I terremotati contro i partiti: “Solo promesse, non vi votiamo mai più”
Le casette che non arrivano, gli esercizi commerciali bloccati, le passerelle
Antonella vorrebbe strappare a morsi le due schede elettorali che domenica, nel suo seggio di Castelsantangelo sul Nera (Macerata), lo scrutatore le consegnerà assieme alla matita speciale. La rabbia le fa tremare la voce, così come un anno e mezzo fa la terra sotto i piedi ha tremato, una, due, cento volte, cambiando per sempre la sua vita: “Arrabbiata? È poco – attacca Antonella Barbonari, 54 anni, titolare di un bar-edicola assieme a suo marito, Franco Brizie ancora fuori dalle Sae, le casette –. Siamo persone perbene, commercianti onesti, non meritiamo di essere trattati così. Ogni tot. di tempo ci dicono che la casetta sarà pronta, ma la scadenza slitta. Oggi doveva essere la volta buona, invece no, forse a metà marzo. Per non parlare del bar nuovo, presto apriremo, ma senza giornali. L’attività parte già monca. Alla società che li distribuisce non conviene portarceli, dopo la chiusura dei punti vendita di Visso e Ussita. Io ho sempre votato e lo continuerò a fare, ma non servirà a nulla. Prima delle scosse avevo grande fiducia in Renzi, ora l’ho persa. Sarà difficile scegliere un altro partito”.
IL TERREMOTOvota, lo fa in massa e con piena coscienza. Chi, nelle stanze della politica nazionale, si aspettava che tra i picchi e le valli dei Sibillini abitassero arretrati montanari, scarsi di senno e cultura sociale, si sbaglia di grosso. Da queste parti la gente ragiona, discute e si emoziona. Nelle Marche, così come nelle altre tre regioni interessate, il sisma ha colpito per la prima volta il 24 agosto 2016, l’area delle “3 A”: Amatrice e Accumoli nel Reatino e Arquata del Tronto nell’Ascolano. Due mesi esatti e sono arrivate le scosse durissime del 26 e 30 ottobre: epicentro l’ampio territorio maceratese. Mercoledì il Consiglio dei ministri ha deciso di prorogare per la terza volta, fino al 31 agosto, lo stato di emergenza. Per la ricostruzione e per la ripresa bisognerà aspettare.
Jury Spitoni, 39 anni, si è innamorato di una ragazza americana di passaggio nelle Marche, si sono sposati e assieme hanno preparato piadine agli studenti dell’Università di Camerino. Ora servono altri clienti, a Porto Recanati, sulla costa, a 90 chilometri da casa: “Non è la stessa cosa, voglio tornare a Camerino e questo desiderio mi spinge a votare. L’ho sempre fatto e lo farò pure domenica. Di mezzo c’è an- che il senso ampio di educazione civica. È chiaro, stavolta è diverso, bisogna cambiare, perché la faccenda è stata gestita malissimo. La Regione (a guida Pd, ndr) a parole ha fatto, ma senza atti concreti. Sono un uomo di destra, lo ero e adesso lo sarò ancora di più”.
Nella campagna elettorale, al centro del discorso sono stati soprattutto gli immigrati, oltre a promesse mirabolanti. Nessuna parola spesa sulle zone terremotate: “Questa politica non mi piace e io la faccio da vicesindaco di un paesino di 390 abitanti ( Monteleone di Fermo, ndr). Rappresento una lista civica di centrodestra, sono un moderato e non ho apprezzato i toni e gli argomenti del mio schieramento, specie quelli della Lega”. Andrea Valori, 37 anni, al di là della carica istituzionale, è il titolare di uno dei 20 hotel che rendevano Sarnano ( Macerata) una delle località di villeggiatura più apprezzate: “Sono uno dei pochi ad aver visto il terremoto – dice Valori –, al netto delle tragedie, certo, come una grande opportunità di rilancio. Un foglio bianco da riscrivere e invece questa occasione non la stiamo raccogliendo”.
Se non ripartono le attività commerciali, agricole e artigianali questo territorio muore: “Sono a terra – ri- sponde Antonio Filotei, ancora ex macellaio di Pescara del Tronto, la frazione dove è morto il 90 per cento degli arquatani –. Non riesco a ripartire. È incredibile, devo dimostrare alla Regione di aver perso tutto, negozio e attrezzatura, ma i fatti parlano chiaro. Non dimenticherò i selfie che i politici sono venuti a farsi sulla nostra pelle. Sono sfiduciato, non so se andrò a votare domenica e comunque sceglierò la persona, non il colore”.
Patrizia Vita ha 48 anni, una lunga esperienza con Amnesty International. Ora gestisce una società di comunicazione. Per 480 giorni ha vissuto dentro un camper a due passi dalla sua casa crollata di Ussita, Comune commissariato nel cuore dei Sibillini: “Giovedì ho passato la prima notte nella mia Sae. Ne avevo bisogno, stare in una roulotte è dura, ma non dimentico le promesse: ‘Signora Vita le assegneremo la Sae ad aprile (2017, ndr) e poi a giugno’. Siamo stati strumentalizzati, adesso sono nauseata. Ora la politica cavalca i fatti di cronaca, vedi Macerata e l’odio dietro quelle violenze. Il voto resta un dovere, non solo un diritto. Sono sempre stata di sinistra, penso darò il mio voto a Potere al Popolo”.
Dal terremoto sono nate associazioni e comitati di cittadini. Compreso “La terra trema, noi no” a Muccia (Macerata). Il leader è Diego Camillozzi, 41 anni, rappresentante di imballaggi per alimenti: “Credo che pezzi di destra e di sinistra si metteranno d’accordo, il classico inciucio – dice –. All’80% andrò a votare, chi non lo so ancora. Sono stato vicino ai 5Stelle, ma dopo il terremoto sono scomparsi. Salvini e la Mussolini, e la loro strumentalizzazione di nonna Peppina, storia che io stesso ho seguito da vicino, rappresentano la politica di cui fare a meno. A prescindere dal vincitore, per noi non cambierà nulla. Per me conta entrare in una casa, lasciare la mia stanza d’albergo a Porto Sant’Elpidio e riprendere il lavoro perso, visto che il bacino di clienti era tutto nell’area del cratere”.
LA SPERANZA sono i giovani, come Emanuele Angelucci, 20 anni, gestore assieme alla famiglia di una pizzeria di Arquata. Da lui un messaggio di speranza finale: “Il post-terremoto andava gestito meglio, perché noi non siamo mica pupazzi da sbattere a destra e sinistra. Non andare a votare significa non esprimere un pensiero. Tengo molto al mio Paese, ne dobbiamo cambiare le sorti”.