“No all’asilo senza diritti alla difesa” Milano e Venezia, protestano i legali
In Lombardia senza udienze, in Veneto senza gli avvocati
L’udienza in primo grado non è necessaria. L’appello non è più previsto. Il ricorso in Cassazione non sempre è praticabile. Dopo il decreto Minniti, gli stranieri che ricorrono contro la Commissione Territoriale che concede la Protezione Internazionale rischiano di non avere nemmeno un grado di giudizio.
DA MILANO a Venezia le garanzie processuali riservate ai richiedenti asilo suscitano proteste: raccolte di firme, ricorsi, aspre critiche di un sottosegretario del governo. Non esistono ancora dati sugli effetti dell’applicazione del decreto Minniti, ma l’avvocato Livio Neri dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) spiega: “I comuni cittadini hanno a disposizione tre gradi di giudizio. Per gli stranieri è molto diverso”. Cosa succede? “Oggi – prosegue Neri – l’appello contro la Commissione Territoriale non è più previsto. E il ricorso in Cassazione è possibile solo per motivi di diritto. Non solo: un decreto del Tribunale di Milano ha stabilito che l’u- dienza di primo grado non è sempre necessaria. Ma la Convenzione di Strasburgo prevede un’udienza pubblica”. Da tre gradi di giudizio, sostengono legali e giuristi, in alcuni casi si passa a zero.
I giudici milanesi nei giorni scorsi hanno respinto il ricorso di un migrante contro la decisione della Commissione Territoriale. La legge oggi stabilisce che il giudice per decidere abbia a disposizione una videoregistrazione della seduta. Ma in Italia non ne esistono. Il Tribunale di Milano però stabilisce: non esiste “alcun automatismo tra mancanza di videoregistrazione e necessità indefettibile di fissazione di udienza e tantomeno di rinnovo dell’audizione”. In pratica, il ricorso – se il giudice ritiene che non esistano nuovi elementi di fatto – si può de- cidere senza udienza e senza riascoltare il migrante.
A VENEZIA il presidente del Tribunale, Manuela Farini, e il presidente dell’Ordine degli Avvocati, Paolo Maria Chersevani, hanno firmato un protocollo per la “Sezione Immigrazione”. Come ha raccontato Il Manifesto, al punto 5 si legge: “I difensori, ove siano a conoscenza di malattie infettive del ricorrente (ad esempio tbc), sono tenuti a comunicare la circostanza al Giudice e a richiedere al ricorrente la produzione di certificazione medica che attesti l’assenza di pericolo di contagio”. Il punto 6 stabilisce che “l’audizione del ricorrente verrà condotta dal Giudice senza l’intervento del difensore”. Fino al punto 5: “Un ritardo superiore ai dieci minuti” dell’avvocato e del ri- corrente “comporterà la corrispondente contrazione dei tempi dell’audizione”. Si prevedono poi compensi ridotti per i difensori che operano con il gratuito patrocinio. Insomma, un trattamento diverso rispetto ai ‘normali’ ricorrenti. Intervengono i Giuristi Democratici che parlano di “diritto alla difesa violato”. Ma anche il sottosegretario alla Giustizia, Gennaro Migliore: “Il protocollo viola il principio cardine di ogni sistema garantista: il diritto di difesa con l’avvocato”.