Fanno i capitalisti del casello coi soldi tolti allo Stato
I Benetton che ora conquistano Abertis in Spagna non hanno mai rischiato quasi nulla
Inostri concessionari, Aspi (Autostrade per l’Italia, del gruppo Atlantia) e Astm (gruppo Gavio) navigano nella liquidità ma la investono sempre meno in Italia e sempre di più all’estero. Nei primi nove mesi del 2017 Aspi ha avuto un margine operativo lordo di 1.900 milioni, ma ne ha investiti nella rete solo 340. Per contro la holding Atlantia, dopo aver acquistato quote del Tunnel sotto la Manica, sta definendo ora un grosso investimento nella spagnola Abertis.
È LEGITTIMO che investano i loro profitti come e dove meglio credano. Non dimentichiamo però qual è l’origine di questi profitti. Risalendo nella storia si riscontra che gli azionisti delle concessionarie non hanno mai versato quasi nulla se non capitali simbolici. L’autostrada del Brennero fu costituita con un capitale rapportabile a qualche milione, l’Iri finanziò tutto a debito e anche Gavio ha finanziato i pochi aumenti di capitale con i soldi stessi dei pedaggi pagati dagli automobilisti.
Gli unici che hanno pagato per la concessione, più precisamente per l’acquisto dell’Aspi dall’Iri, sono stati gli azionisti della Schemaventotto (controllata dalla famiglia Benetton) ma dopo appena tre anni, con l’offerta pubblica d’acquisto e il “progetto Mediterraneo”, hanno addossato all’Aspi un debito di circa 6 miliardi di euro (quanto incassato dall’Iri per la vendita di tutta la società) e hanno così recuperato quasi interamente l’esborso iniziale, restando però al controllo di una società con davanti ancora 30 anni di concessione e profitti attorno al miliardo di euro l’anno. Se confrontiamo i capitali versati inizialmente dagli azionisti col flusso dei dividendi e con i profitti cumulati concludiamo che il tasso di redditività è stato davvero stupefacente. E senza il minimo rischio.
La realtà è che, a partire dall’infausta privatizzazione della società Autostrade, si è andata consolidando una enorme sacca di rendite ottenute sia con la svendita di Autostrade sia con ripetute proroghe gratuite di Autostrade per l’Italia è la concessionaria di proprietà del gruppo Benetton (controllata attraverso la holding Atlantia): insieme alla Astm del gruppo Gavio gestiscono il 70% della rete autostradale italiana
I loro azionisti di fatto non hanno speso quasi nulla per acquistare le tratte, anche grazie ai pedaggi concessioni sia infine con un regime regolatorio ipergeneroso nei confronti dei concessionari.
ORMAI TUTTOquesto è recepito nei diritti sanciti nelle convenzioni, che non possono essere violate: in sostanza lo Stato ha regalato quasi tutta la rete autostradale ma non si può reclamare quanto donato. L’unica, semplice e naturale via d’uscita è quella di non rinnovare le concessioni in scadenza: queste possono essere riprese dallo Stato col principio della gestione “in house” (applicato da questo governo solo quando si è trattato di regalare l’autostrada del Brennero agli enti pubblici del Trentino Alto Adige). Quando un’autostrada è stata ammortizzata, il pedaggio diventa per lo più un’imposta ed è meglio allora che la riscuota lo Stato piuttosto che un concessionario; esazione e manutenzione possono essere affidate per gara a imprese private con evidenti benefici per la concorrenza.
Un caso concreto ed immediato è quello delle concessioni già scadute per l’Ativa e la Torino-Piacenza. Entrambe sono ampiamente ammortizzate e non necessitano di rilevanti nuovi investimenti: perché offrirle di nuovo in gara al gruppo Gavio?
* economista, ha lavorato al Fondo monetario internazionale e alla Banca mondiale, ha insegnato all’Università di Bergamo e alla Luiss, autore di I signori delle autostrade (Il Mulino)
Cos’è