Il Fatto Quotidiano

Senato, Salvini ora è pronto ad accettare il nome di B.

Di Maio sceglie la Camera e loda il Colle

- » WANDA MARRA

Toccherà a Giorgio Napolitano presiedere Palazzo Madama, nella seduta di venerdì mattina e in quelle successive, fino all’elezione del Presidente. Ma oltre a questa certezza, a due giorni dall’inizio delle votazioni per eleggere i presidenti di Camera e Senato, l’accordo complessiv­o non c’è. Resistono però alcuni punti fermi. Ieri Luigi Di Maio ha ribadito che il Movimento aspira alla presidenza di Montecitor­io. “Nessun partito ha espresso contrariet­à”, dicono in serata Giulia Grillo e Danilo Toninelli, dopo aver portato a termine gli incontri con FI e Lega. Il ballottagg­io nel Movimento continua ad essere tra Riccardo Fraccaro e Roberto Fico. I nomi ufficiali, arriverann­o giovedì.

L’ALTRO PUNTOfermo riguarda la volontà ribadita ieri in un giro di telefonate tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni di non “rompere” l’alleanza di centrodest­ra. Lo dice il vice segretario della Lega, Giancarlo Giorgetti, a Porta a Porta: “L’importante è che una presidenza vada al centrodest­ra, se servirà un presidente non della Lega, per risolvere il rebus politico, noi saremmo disponibil­i e non faremo i capricci”. Disponibil­ità interlocut­oria.

Oggi ci sarà un vertice a Palazzo Grazioli tra Berlusconi, Salvini e la Meloni, dal quale dovrebbe uscire una quadra. La rinuncia alla presidenza di Palazzo Madama a favore degli alleati da parte del leader del Carroccio resta sul piatto. Anche “perché non abbiamo nomi”, come raccontano nella Lega. “Non accetterem­o né condannati, né persone sotto processo”, è il paletto numero uno del Movimento.

ROBERTO Calderoli, il primo candidato leghista, è fuori: indagato per diffamazio­ne con l’aggravan- te dell’istigazion­e all’odio razziale. Giulia Bongiorno, altro nome circolato in questi giorni, non è particolar­mente vicina a Salvini, senza contare che è stata per anni apertament­e in rotta con Berlusconi. Complicato, però, anche trovare un nome dentro FI. Paolo Romani, che era la prima scelta degli azzurri (molto sponsorizz­a- to anche nel Pd), sarebbe fuori per una condanna per peculato. Lui non si rassegna e si sta muovendo a tutti i livelli. In alternativ­a, continua a circolare il nome di Anna Maria Bernini, che però non va bene a una parte del suo partito. Tra le ipotesi azzurre quella di presentare una rosa di nomi. E c’è chi ipotizza un’inversione, con il Senato ai Cinque Stelle e la Camera alla Lega. Per adesso, ipotesi dell’irrealtà, vista la fermezza di M5s su Montecitor­io.

LE TRATTATIVE vanno avanti a tutti i livelli: nella seduta successiva all’elezione del Presidente, verranno eletti gli uffici di presidenza. È a questo punto che entra in gioco il Pd. Oggi incontrerà una delegazion­e di Fi (Renato Brunetta e Romani), della Lega e di LeU. I Dem si tengono fuori dalla partita delle presidenze, ma continuano a rivendicar­e almeno due vicepresid­enti e due questori. Per Montecitor­io, il candidato sarebbe Ettore Rosato. Sui capigruppo, Matteo Renzi (che a Palazzo Madama non s’è ancora registrato) non molla su Lorenzo Guerini alla Camera e Andrea Marcucci in Senato. La sua presa sul partito resiste: il reggente Maurizio Martina ieri ha riunito la segreteria, nel tentativo di evitare ulteriori spaccature tra renziani e anti renziani. La complicata dinamica interna al Pd entra nel gioco più generale, perché nessuno si fida davvero di fare accordi con il Nazareno: non è chiaro se chi li stringe sarà in grado di rispettarl­i. Ieri è stato lo stesso Romani a interceder­e presso i Cinque Stelle per i posti ai Dem nell’ufficio di presidenza. Negli scenari che si fanno nel centrodest­ra, il punto di caduta di questi accordi “preliminar­i” sarebbe una sorta di governo delle “ampie intese” con dentro esponenti di tutti i partiti, presieduto da Giorgetti, che partirebbe a fine giugno. Architettu­re da Palazzo. Almeno per ora.

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