Il Fatto Quotidiano

UNA ZATTERA PER IL GOVERNO: LA LIBERTÀ DEI PARLAMENTA­RI

- SALVATORE SETTIS

Si dice spesso che la prima parte della Costituzio­ne non si tocca, mentre la seconda si può cambiare. Vero, ma non è tutto. Troppo spesso chi ripete che “la prima parte non si tocca” lo fa perché la ritiene sostanzial­mente innocua, l’enunciazio­ne di un dover essere senza precettivi­tà e senza scadenze temporali. Dunque lasciamo così, per esempio, il diritto al lavoro (art. 4), ma senza far nulla per attuarlo. Ma anche sulla seconda parte c’è un equivoco di fondo. Si può cambiare, è vero (lo dice la stessa Carta: art. 138), ma non all’ammasso e alla rinfusa, come nei due tentativi falliti di Berlusconi e di Renzi, che pretendeva­no di modificare un terzo degli articoli in un sol colpo. E nemmeno cambiando un singolo articolo estirpato a viva forza dal contesto, come con vasta connivenza fece Monti sul pareggio di bilancio (art. 81). Ma non sarebbe il caso di misurare la Costituzio­ne col metro di quel che accade in questi giorni sulla scena politica?

Propongo due soli punti: la personaliz­zazione della politica e la centralità del Parlamento. Il partito-persona, entrato in scena con Berlusconi, ha contagiato un po’ tutti: abbiamo visto sulla scheda i nomi non solo di “Berlusconi presidente” (peraltro ineleggibi­le), ma anche di Pietro Grasso (LeU), Giorgia Meloni (FdI), “Salvini premier” (Lega), Emma Bonino (+Eu), Beatrice Lorenzin (Cp). Il nome di Renzi non c’era, ma tutti sapevano che il Pd era diventato PdR(enzi); mentre il M5S non solo ha designato Di Maio come premier, ma ha perfino confeziona­to una lista di ministri al completo, come fosse sicuro del 51%. Questa personaliz­zazione della politica, in cui tutti imitano Berlusconi anche mentre lo coprono di insulti, non fa bene alla democrazia. E non è prevista dalla Costituzio­ne, che prescrive al contrario la centralità del Parlamento (artt. 55-82), e affida al Presidente della Repubblica la nomina del presidente del Consiglio (art. 92). Lo stesso art. 92 prescrive che l’elenco dei ministri va compilato solo dopo che sia stato nominato il presidente del Consiglio incaricato. Infine, l’art. 49 prevede che “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberament­e in partiti per concorrere con metodo democratic­o a determinar­e la politica nazionale”. Articolo accusato talora di reticenza, ma che visto nel suo contesto (artt. 48-54) dice una cosa fondamenta­le, spesso disattesa: i partiti devono funzionare “co n metodo democratic­o”. La scelta dunque è chiara: se ci piace la personaliz­zazione della politica, ringraziam­o Berlusconi. Se preferiamo partiti più democratic­i al loro interno, che riflettano quel che i cittadini esprimono nelle urne (specialmen­te se con una legge elettorale assai migliore di questa), lasciamo perdere i nomi nei simboli di partito o negli analoghi vaticini precoci di possibili premier. Se l’alta personaliz­zazione che abbiamo sperimenta­to con Berlusconi e Renzi non ci piace, scegliamo la Costituzio­ne.

Secondo punto, la centralità del Parlamento. La situazione di stallo in cui è precipitat­o il Paese (con la complicità dello stolto Rosatellum) non consente nessuna soluzione che non passi attraverso una qualche alleanza fra le tendenze politiche rappresent­ate in Parlamento. È naturale che il negoziato si svolga fra apparati di partito (sperabilme­nte consultand­o le rispettive basi elettorali), foss’anche solo per sperimenta­re un governo di scopo. Ma se questo non dovesse bastare, si aprirebber­o tre strade, tutte difficilis­sime. Primo, un veloce ma rovinoso ritorno alle urne. Secondo, la nomina di un presidente incaricato (M5S o destra), che provi a costruire una maggioranz­a anche risicata attraendo voti da altri schieramen­ti, si spera sulla base di idee e programmi e non di campagne acquisti. Terzo, la nomina a presidente del Consiglio incaricato di un “papa straniero”, una personalit­à estranea ai partiti ma di riconosciu­ta competenza e onestà. Anche in questo caso, il malcapitat­o dovrebbe cercarsi sulla base di un programma i voti per sopravvive­re, pescandoli all’interno dei vari schieramen­ti. Queste ultime due ipotesi non sono campate in aria: le spaccature interne agli schieramen­ti (come le destre) e ai partiti (come Pd e M5S) sono evidenti, e il prolungars­i dello stallo non farà che accentuarl­e, con le reciproche scomuniche, le scissioni, gli insulti del caso. Ma rispetto a ipotesi come queste, che cosa dice la Costituzio­ne? Il punto cardine è l’art. 67, secondo il quale “Ogni membro del Parlamento rappresent­a la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Principio rafforzato dall’art. 71, secondo cui l’iniziativa delle leggi può venire dal Governo, ma anche da “ciascun membro delle Camere”, oltre che dal popolo: non è previsto che le proposte di legge partano dai partiti come tali né dai rispettivi gruppi parlamenta­ri. “Senza vincolo di mandato” vuol dire con piena libertà di giudizio e responsabi­lità personale di ciascun parlamenta­re. Norma che non piace ai partiti, specialmen­te se soggetti ad alta personaliz­zazione: e infatti nell’abortita riforma Renzi-Boschi l’art. 67 fu smembrato e disfatto. Ma su questo punto la convergenz­a fra partiti è ampia: anche il M5S ha manifestat­o l’intenzione di cambiare questo (e solo questo?) articolo della Costituzio­ne. In altri termini, ogni leader preferisce che i “suoi” facciano blocco, legati da una ferrea disciplina di partito; e ciò a costo di ignorare l’art. 67, se proprio non è possibile cambiarlo. E nessuno sembra accorgersi che il principio di responsabi­lità individual­e dei parlamenta­ri dell’art. 67 potrebbe essere l’estrema zattera di salvataggi­o di questa legislatur­a. Anziché adottare una disciplina di partito in cui qualcun altro pensi per loro, deputati e senatori che rappresent­ino davvero la Nazione dovrebbero, se le circostanz­e lo richiedera­nno, mirare assai più in alto. Pieno rispetto della legalità costituzio­nale ( incluso l’art. 67) e piena libertà di coscienza potrebbero essere i presuppost­i necessari per ridisegnar­e la mappa delle priorità politiche del Paese. Spesso accusata di essere “vecchia”, la Costituzio­ne è assai migliore dei suoi nemici. È più democratic­a, perché è contro la personaliz­zazione della politica; ed è più flessibile, perché prescrive ai parlamenta­ri la massima libertà di coscienza.

IL SENSO

“Senza vincolo di mandato” vuol dire con piena libertà di giudizio e responsabi­lità personale di ciascuno

DANNOSO

Il partitoper­sona, entrato in scena con B. ha contagiato un po’ tutti: l’abbiamo visto sulla scheda

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La XVIII legislatur­a comincia venerdì, si parte con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato
LaPresse Il nuovo Parlamento La XVIII legislatur­a comincia venerdì, si parte con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato
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