Contrordine Brexiteers: scordatevi l’Impero
Regno Unito Nel terzo discorso sul divorzio dall’Unione May ammette: “Il nostro accesso ai mercati sarà inferiore”
Il
terzo discorso su Brexit di Theresa May, dopo quelli di Lancaster House e di Firenze, inizia sotto cattivi auspici: doveva tenersi a Newcastle, ma il Regno Unito è spazzato da una tempesta di neve e il governo ripiega sulla Mansion House, nella City.
Nei primi 25 minuti la May non dice niente di utile, ma almeno sembra aver fatto un bagno di realtà: ammette finalmente che Brexit non sarà il ritorno ai fasti dell’I m pe r o propagandato dai Brexiteers più fanatici. C’è poco da girarci attorno, ora che sul pesante impatto economico dell’uscita non ci sono più dubbi. “La vita sarà diversa. il nostro reciproco accesso ai mercati sa- rà inferiore a com’è ora”. Venti mesi per ammetterlo. Hard facts, quindi: la necessità di confrontarsi con una realtà complicata. Il difficile mandato è rispettare il risultato del referendum.
E il voto ha indicato che il Regno Unito vuole “riprendere il controllo delle sue leggi, del suo denaro e delle sue fronti ere”, quindi uscirà d al l ’ unione doganale, dal mercato comune e non sarà più soggetto alla giurisdizione della Corte di Giustizia europea. Così come: “La libertà di movimento con la Ue è destinata a finire”. Ma l’accordo deve anche proteggere lavo- ratori e sicurezza, ed essere coerente con un’idea di paese “moderno, aperto e tollerante”. E quindi è necessario trovare soluzioni che funzionino anche per Bruxelles, visto che “nessuno potrà ottenere esattamente quello che vuole”.
NON OFFRE, ancora, soluzioni definitive al dilemma del confine nord-irlandese, ma suggerisce una partnership doganale, con reciprocità nelle tariffe fra Uk e Ue, e l’implementazione di tecnologie d’avanguardia per evitare il ritorno di un confine fisico che metterebbe in crisi gli accordi di pace fra Irlanda del Nord e Re- pubblica irlandese. Poi entra nei dettagli: esclude l’opzione norvegese e quella canadese e ripropone, per l’ennesima volta, una partnership inedita: Londra pagherebbe per una associate membership, cioè per la partecipazione esterna ad alcune agenzie europee e per accordi specifici in settori produttivi, visto che una rottura netta non è nell’interesse di nessuno. Quanto a eventuali dispute fra Londra e l’Unione, una volta decaduta l’autorità della Corte di Giustizia europea, la soluzione sarebbe quella di un meccanismo di arbitrato indipendente tutto da creare. Il capo negoziatore di Bruxelles, Michel Barnier dice che May “ha fatto chiarezza”. Più negativo il capo degli eurodeputati del Ppe, Manfred Weber: “Dopo quel che ho sentito sono ancor più preoccupato. Non vedo come potremo raggiungere un accordo”.
Un discorso salutato come “onesto” dalla City, ma che ha troppi compromessi per i Leavers e troppo pochi per i Remainers. E, al momento, sembra irricevibile per Bruxelles. La sintesi più efficace è di Beth Rigby, corrispondente politica di Sky News: “Sembra una soft Brexit - niente tariffe doganali, partecipazione alle agenzie europee ed accordi in molti settori - ma fuori dall'unione doganale e dal mercato unico. Posizione negoziale di partenza: chiede la luna”.