“Una donna interpreta Eracle Inverto solo il gioco dei greci”
regista al Festival del Teatro di Siracusa con la tragedia di Euripide: “Anche Antigone era un uomo”
“Vorrei tante bambine sedute in platea, anche se fa un po’ film di Kubrick”. Emma Dante si augura che tra “i 6 mila posti del Teatro antico di Siracusa ci siano molte spettatrici”, ma il sogno grande è avere una “platea eterogenea”. Lei che da bambina proprio vedendo lì Antigonefu colpita dal demone del teatro. Lei che quest’anno, nella 54esima edizione del Festival della Fondazione Inda (dal 10 maggio all’8 luglio) con Eracle, sarà la prima donna a dirigervi un ’ opera. “È sempre così, qualunque cosa faccia, mi si chiede come mi sento a essere la prima donna a riuscirci”. Da bambina avrebbe mai pensato di poter essere a Siracusa da regista? Mai avrei immaginato di trovarmi a dirigere un evento così straordinario. Tra l’ altro prima di allora non ero mai stata a teatro. L’ho scoperto tardi. La mia non era una famiglia che andava a teatro. Non è una malattia culturale la mia quindi, ma un amore istintivo, primordiale. A proposito di eredità, lei non ne raccoglie da nessuna donna. È la prima a cimentarsi nella rassegna. È inquietante. Perché se dopo di me si ricomincia con il metodo maschilista di soli autori uomini, non è positivo. E il tema dell’edizione 2018 è “La scena del potere”. Esatto. E il mio Eracle è interpretato da una donna. Perché parlo attraverso il teatro. Non mi occupo di politica, ma il mio teatro è politico, ha u n’impostazione sociale. Cerco di scardinare dei concetti vecchi, di riscrivere anche una morale nuova e questa cosa della donna è un concetto a cui tengo tanto. Perché l’ha fatto? Perché Eracle è donna?
No. Non è donna Eracle. Era- cle è il personaggio che ha scritto Euripide, ma è interpretato da una donna, Perché quando i greci utilizzavano gli uomini, nessuno chiedeva loro: ‘ Perché Antigone è maschio?’. Lei non mi può rivolgere questa domanda. Ma le potrei porre la successiva.
Dica.
Dopo le polemiche per il cambio del finale della Car
men, non teme critiche per
aver sovvertito la tragedia? Questa è una domanda legittima. Ma non cambio niente. Il testo mi è stato consegnato nella traduzione di Giorgio Ieranò, devo rispettarlo per contratto. A differenza di come sono abituata, qui non ho potuto riscrivere niente, anche se sul resto mi è stata data carta bianca.
Quindi cosa ha modificato? Eracle è un uomo, ma l’attore che lo interpreta è una donna, quindi un’attrice (Maria Giulia Colace, ndr) che si sta sottoponendo a un lavoro fisico per impersonarlo. È un gioco teatrale, non c’è nessuna mutazione di genere. Mi sto prendendo la briga di invertire il gioco dei greci.
Cosa rappresenta Eracle? Più che una tragedia è un dramma psicologico, in cui il protagonista non si punisce, ma accetta il suo destino e continua a vivere. Uccide la moglie, stermina la famiglia e poi se ne va con il suo amico del cuore.
Come non sentire l’eco della cronaca...
Sì, certo. I greci hanno scritto tutto ciò che è nell’animo umano. Noi abbiamo copiato. Tutta la nostra iconografia, anche il Cristianesimo, viene da lì. Forse da alcune tragedie dovremmo imparare a ristabilire un senso di giustizia. Ad esempio Edipo, quando scopre di aver ucciso suo padre Laio, si dimette e si acceca. I politici oggi, non dico accecarsi, ma non si dimettono mai.
Come si rapporta il suo Eracle con le donne?
In Euripide non c’è il mangiatore di femmine. Ho voluto spazzare via l’immagine di Eracle con le creste iliache in avanti e il membro in evidenza e far lavorare la protagonista sulla grazia. Eracle è aggraziato, anche se molto fisico, come tutti i miei lavori.
Il coro invece è maschile? Più che altro è costituito da vecchi. Mi piaceva il contrasto con le voci delle donne.
Un colpo di scena?
Non ho ancora iniziato a provare lo spettacolo, quindi potrei anche non riuscire a metterlo in scena. Ma pensavo di far disegnare a Eracle un enorme cerbero a terra, sulla finta cava di marmo. Nel disegnarlo, lo combatte e quando avrà finito, l’avrà sconfitto. Immortalato, reso icona.
Dovremmo imparare da queste opere: Edipo ad esempio, si dimette per espiare le sue colpe I politici di oggi, invece, mai