Il Fatto Quotidiano

Fanno i capitalist­i del casello coi soldi tolti allo Stato

I Benetton che ora conquistan­o Abertis in Spagna non hanno mai rischiato quasi nulla

- » GIORGIO RAGAZZI

Inostri concession­ari, Aspi (Autostrade per l’Italia, del gruppo Atlantia) e Astm (gruppo Gavio) navigano nella liquidità ma la investono sempre meno in Italia e sempre di più all’estero. Nei primi nove mesi del 2017 Aspi ha avuto un margine operativo lordo di 1.900 milioni, ma ne ha investiti nella rete solo 340. Per contro la holding Atlantia, dopo aver acquistato quote del Tunnel sotto la Manica, sta definendo ora un grosso investimen­to nella spagnola Abertis.

È LEGITTIMO che investano i loro profitti come e dove meglio credano. Non dimentichi­amo però qual è l’origine di questi profitti. Risalendo nella storia si riscontra che gli azionisti delle concession­arie non hanno mai versato quasi nulla se non capitali simbolici. L’autostrada del Brennero fu costituita con un capitale rapportabi­le a qualche milione, l’Iri finanziò tutto a debito e anche Gavio ha finanziato i pochi aumenti di capitale con i soldi stessi dei pedaggi pagati dagli automobili­sti.

Gli unici che hanno pagato per la concession­e, più precisamen­te per l’acquisto dell’Aspi dall’Iri, sono stati gli azionisti della Schemavent­otto (controllat­a dalla famiglia Benetton) ma dopo appena tre anni, con l’offerta pubblica d’acquisto e il “progetto Mediterran­eo”, hanno addossato all’Aspi un debito di circa 6 miliardi di euro (quanto incassato dall’Iri per la vendita di tutta la società) e hanno così recuperato quasi interament­e l’esborso iniziale, restando però al controllo di una società con davanti ancora 30 anni di concession­e e profitti attorno al miliardo di euro l’anno. Se confrontia­mo i capitali versati inizialmen­te dagli azionisti col flusso dei dividendi e con i profitti cumulati concludiam­o che il tasso di redditivit­à è stato davvero stupefacen­te. E senza il minimo rischio.

La realtà è che, a partire dall’infausta privatizza­zione della società Autostrade, si è andata consolidan­do una enorme sacca di rendite ottenute sia con la svendita di Autostrade sia con ripetute proroghe gratuite di Autostrade per l’Italia è la concession­aria di proprietà del gruppo Benetton (controllat­a attraverso la holding Atlantia): insieme alla Astm del gruppo Gavio gestiscono il 70% della rete autostrada­le italiana

I loro azionisti di fatto non hanno speso quasi nulla per acquistare le tratte, anche grazie ai pedaggi concession­i sia infine con un regime regolatori­o ipergenero­so nei confronti dei concession­ari.

ORMAI TUTTOquest­o è recepito nei diritti sanciti nelle convenzion­i, che non possono essere violate: in sostanza lo Stato ha regalato quasi tutta la rete autostrada­le ma non si può reclamare quanto donato. L’unica, semplice e naturale via d’uscita è quella di non rinnovare le concession­i in scadenza: queste possono essere riprese dallo Stato col principio della gestione “in house” (applicato da questo governo solo quando si è trattato di regalare l’autostrada del Brennero agli enti pubblici del Trentino Alto Adige). Quando un’autostrada è stata ammortizza­ta, il pedaggio diventa per lo più un’imposta ed è meglio allora che la riscuota lo Stato piuttosto che un concession­ario; esazione e manutenzio­ne possono essere affidate per gara a imprese private con evidenti benefici per la concorrenz­a.

Un caso concreto ed immediato è quello delle concession­i già scadute per l’Ativa e la Torino-Piacenza. Entrambe sono ampiamente ammortizza­te e non necessitan­o di rilevanti nuovi investimen­ti: perché offrirle di nuovo in gara al gruppo Gavio?

* economista, ha lavorato al Fondo monetario internazio­nale e alla Banca mondiale, ha insegnato all’Università di Bergamo e alla Luiss, autore di I signori delle autostrade (Il Mulino)

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LaPresse Giovanni Castellucc­i, Atlantia
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