Il Fatto Quotidiano

Torna il processo Dell’Utri, monito prima del voto

- GIANLUCA ROSELLI

▶“VITTORIOMA­NGANO

faceva il guardiano ad Arcore solo per dare un segnale ai clan. Arrivammo in Lombardia per sequestrar­e i figli di Berlusconi, ma poi arrivò l’ordine che questa cosa non si doveva più fare…”. Le parole di Gaspare Mutolo, pentito di mafia, riecheggia­no assieme a quelle di Salvatore

Cucuzza, Francesco Di Carlo, Filippo Rapisarda, PietroCozz­olino, Antonino Giuffrè, dello stesso Mangano e di altri testimoni al processo che ha portato alla condanna di Marcello Dell’Utri a 7 anni per concorso esterno in associazio­ne mafiosa. Non siamo in tribunale, ma sul palcosceni­co del Teatro di Documenti, a Roma, dove, a pochi giorni dal voto, è stato rimesso in scena Il processo Dell’Utri, ovvero “la lettura scenica delle testimonia­nze”. “L’abbiamo fatto per ricordare chi sono stati Berlusconi e Dell’Utri. In qualsiasi

Paese civile un personaggi­o che ha pagato la mafia per farsi proteggere e ha utilizzato soldi dei clan per mettere in piedi i suoi affari non sarebbe più sulla scena pubblica”, afferma Paolo Orlandelli, regista dello spettacolo che ha esordito nel 2015. La ritmica del susseguirs­i dei testimoni diventa così una sorta di orazione civile che racconta i rapporti di Berlusconi e Dell’Utri con i clan, in particolar­e quello di Stefano Bontate. “Ogni testimone aggiunge un tassello in più al mosaico”, spiega il regista. Orlandelli è specializz­ato in teatro civile: a maggio metterà in scena Verità sulla strage in Vaticano, sul caso del triplice omicidio tra le guardie svizzere nel 1998: una petizione su Change.org chiede alla Santa Sede la riapertura del caso.

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