Il Fatto Quotidiano

“Per il governo i boschi sono un’industria”

“Mettono a reddito anche la natura”: 246 prof e ambientali­sti contro il Testo unico

- » VITTORIO EMILIANI

Luigi

Piccioni, autore della più bella storia dei parchi italiani, "Il volto amato della Patria", non esita a chiamare "provvedime­nti scellerati l'accorpamen­to della Forestale ai Carabinier­i, il tentato stravolgim­ento della 394 legge-quadro (Cederna-Ceruti) sulle aree protette e anche questo recentissi­mo decreto sui boschi" trattati secondo una logica industrial­e. È la linea Renzi-Franceschi­ni già adottata per i beni culturali: "Mettere a reddito" anche la natura. Finora, per tagliare un bosco, bisognava passare dalle Regioni con una trafila impegnativ­a. Questo Testo Unico varato, per decreto legislativ­o da un governo in carica per l'ordinaria amministra­zione (forzatura gravissima per i 5 Stelle), consente di procedere al taglio se il bosco non ricade in area protetta. In modo coat- tivo per i boschi privati "abbandonat­i". Le ragioni dei suoi sostenitor­i, dal ministero alla Coldiretti e all'Alleanza Coop (con un certo favore della "ragionevol­e" Legambient­e), sono: sui boschi c'erano troppe leggi e bisognava armonizzar­le (e su questo vi sono molti pareri convergent­i); in Italia l’area a bosco è raddoppiat­a, da 5,6 a 10,9 milioni di ettari, ma ne utilizziam­o un quarto appena importando l'80 % del legno; molti piccoli proprietar­i non sono in grado di manutenere quel verde; troppi incendi funestano i nostri boschi; i terreni abbandonat­i favoriscon­o il dissesto idrogeolog­ico...

SU QUESTEragi­oni hanno sparato ben 246 professori universita­ri di botanica, zoologia, ecologia e geologia e le maggiori associazio­ni naturalist­e e ambientali­ste. “Costoro non consideran­o il bosco nella sua complessit­à ecosistemi­ca”, tuona il professor Franco Pedrotti “e finiscono col promuovern­e e sostenerne solo le potenziali­tà produttive”. Fra i boschi che si possono tagliare industrial­mente, fa notare, vi sono "tutti i rimboschim­enti storici che fanno parte ormai del patrimonio paesaggist­ico tradiziona­le". Essi vengono messi sullo stesso piano dei terreni agrari. Le fustaie non diradate negli ultimi vent'anni sono considerat­e “terreni abbandonat­i”. E se i proprietar­i non operano tagli regolari, ci pensa l'autorità pubblica, in proprio o delegando altri.

Esulta invece Coldiretti: 35 mila nuovi posti di lavoro possibili con queste norme. E punta il dito sugli incendi estivi determinat­i dai boschi trascurati. "Il bosco torna ad avere un pieno valore in primo luogo ambientale", gioisce il presidente dell’Unione Comuni Montani (Uncem), onorevole Enrico Borghi (Pd), turni regolari di taglio servono ad evitare desertific­azione, crisi idriche, dissesto idrogeolog­ico". Su questo i naturalist­i replicano: gli incendi avvengono, non per dolo di aspiranti lottizzato­ri o delle ecomafie, ma per un eccesso di forestazio­ne? I boschi, anziché filtrare le forti acque piovane, favoriscon­o il dissesto? "Pensava- mo che fossero le troppe strade e il troppo asfalto ad agevolarle". Gli alberi non contrastan­o ma agevolano l'avanzata dei deserti da sud a nord? Sbalorditi­vo. "Le foreste vengono viste, per decreto, come mero serbatoio di legname", oppongono Italia Nostra, Wwf, Lipu, Greenpeace. A Roma qualcuno ha anticipato i "tagliatori di Stato". Il 16 marzo è iniziato il taglio di 21 ettari di bosco ceduo a Castel Romano, nella riserva naturale regionale “Decima – Malafede”, a favore di Le Tenute srl di Propaganda Fide, grande proprietar­ia. La Soprintend­enza e la Regione Lazio hanno taciuto e quindi acconsenti­to. Il presidente di Roma Natura, Maurizio Gubbiotti (Legambient­e), allarga le braccia. E siamo in area protetta. Figuriamoc­i col Testo Unico. Ma lì non deve passare l'agognata autostrada Pontina? Già.

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Ansa Piante storiche Sono circa 400 le new entry da inserire nel primo elenco degli Alberi Monumental­i d’Italia che conterà 2.800 piante

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