latitanza di Domenico Ventura, oggi condannato all’ergastolo per omicidio. N e ll e in ter ce tta zio ni telefonich­e e ambientali si faceva continuame­nte riferiment­o a “c ompare Nino”. Per gli inquirenti, si trattava del futuro uomo d’affari “slovacco” che, alla richiesta della cosca Libri, si sarebbe messo a disposizio­ne per trovare un alloggio a Bova Marina in modo da far trascorrer­e un “tranquillo soggiorno all'ospite” latitante. Con l’inchiesta “Casco”, la Procura di Reggio Calabria ha dimostrato il rapporto tra Vadalà e il boss Checco Zindato per conto del quale, secondo gli investigat­ori, “compare Nino” avrebbe partecipat­o, assieme a un pezzo da novanta della cosca Libri, Filippo Chirico, a “un a spedizione punitiva consumata per conto dell'organizzaz­ione, ai danni di un soggetto, rimasto sconosciut­o, che risiede presumibil­mente a Roma”.

All’epoca gli investigat­ori, grazie a un’in tercettazi­one ambientale, sospettaro­no il coinvolgim­ento di Nino Vadalà anche in un giro di droga. Ascoltando una conversazi­one tra Checco Zindato e “compare Nino”, infatti, i due parlavano di “una partita di roba buona arrivata dalla Svizzera”. A proposito di droga, il nome del calabrese arrestato in Slovacchia spunta anche in una recente informativ­a della Guardia di finanza di Firenze su alcune intercetta­zioni telefonich­e tra calabresi che ope- ravano nel Nord Italia e che discutevan­o di un traffico di sostanze stupefacen­ti. In particolar­e, le Fiamme Gialle nel 2014 avevano accertato che in provincia di Lodi, a San Floriano, ci sarebbe stato un incontro per discutere di una fornitura di cocaina.

“A tale summit – è scritto n el l ’ informativ­a – av e v an o partecipat­o, quali possibili acquirenti e finanziato­ri dello stupefacen­te, anche Palamara Giovanni e tale Vadalà Antonino”. Quest’ultimo, al momento in cui la nota è stata depositata alla Procura di Firenze, risultava “non meglio identifica­to”.

INTRECCIAN­DO, però, quanto sta emergendo dalle indagini della polizia slovacca sugli interessi del calabrese in quel Paese, si percepisce che potrebbe essere lo stesso personaggi­o arrestato ieri mattina per l’omicidio del giornalist­a.

Alcune telefonate, infatti, partivano dall’estero. Inoltre, “Nino Vadalà si è recato temporanea­mente in Slovacchia” dove – hanno appurato i finanzieri – ha “importanti interessi economici”.

“Anche in quel Paese – è il commento del procurator­e vicario di Reggio Calabria, Gaetano Paci – emerge preoccupan­te l’affermarsi del ‘modello ’ndrangheta’”.

Inchiesta Casco Il rapporto con il boss Checco Zindato e le spedizioni punitive in trasferta a Roma

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La polizia slovacca sul luogo del duplice omicidio
Ansa A sangue freddo La polizia slovacca sul luogo del duplice omicidio
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