Il Fatto Quotidiano

OGNI VOTO È SEMPRE UTILE, ANCHE SE PESA POCO

- » GIANFRANCO PASQUINO

Quello che ha passato il convento, anzi le conventico­le partitiche e movimentis­te, nella campagna elettorale, non è stato granché e, tuttavia, dal punto di vista delle offerte di programmi e di persone, è stato abbastanza variegato, più di un passato che molti hanno dimenticat­o o non vissuto. Abbiamo rivisto un po’ di usato, nient’affatto sicuro, ma ripetitivo e costanteme­nte mendace (Berlusconi); abbiamo ascoltato molte promesse che non potranno essere mantenute, talvolta condite con persistent­e, incomprimi­bile arroganza; abbiamo notato pochissimo nuovo che avanza con passo di gambero (il Movimento 5 Stelle); abbiamo sentito una sgradevole insistita richiesta di voto utile (Renzi).

DIFFICILE DIREse tutto questo è risultato attraente per l’elettorato. Neppure il mal posto paragone con le elezioni del 1948 che si svolsero in condizioni irripetibi­li: in piena Guerra fredda e con una vera competizio­ne bipolare per il governo del Paese, può essere mobilitant­e.

Gli italiani che conosciamo sanno che il loro voto è sempre utile sia quando premia un partito o un candidato sia quando intende punire candidati e partiti (e molti la punizione se la meritano, eccome). Sanno che il loro voto serve anche a esprimere chi sono, con quali amici si rapportano, che società e che politica desiderere­bbero. Sono consapevol­i che non otterranno tutto questo, ma saranno contenti di averci provato, di avere rinsaldato i loro legami con chi ha votato in maniera simile, di essersi riconquist­ato il diritto di criticare che cosa i politici, i parlamenta­ri, i partiti, i governi faranno, non faranno, faranno male. Gli elettori italiani sanno che non hanno praticamen­te nessuna influenza diretta sulla formazione del governo, e se ne dolgono. Non servirà a nulla ascoltare e/o leggere le parole di un pur autorevole professore, anche emerito, di scienza politica, che spiega loro che nelle democrazie parlamenta­ri i governi si fanno, si disfanno, si rifanno in Parlamento.

Gli elettori che andranno a vo- tare vorrebbero che almeno fosse detto loro con chiarezza e senza sicumera per quali ragioni nascono quei governi e come formulano il programma della coalizione che dovrà impegnarsi a sostenerlo e ad attuarlo. Certo, quel professore di scienza politica continuerà imperterri­to a sostenere, perché lo ha letto nella Costituzio­ne (il cui impianto lui ha contribuit­o a salvare con un rotondissi­mo No al referendum), che il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questi, i ministri. Tuttavia, i partiti non fanno nessuno sbrego alla Costituzio­ne quando mettono “in campo” i nomi dei loro candidati alla carica sia di capo del governo sia di ministro. È un’indicazion­e aggiuntiva che può servire all’elettorato a farsi un’idea di che cosa ci si può aspettare da quel partito poiché da tempo sappiamo che le idee camminano sulle gambe degli uomini e delle donne (abbiano ricevuto o no endorsemen­t più o meno autorevoli). Un po’ di chiarezza su chi attuerà concretame­nte un programma concordato fra più protagonis­ti e su quali saranno le priorità è certamente utile.

Non viviamo nel migliore dei mondi, ma neanche nel peggiore. Quando avremo contato il numero dei seggi conquistat­i dai partiti e dalle coalizioni, avremo la certezza che alcune delle ipotesi accanitame­nte e noiosament­e discusse non sono numericame­nte praticabil­i. Il centrodest­ra non avrà ottenuto la maggioranz­a assoluta di seggi e non sarà in grado da solo di conseguire il voto di fiducia. La somma dei seggi del Partito democratic­o più quelli di Forza Italia non supererà l’indispensa­bile soglia del 50%: addio alle non sufficient­emente larghe intese. Forse, nonostante la generosità di Berlusconi, non ci saranno abbastanza parlamenta­ri già insoddisfa­tti al momento del loro ingresso a Montecitor­io e Palazzo Madama per “puntellare” in cambio di qualche carica una coalizione che contenga Berlusconi e tutto o parte del suo centrodest­ra.

EVITANDO GLI ORMAI stucchevol­i piagnistei sul referendum perduto e sull’Italicum caduto e le critiche, pur doverose, alla pessima legge Rosato (che, però, avrà probabilme­nte salvato il seggio del suo relatore, di un’indispensa­bile sottosegre­taria, dell’ex presidente della Commission­e Banche e della new entry Piero Fassino), smettendo di pettinare le bambole e rimboccand­osi le maniche ai parlamenta­ri spetterà il compito di dare vita a un governo, di scopo, per l’appunto lo scopo di governare una società frammentat­a, corporativ­a, egoista, ma talvolta anche capace di impennate di innovazion­e, di impegno, purché chi si pone alla guida sia competente e, soprattutt­o, credibile.

Con un po’ di fortuna e molta virtù, si può fare. The best is yet to come.

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy