Ora è tra gli imperatori e la penna di Hugo Pratt
Figlio del Grand Tour
Non è morto Gillo Dorfles spirato ieri, impaziente di arrivare al giorno 12 aprile per i suoi 108 anni. Ad attenderlo – lui che nasce alla vita a Trieste nel 1910 – ci sono imperatori, re e i tanti protagonisti di un mondo intinto nella china di un Hugo Pratt più che nell’apnea della giornata di tutti.
Tutti noi, appunto, al più buoni per campare quel che basta per non saperne di arte, di antroposofia, di psichiatria perfino, e di viaggi, per quanto ne sapeva lui: il decano dei critici che nasce artista e pittore, innestato nel ghirigoro barocco, seguendo l’istinto già nel vagito.
Ovviamente non è morto ieri perché il suo profilo e l’immacolato concerto di bianco dell’abito, o giallo al limite, lo fanno speciale di materia tutta immateriale e nomade nel tem- po, in ogni tempo.
Vegliardo più che vecchio, beato nella sordità, è sveglio e veggente nel suo essere Vitriol. È una locuzione che ci porta al 13 gennaio scorso – Vitriol, disegni – una mostra della Triennale di Milano e Vitriol signi- fica Visita Interiore Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem.
La visita è viaggio, manco a dirlo, e Dorfles – gettato nel mondo – unico e solo nella comunità dei critici d’arte, replica ciò che nel finire dell’artificioso Settecento e nel secolo a seguire i Goethe e i sovrani in incognito faranno: il Grand Tour.
Tutto un viaggio nel globo, quello di Dorfles, da cui attinge segni e tonalità con cui sveglia il kitsch dal cattivo gusto e codifica, infine, l’abito “nel tempo”. È il neo-barocco, il nostro tempo. C’è solo una porcata nella squillante esistenza di Dofles: firmò il manifesto contro il commissario Calabresi.