Il Fatto Quotidiano

Il Caimano Atto II

- » MARCO TRAVAGLIO

Avete notato che B. non si vede più? Tranquilli, non è morto, e non si è nemmeno ritirato. È sempliceme­nte in fase di sommersion­e, come ogni Caimano che si rispetti. Quando deve fare cose indicibili e indecenti, non si mostra e non parla. Sta sott’acqua e di lì agisce, lontano da occhi e orecchi indiscreti. Non a caso tornano a circolare nelle sue residenze gli Uomini dell'Ombra, come Letta e Verdini, nel tradiziona­le turn over del Partito Azienda che alterna, a seconda delle convenienz­e, le colombe ai falchi. Niccolò Ghedini, per dire, protagonis­ta delle sfortunate liste forziste, non serve più: meglio che si occupi dei processi che fra poco ripartono. Tocca agli Inciucio Men, impegnati in unam issi on quasi impossib le: far fruttare il 13% racimolato da Forza Italia, vendendolo al migliore offerente per riportare B., se non al volante, almeno nel ruolo di ruota di scorta. Cioè per renderlo indispensa­bile per il prossimo governo, ovviamente in cambio di qualcosa. Il tornaconto lo conosciamo da 25 anni, essendo la ragione sociale di FI fin dalla nascita: leggi e politiche favorevoli o almeno non ostili a Mediaset sui prossimi assetti della Rai (guai se si rafforzass­e facendo vera concorrenz­a), sulla battaglia con Vivendi, sulle nuove tecnologie digitali; e, ça va sans dire, nessuna norma anti-trust, anti-conflitti d’interessi, anti-corruzione, anti-evasione e anti-mafia.

Il primo obiettivo di B., sfumata la possibilit­à di tornare protagonis­ta in un governo di centrodest­ra, è di evitare l’irrilevanz­a che gli deriverebb­e da due diverse ipotesi di governo, entrambe per lui esiziali: un’ alleanza 5 Stelle-Lega, dove probabilme­nte Salvini scavalcher­ebbe peran ti berlusc on is mo Di Maio per sgombrare il campo dalla mummia di Arcore una volta per tutte; e un’intesa 5Stelle-Pd, che passerebbe sul cadavere (politico) di Renzi e priverebbe il Caimano della sua ultima sponda nel centrosini­stra (il Giglio Magico, con cui il partito Mediaset si è sempre trovato benissimo). Se entrambe le soluzioni fallissero, B. avrebbe di che gioire, ma anche piangere, perché le elezioni in autunno sarebbero più vicine e il nuovo bipolarism­o 5Stelle-Lega ridurrebbe il Pd e soprattutt­o FI a percentual­i da prefisso telefonico. In quel caso però B. punterebbe sull’istinto di conservazi­one dei neoeletti per varare una bella ammucchiat­a, che è la sua prima e unica vera opzione: un inciucione con dentro Pd, FI, un pezzo di Lega di obbedienza maroniana e un pattuglion­e di parlamenta­ri comprati qua e là o venuti via gratis per paura di perdere la poltrona appena agguantata il 4 marzo.

In

quel caso, il suo ruolo sarebbe ben più decisivo di una ruota di scorta: quello di compratore-federatore dei voltagabba­na che, facendo comodo a lui, i suoi media dipingereb­bero come i nuovi “responsabi­li” e i salvatori dell’Italia dal baratro dell’instabilit­à. Con quali mezzi B. pensa di arrivare a questo epilogo da film horror, onde evitare di essere tagliato fuori dai giochi politici per la prima volta in vita sua? I soliti. Niente di imprevedib­ile, almeno per chi conosce la sua biografia, prima e dopo la “discesa in campo” del 1994. Quando comanda lui, direttamen­te o per interposto Caf (Craxi, Andreotti, Forlani), nessun problema: le leggi ad personamse le scrive da solo. Quando invece un alleato gli impedisce di farsi gli affari suoi oppure comandano altri, scatta il piano A: per comprare chi si mette di traverso. Se la compravend­ita va a buon fine (come nel caso di Sergio De Gregorio, passato dall’Idv a FI nel 2006 in cambio di 3 milioni, e dei 30 e più “responsabi­li” guidati da Razzi e Scilipoti, acquisiti nel 2010 per rimpiazzar­e i finiani in fuga), tutto ok. Se no, si passa al piano B: i manganelli catodici e cartacei degli appositi canali tv e giornali. Nel 1993-'94, la guerra preventiva contro Montanelli, che non voleva trasformar­e il Giornale in house organ, né levare il disturbo. Poi, caduto a fine ’94 il primo governo per mano di Bossi, tre anni di linciaggio del Senatur a reti ed edicole unificate, seguito da profferte (anche di denaro) ai “lealisti” riuniti già allora intorno a Maroni per dar vita a una “Lega buona”, fino alla resa del leader e al suo ritorno all’ovile.

Intanto da Arcore partivano o passavano dossier contro Di Pietro: prima per farlo dimettere dal pool Mani Pulite (dicembre ’ 94) dopo l’invito a comparire a B.; poi per farlo indagare a Brescia dopo il suo rifiuto di diventare il numero 2 di FI (aprile ’95). Nel 2010, appena Fini si staccò dal Pdl, gli house organ aziendali scoprirono all’improvviso lo scandalo della casa di Montecarlo: tutto vero, per carità. Resta da capire se l’avessero scoperto all’indomani del divorzio, o se lo sapessero già prima e lo tenessero in caldo. Un po’come il dossier su Dino Boffo, che nel 2009, appena criticò su Avvenire il puttanaio arcoriano, si vide rinfacciar­e dal Giornale una condanna per molestie: vera anche quella, ma di qualche anno prima. Ora ci risiamo. B. invita ciascuno dei suoi a “farsi amico un grillino e a portarlo dalla nostra parte”, perché i 5Stelle “vanno cacciati” o comprati. Intanto possiamo immaginare quanti dossier circolino nei palazzi del potere, per ricattare i vincitori affinché non si scordino dei vinti e diventino leader a sovranità limitata. Soprattutt­o di uno. Il Giornale pubblica strani titoli su “I segreti di Salvini”, sotto i quali non c’è scritto (ancora) nulla. E strani pezzi a firma Luigi Bisignani (ex P2) sulla “lobby gay” che circondere­bbe Di Maio. Si spera che Salvini e Di Maio, diversamen­te dai precedenti oggetti delle attenzioni della Banda B., non abbiano scheletri nell’armadio né in proprio né attorno. Altrimenti farebbero bene a controllar­e l’armadio: di solito, insieme agli scheletri, c’è un fotografo di B.

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