La Cassa depositi butta milioni per comprare i grand hotel di Stato
Cdp Equity dovrebbe tutelare i settori strategici dell’industria dalle scalate straniere invece continua a comprare società dai conti precari: prima Rocco Forte, poi Th Resort
L’ultimo acquisto è dell’estate scorsa ed è ancora, dopo Rocco Forte Hotels, una catena alberghiera. Il turismo deve piacere molto agli uomini di Cdp Equity, il braccio operativo della Cassa Depositi e Prestiti che investe in capitale delle imprese. Questa volta è toccato a Th Resort, il marchio di hotel della padovana Hotelturist: 19 strutture in tutta Italia, 3.500 camere e oltre 9 mila posti letto. Cdp Equity non ha badato a spese. Ha acquisito in agosto il 46% della società per 20 milioni di euro, valutando quindi l’intero gruppo oltre 40 milioni di euro. Un affare per la Cdp o un affare per il venditore?
Il fondo azionario di Cdp, non è un fondo qualsiasi, libero di fare le sue scelte come meglio crede. Usa soldi pubblici e dovrebbe evitare nel modo più assoluto di perdere quei soldi. Perché Hotelturist o Rocco Forte e non altre società? Dietro la valutazione di 40 milioni di Hotelturist fatta nell’agosto del 2017 da Guido Rivolta, ad della Cdp equity, c’è ovviamente la solita perizia indipendente. Ma Hotelturist vale quei soldi? Nel 2016 ha chiuso con un modesto utile di 40 mila euro, l’anno prima la perdita è stata di 367 mila euro. Produce margini significativi? Non pare, spesati i costi su ricavi annui per 32 milioni, il margine lordo è di soli 800 mila euro. Un po’ pochi per definirla una società redditizia. Hotelturist è pure gravata da debiti significativi: ne ha per 12 milioni, parecchi per un margine industriale così basso. Non proprio una società gioiello per metterci soldi pubblici.
MA DI CHI È, o meglio di chi era, Hotelturist? Il suo presidente si chiama Graziano Debellini, ex allievo di don Luigi Giussani e da decenni uomo forte di Comunione e Liberazione. La Hotelturist è posseduta da Solfin Turismo che ha in cima una holding lussemburghese. Anche la finanziaria che ha in pancia Hotelturist non sfoggia conti brillanti. Anch’essa è piena di debiti: 16 milioni su 21 milioni del totale del bilancio. Di fatto, Debellini e il suo ad Gaetano Casertano, vecchia volpe del mondo finanziario ex direttore generale di Mittel, nonché dal 2008 al 2010 ceo di Italia Turismo, il carrozzone pubblico fonte solo di perdite, hanno ceduto la mano al fondo di Cdp che è ora il primo socio. Il parterre di comando di Th Resort che ha guidato la vendita a Cdp vede come vicepresidente Giorgio Palmucci ai vertici di Confindustria Turismo.
PRIMA DI CDP è entrato nel capitale della catena padovana un altro ente: l’Istituto atesino di sviluppo. La holding trentina ha acquisito nel 2016 il 15% della società del ciellino Debellini. Lo stesso Debellini è però al contempo uno dei consiglieri dell’Istituto Atesino che ha come presidente Massimo Tononi, ex sottosegretario al ministero dell’Economia ed ex presidente di Mps. Un gigantesco conflitto d’interessi. L’operazione, visti i deboli risultati economici, gli alti debiti e i personaggi in gioco appare più un favore agli amici che un investimento proficuo e sicuro della Cdp. Non solo, ma Cdp entra in un gioco di compravendite di villaggi vacanze facendo di fatto da sponda a interessi non suoi. Nel giugno del 2017 compra da Valtur, il tour operator acquisito nel 2016 dal finanziere Andrea Bonomi e oggi pericolosamente in odore di crac avendo chiesto al Tribunale un concordato preventivo, 3 villaggi a Pila, Marilleva e Ostuni per 45 milioni. Bonomi li aveva comprati solo un anno prima da Pre- lios per 43,3 milioni. Con Valtur pericolante non trova di meglio che chiedere alla Cdp di comprarglieli. E Cdp non si è tirata indietro. Ancora più grave pare la ciambella di salvataggio offerta a Th Resort: la Cassa acquisisce 2 villaggi (Marina di Pisticci e Sibari) per 20 milioni. Guarda caso, dopo qualche settimana, il braccio operativo di Cdp equity entra pesantemente come primo socio in Th. Troppe coincidenze per non pensare a un aiutino anziché a investimenti con logica puramente economica.
Anche su Rocco Forte, l’altro investimento alberghiero di Cdp equity, c’è da chiedersi se i soldi pubblici siano stati ben investiti. L’investimento, via Fsi di allora nel marzo del 2015, fu di 60milioni di sterline per il 23% del gruppo di Sir Rocco Forte. Una valutazione del capitale complessivo di quasi 300 milioni di sterline per una società che ne fattura poco più di 190, ha un utile net- to di soli 4 milioni e debiti pari all’intero fatturato. Dal 2014 al 2017 il rendimento sul capitale di Rocco Forte Hotels è sceso dal 13,8% al 3,5%. Non proprio un affare per Cdp.
AL CONTO DI CDP EQUITYvanno poi aggiunti i due grandi scivoloni storici, Saipem e Trevi. Cdp equity, sotto la guida dell’ad di allora Maurizio Tamagnini acquisì a gennaio del 2016 il 12,5% di Saipem per 903 milioni. Un’operazione che toglieva le castagne dal fuoco a Eni che voleva deconsolidare Saipem dopo il crollo in Borsa a seguito anche dello scandalo tangenti e dei buchi di bilancio. Il dazio pagato è stato pesante. Cdp ha già svalutato Saipem per 170 milioni chiudendo in perdita il bilancio del 2016 per 185 milioni. Ma tuttora il valore a bilancio per Cdp è superiore di almeno 300 milioni rispetto ai corsi di Borsa e questo implica nuove perdite in futuro.
Trevi oggi capitalizza solo 69 milioni. Una miseria dopo le forti perdite accumulate dalla società di Cesena. Cdp pagò 100 milioni per il 16,8% della società. Ha già svalutato per oltre 60 milioni e dovrà farlo ancora visti i prezzi del titolo. Lo spreco di soldi pubblici è certo, la rilevanza strategica di questi investimenti molto meno. Finirà così anche per lo Stato albergatore?
L’ultima operazione
Il braccio operativo della Cassa Depositi e Prestiti ha investito nella catena padovana al centro di strane operazioni in Trentino