A cosa serve un governo: fare le nomine
▶NESSUNO
sembra avere una gran fretta di formare un governo. Il Belgio non è forse sopravvissuto due anni senza? Vero. Ma c’è almeno un compito per cui è davvero necessario avere un governo legittimo insediato. Fare le nomine. Non soltanto per la tanto anelata spartizione di poltrone tra i partiti di maggioranza che spesso conta più di qualunque grande riforma per la coesione interna, quanto perché qualcuno deve avere la responsabilità politica delle scelte fatte. C’è da rinnovare il presidente dell’Autorità dell’energia, per esempio: a dicembre il governo Gentiloni ha prorogato per sei mesi la non certo esaltante (per i consumatori) gestione di Antonio Bordoni, ma urge un sostituto con pieni poteri per opporsi alle grandi compagnie. Nella fase finale di avvelenamento dei pozzi il Pd aveva cercato di far saltare la poltrona di Tito Boeri, presidente dell’Inps, troppo indipendente, che ora deve capire se avrà ancora la fiducia dell’esecutivo e del Parlamento. Poi ci sono da scegliere i vertici della Cassa Depositi e Prestiti: Claudio Costamagna, presidente, e Fabio Gallia, Ad, dovevano essere i pilastri della politica industriale renziana, ma è durata poco. Da mesi e mesi aspettano solo l’avvicendamento (ma intanto la Cdp fa operazioni discutibili, come leggete qui accanto). E da Cdp dipendono altre nomine pesanti in società controllate dallo Stato, come Saipem. La proroga non può diventare la soluzione standard (come è stato nel caso dei vertici dei servizi segreti) e il vuoto di potere genera mostruosità come la auto-riconferma del vertice delle Ferrovie dello Stato per altri tre anni decisa sotto Capodanno e a Camere sciolte, giusto prima che l’Ad Renato Mazzoncini dovesse rispondere della paralisi alla prima neve e del buco da 2 miliardi nella fusione con l’Anas (lo ha rivelato il Fatto con Daniele Martini). In politica non esiste il vuoto. Se non c’è un potere legittimato dai cittadini, lo spazio lo riempiono burocrazie e interessi occulti.