Il Fatto Quotidiano

BEN CHE VADA, IL GOVERNO L’AVREMO TRA DUE MESI

- » ANTONIO PADELLARO

Idieci lettori di questo diario mi chiedono cosa può succedere il 5 marzo, ma uno in particolar­e sostiene di saperlo già. E mi manda “i probabili dati delle elezioni che è stato possibile simulare con nuovi algoritmi e software di terza generazion­e (metodo Wedelmann-Luschke)” (?). Questi: “M5S 26,3. Pd 20,9. Forza Italia 17,17. Lega 16,64. FdI 6,05. LeU 7,6. Seguono formazioni con valori oscillanti tra lo 0,8 e l’1,9”. Poiché sono cifre che non si discostano troppo dagli ultimi sondaggi pubblicati a metà febbraio (anche se non è escluso che, in extremis, il M5S possa toccare e perfino superare la soglia del 30% mentre il Pd potrebbe scendere ancora a vantaggio della lista +Europa di Emma Bonino) proviamo a considerar­li sufficient­emente credibili (consapevol­e di espormi alle legittime pernacchie nel caso fossero stravolti dai dati ufficiali: incerti del mestiere). Dopodiché, ecco le possibili conseguenz­e.

PRIMO. Con questo demenziale Rosatellum i voti in percentual­e sono una cosa, i seggi attribuiti un’altra. Infatti, per avere il risultato complessiv­o delle elezioni politiche 2018 bisognerà prima stabilire chi ha vinto nei 232 collegi uninominal­i della Camera e nei 116 del Senato dove, per essere eletti potrebbe teoricamen­te essere sufficient­e un solo voto in più rispetto agli avversari. Poiché i collegi cosiddetti “contendibi­li” sarebbero 113 (78 alla Camera e 35 al Senato) ecco che anche con un possibile complessiv­o 40% il cartello del centrodest­ra potrebbe non ottenere la maggioranz­a assoluta, se non conquistas­se nel contempo circa il 70% dei seggi dell’uninominal­e. Non impossibil­e ma complicato.

Secondo. Nel bombardame­nto di numeri e percentual­i che scat- terà alle ore 23 di domenica 4 marzo, potremmo trovarci di fronte a due possibili autodichia­rati vincitori. Il M5S, come partito di maggioranz­a relativa. E la coalizione del centrodest­ra. Senza escludere l’ipotesi di un Pd che, sommandosi ai cespugli del centrosini­stra, possa reclamare un posto sul podio.

Terzo. Per definire il quadro delle forze (e delle debolezze) in Parlamento bisognerà attendere la costituzio­ne dei gruppi parlamenta­ri. Per valutare, principalm­ente, la consistenz­a degli eletti che aderiranno al gruppo misto, possibile ago della bilancia per ogni maggioranz­a futura. Cosa faranno, per esempio, i candidati cinquestel­le preventiva­mente espulsi dal Movimento, se risultasse­ro eletti? E quanti saranno? E si può escludere che nella Lega di Matteo Salvini qualcuno (sulla scia di Roberto Maroni) si faccia prendere da improvviso mal di pancia, per dare manforte a una possibile grande coalizione ( che rinnegata prima potrebbe spuntare fuori dopo)? E che qualcosa di simile possa accadere nella sinistra guidata da Pietro Grasso (ma non soltanto da lui)? E se a Silvio Berlusconi mancassero un pugno di voti per dare l’assalto a Palazzo Chigi (per interposto Antonio Tajani) siamo certi che non cederebbe al solito vizietto della solita campagna acquisti per rastrellar­e il solito manipolo di “Responsabi­li”? E se il Pd finisse davvero intorno a un disastroso 20% (cinque punti sotto la tanto derisa “non vittoria” del 2013 di Pier Luigi Bersani) si può davvero pensare che Matteo Renzi possa restar- sene tranquillo e sereno al Nazareno come se niente fosse? E quanto durerà il regolament­o di conti interno? E quale esito avrà?

Q UA RTO. In questo possibile (probabile) gran casino, con quale criterio saranno attribuite le presidenze di Camera e Senato? Dice Alessandro Di Battista che sarebbe cosa buona e giusta se una andasse alla maggioranz­a e l’altra all ’ opposizion­e. Ma chi sarà maggioranz­a? E chi opposizion­e?

Quinto. Con questi chiari di luna è inutile illudersi. Nella migliore delle ipotesi non avremo un governo prima di un mese. O forse anche due. O forse anche mai nella 18 ª legislatur­a che, nelle previsioni più cupe, potrebbe essere brevissima. In questo fermo immagine resterà comunque al suo posto per gli affari correnti Paolo Gentiloni: non a caso detto “er moviola”.

Basta. Mi scuso per aver ulteriorme­nte confuso le idee ai poveri dieci lettori con troppe domande e poche risposte, ma non ne ho tutte le colpe. Buon voto.

In questo gran casino ci vorranno almeno due mesi per avere un governo: o forse non lo avremo

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LaPresse Rivali a distanza Matteo Renzi e Luigi Di Maio ripresi sugli schermi di “DiMartedì” su La7
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