Senato: B. non riesce a trovare uno di Forza Italia incensurato
FI propone un presidente condannato per peculato. No di M5S e Lega
■ Anche Salvini si sgancia e chiede un nome condiviso Oggi si riuniscono di nuovo i gruppi parlamentari
Resuscita Paolo Romani, maggiordomo azzurro del Biscione condannato per un peculato da assessore monzese. E resuscita pure il “principio”, per dirla con un’ottimista Giorgia Meloni, della coalizione di centrodestra. Dopo giorni e giorni di “dialogo” tra Lega e Cinquestelle, i titoli vanno aggiornati con la sostituzione del fatidico centrodestra al posto della sola Lega salviniana.
Palazzo Grazioli è assediata dai cronisti, come ai vecchi tempi. Il padrone di casa mette a tavola i commensali della ritrovata alleanza: Berlusconi, Ghedini e Ronzulli per Forza Italia; Meloni e La Russa per Fratelli d’Italia; Salvini e Giorgetti per la Lega.
UN PRANZO veloce rispetto alle attese. Dopo nemmeno due ore è tutto finito. Di Matteo Salvini, raccontano, colpisce l’eccessiva sicurezza da leader. Il capo del Carroccio si sente già premier pre-incaricato al primo giro di consultazioni. E dall’alto di questa sua sicurezza sancisce la svolta delle ultime 48 ore: il Carroccio rinuncia a correre per la presidenza di una delle due Camere e cede il passo a Forza Italia, che già reclamava la poltrona da settimane. Non a caso la prima scelta di Silvio Berlusconi è Paolo Romani, capogruppo uscente azzurro a Palazzo Madama. In palio c’è il Senato, appunto.
La decisione è arrivata in un cosiddetto pre-vertice berlusconiano, prima del pranzo, alla presenza anche di Gianni Letta, il Gran Visir del berlusconismo aziendale e governista. Il nome di Romani, in teoria, è bene specificarlo, dovrebbe tracciare il solco dell’accordo ( istituzionale) con i grillini per le presidenze delle Camere. Ma Romani, per il M5s, è cosa notissima, è “invotabile”.
Forse anche per questo la rosa che oggi sarà offerta a tutti gli interlocutori chiamati a discutere dal centrodestra (il Pd ha già detto no) comprende altri due candidati. Due donne. La prima è l’ex ministro Anna Maria Bernini, indicata dallo stesso Berlusconi. La seconda è Elisabetta Alberti Casellati, sponsorizzata da Niccolò Ghedini con l’assenso del suo “avversario” Gianni Letta. Casellati è stata sottosegretaria alla Giustizia, con Alfano ministro, in un momento to- pico del berlusconismo a luci rosse: la ratifica parlamentare di Ruby nipote di Mubarak.
LE VOTAZIONI che si apriranno domani al Senato, alle dieci e trenta, tratteggiano dunque scenari incerti e complicati. Per ora c’è una sola certezza: Salvini, in nome del “dialogo” con i Cinquestelle, ha riequilibrato il centrodestra: lui incassa dagli alleati l’indicazione al capo dello Stato di essere il premier e anche la candidatura di Massimiliano Fedriga alla presidenza del Friuli Venezia Giulia; Forza Italia si prende il Senato. Il resto è affidato alla dinamica degli incontri delle prossime ore. PRIMA IPOTESI: Forza Italia non rinuncia a Romani, nonostante il veto pentastellato. Dice un senatore azzurro: “Paolo vuole andare sino in fondo, il suo nome verrà votato da mezzo Pd”. È la tesi di quanti soffrono dentro Forza Italia la presunta conversione grillina del Capo. Per loro la via principale resta la ricerca del dialogo con il Pd, con o senza Renzi, al punto da paventare un ribaltamento totale del tavolo: “Ci prendiamo Romani e poi facciamo saltare tutto, così alla Camera passa Giorgetti coi voti del Pd”. C’è persino chi azzarda che alla fine, in un modo o nell’altro, i mal di pancia grillini avranno una forma di silenzio-assen- so. In ogni caso decisivo sarà il comportamento di Salvini, che ieri subito dopo i no del M5s a Romani ha ribadito che servono “nomi condivisi”. È il preludio al sacrificio di Romani? Il dubbio conduce alla seconda ipotesi.
BRUCIATO Romani, come preannuncia un altro senatore informato - “Siamo sicuri che Berlusconi voglia lui? Io non credo, purtroppo” - è l’ex ministra Bernini che ha le quotazioni più alte presso i grillini. La mossa di Berlusconi avrebbe una doppia valenza. Da un lato salverebbe il risorto “principio” di coalizione del centrodestra. Dall’altro confermerebbe la sua clamorosa apertura ai Cinquestelle. Dalla prospettiva berlusconiana non si escluderebbe nulla per il dopo, quando cominceranno le consultazioni. È il pragmatismo familiar-aziendale dell’O tt u a ge n a ri o condannato: un patto con il diavolo a cinque stelle sarebbe meglio dell’incubo del voto anticipato, con un’ulteriore avanzata del M5s e il terrore per quello che potrebbe succedere in materia di conflitto d’interessi. La “roba” è sempre la stella cometa in casa berlusconiana. E chissà se oggi Berlusconi riuscirà a incontrare Di Maio.
Lo scambio
Il leader della Lega ha ottenuto per il “suo” Fedriga la candidatura alla Regione Friuli