Ultime nomine, scontro tra Boschi e Paolo Gentiloni
Lo scontro L’ultimo è sui dirigenti di Palazzo Chigi. Ma il premier l’ha fermata pure sui fedelissimi da piazzare a Cnel e Corte dei conti
La campagna elettorale a Bolzano non ha distratto Maria Elena Boschi dagli interessi che cura con maggiore passione: l’occupazione dei posti. Ormai lo scontro fra Paolo Gentiloni e la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio ha sfondato il muro del pudore: è fragoroso, e sempre più devastante per gli equilibri di Palazzo Chigi. Questa settimana, per partire dalla fine del duello, il premier ha bloccato le nomine interne all’amministrazione: Boschi ha tentanto (e non ha desistito ancora) di strappare la poltrona vacante da quasi un paio di anni del coordinatore della segreteria tecnica della commissione per le adozioni internazionali e anche quella di direttore dello staff del capo dipartimento per le riforme istituzionali.
IL RAPPORTO fra il diplomatico Paolo e l’esuberante Maria Elena si è compromesso in maniera plastica agli inizi di febbraio. Quando Gentiloni ha risarcito il senatore Luigi Manconi della mancata candidatura nel Pd con l’incarico – a titolo gratuito – di capo dell’Ufficio nazionale contro le discriminazioni razziali (Unar), strettamente legato al Dipartimento per le Pari opportunità di cui è responsabile la sottosegretaria. Manconi ha scalzato Nadan Petrovic, che già da tempo – su mandato di Meb – si preparava a gestire la struttura. Nello stesso periodo, Gentiloni ha respinto la promozione di Annalisa Cipollone – già vicecapo gabinetto al mi- nistero delle Riforme con Boschi – al vertice della segreteria generale del Cnel. Matteo Renzi voleva trasformare il Senato in un “museo” e si candida a senatore, mentre Boschi – che ha portato al referendum costituzionale l’abo- lizione del Cnel – ha sgomitato per recuperare un esilio sicuro a un’amica proprio al vituperato Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Il premier, invece, ha mandato al Cnel Paolo Peluffo, collaboratore di Carlo A- zeglio Ciampi al Tesoro e al Quirinale, ex sottosegretario all’Editoria, proveniente dalla Corte dei Conti. E proprio per la magistratura contabile, a controllare e condannare sprechi o danni erariali, Boschi ha proposto la sua responsabile della segreteria tecnica, Daria Perrotta: bocciata, troppo giovane per il ruolo e con titoli scarni. Sul Consiglio di Stato, però, Boschi si è imposta e il Consiglio dei ministri ha indicato Carla Ciuffetti – ex capo dipartimento per le Riforme istituzionali, cioè la macchina che ha costruito la riforma costituzionale – per Palazzo Spada. Lì dove andrà a svernare Paolo Aquilanti, in teoria segretario generale di Palazzo Chigi, in pratica assistente personale nonché accompagnatore agli eventi mondani di Meb. Questo è un breve resoconto dei primi mesi dell’anno; finché re- sterà a Chigi – pur nella parentesi della transizioni verso un nuovo esecutivo – Boschi continuerà a proporre amici e amiche, a lavorare per garantire loro un futuro sereno.
L’ASSALTO ALLE NOMINE, ovviamente, serve ancora più oggi di ieri. Chi lascia il governo, come chi l’ha preceduto, cerca di sistemare i fedelissimi. È sempre accaduto. E così tra fine gennaio e fine febbraio, a legislatura ampiamente scaduta, sono state avviate quattro “call” per altrettanti direttori generali. In due casi – commissione per le adozioni internazionali e Riforme istituzionali – si tratta di figure in carico allo staff del capo dipartimento. Difficile giustificare che servano adesso, quando il governo è in uscita. Non solo. I capi dipartimento sono soggetti allo spoils system, cioè decadono entro 45 giorni dall’insediamento del un nuovo esecutivo se non riconfermati. Chi arriva si troverà in staff figure che non ha chiesto. Sui due posti banditi ci sono le impronte di Meb che, però, ha incontrato la ferma opposizione di Gentiloni. Le procedure scadranno a brevissimo, e allora si conoscerà l’esito della diatriba. Palazzo Chigi, poi, ha avviato – cosa rara – un bando di mobilità per inquadrare in ruolo tre dirigenti distaccati da altre amministrazioni (cosiddetti “in comando”) che scadrà a fine marzo. In questo modo si libererebbero altrettanti posti per nuovi ingressi. La transizione dopo le urne sarà lunga. Nel frattempo, ci si porta avanti.
In agitazione
L’unico via libera c’è stato per Ciuffetti a Palazzo Spada, dove ha spedito anche il fidato Aquilanti