“Solitario senza essere solo Ha portato le scienze nell’arte”
ACHILLE BONITO OLIVA Collega e amico, aveva curato una mostra su di lui: “Era creativo e riflessivo allo stesso tempo”
“Avolte sch erzavamo sulla sua età: ‘Non esiste l’immortalità dell’arte, Gillo – gli dicevo –. Esiste l’immortalità della critica’. Lui sorrideva, viveva con molto pudore questa sua straordinaria longevità, 107 anni, un’età da record. Mai un’ombra di atteggiamento muscolare, sempre un grande rispetto. Mi colpisce molto la sua morte”. Così Achille Bonito Oliva, “collega” e amico, poco dopo aver appreso la notizia della morte di Gillo Dorfles.
Bonito Oliva, che cosa abbiamo perso?
Un intellettuale di profonda umanità. E se permette, non è affatto poco. Gillo Dorfles ha avuto il merito di portare nell’ambito della critica d’arte altre scienze, come la psicanalisi, lo studio del colore e della percezione visiva. Il tutto con un’apertura intellettuale inedita per l’epoca. Ha attraversato tutti i movimenti senza mai identificarsi con nessuno di questi, incarnando alla perfezione il disincanto dell’intellettuale mitteleuropeo nato a Trieste e medico.
Dorfles è stato una specie di irregolare?
Non era un irregolare, era assolutamente individuale, solitario. Non che rifiutasse il dialogo, per carità, aveva però una profonda autonomia in- tellettuale e politica e soprattutto aveva molte altre passioni, la musica per esempio. Meglio il Dorfles critico o il Dorfles artista?
Nel suo lavoro di artista Dorfles riversava il suo furore creativo, con l’emotività dipingeva, scolpiva e lavorava la ceramica. Il sentimento che da critico teneva sottotraccia, partecipando però sempre al dibattito del proprio tempo. Un cosiddetto artista pensante. Ho avuto l’onore di curare la mostra a lui dedicata al Ma-
Ha attraversato tutti i movimenti senza mai identificarsi con nessuno, incarnando il disincanto dell’intellettuale
cro di Roma su tutto il suo itinerario creativo. Una mostra da cui si desumeva tutto il suo felice strabismo nell’essere creativo e riflessivo allo stesso tempo, con il riserbo tipico di un uomo schivo felicemente sottoposto ai colpi dell’arte.
Nel 1948, Dorfles fu tra i fondatori del Movimento per l’arte concreta. Quale eredità ci ha lasciato il MAC? Ha ribadito il valore dell’auto- nomia dell’arte in anni in cui si identificavano fatalmente arte e politica. L’arte concreta ribadisce il valore della creazione che afferma se stessa con l’opera senza essere ancella di nessun altro pensiero. Un pensiero che si è tradotto in opera, la teoria non è mai rimasta sulla carta.
Dorfles viene spesso anche definito come “lo sdoganatore del kitsch”...
Sapeva passare agevolmente dal momento sintetico artistico a quello concettuale. Grazie al suo disincanto mitteleuropeo si fece lettore di una realtà storica che non si poteva ignorare: il cattivo gusto apparteneva ormai alla società di massa e lui, senza disprezzo e paternalismo, ha saputo analizzarlo in maniera profonda, senza il terrore di chi teme da questo la caduta o la perdita dell’aura.
Il cattivo gusto apparteneva alla società di massa e lui, senza disprezzo e paternalismo, ha saputo analizzarlo