“Niente trabocchetti, i due presidenti bisogna sceglierli senza fare scherzi”
L’ex ministro diccì e le manovre di inizio legislatura
“Se
si inizia con i veti incrociati non è un bell’inizio di legislatura. I presidenti delle Camere andrebbero eletti con il maggior consenso possibile…”. Paolo Cirino Pomicino, più volte ministro democristiano nella Prima Repubblica nonché esponente di punta della corrente andreottiana, segue con attenzione e con qualche perplessità i movimenti delle forze politiche in vista, domani, della prima seduta del Parlamento. Onorevole Pomicino, ha visto? Il candidato del centrodestra per Palazzo Madama al momento è il forzista Paolo Romani, ma il M5S non lo voterà.
Porre veti personali sui can- didati è sbagliato, perché ogni singolo parlamentare ha diritto a candidarsi per lo scranno più alto di Montecitorio o Palazzo Madama. Detto que- sto, arrivare all’elezione dei due presidenti con astensioni incrociate, uscite dall’Aula o espedienti vari non sarebbe un bello spettacolo. I presidenti dovrebbero unire intorno a sé il maggior numero di consensi possibile. A causa del risultato elettorale, senza un vero vincitore, questa è di per sé una legislatura complicata. Almeno si parta senza scossoni.
Lo schema che prevede Camera al M5S e Senato a Forza Italia la convince?
Sì, perché il movimento di Beppe Grillo è il primo partito italiano, mentre il centrodestra è la coalizione che ha ot- tenuto più voti. Proprio perché i presidenti di Camera e Senato sono figure di garanzia istituzionale, la spartizione è corretta. Ed è anche giusto che - dato che Salvini è il capo della coalizione di centrodestra - Palazzo Madama spetti a Forza Italia. Lo schema per le Camere non è particolarmente complicato.
Sì, ma è uno schema che rischia di saltare. C’è modo di blindarlo?
Premesso che è una situazione anomala, perché le forze uscite vittoriose dalle urne non sono in grado di esprimere una maggioranza, il mio consiglio è quello di giocare alla lu- ce del sole, senza troppe tattiche parlamentari o, peggio, trabocchetti d’aula. Non ci si appresta a votare qualche emendamento alla finanziaria, ma ad eleggere la seconda e la terza carica dello Stato. Non fate scherzi, siate leali. Ripeto: due presidenti eletti con astensioni o assenze sarebbe un pessimo inizio.
Nella Prima Repubblica non accadeva.
Ai miei tempi era consuetudine dare una Camera alla maggioranza e l’altra all’opposizione. Così abbiamo eletto, per esempio, Pietro Ingrao e, in seguito, Nilde Iotti a Montecitorio. Purtroppo questa
Arrivare all’elezione con astensioni incrociate, uscite dall’aula o espedienti vari non sarebbe un bello spettacolo
consuetudine si è persa negli ultimi anni, dove chi vince prende tutto. Oggi tutto si complica perché non c’è una vera maggioranza, quindi nemmeno un’opposizione.
Dopo l’elezione dei presidenti cosa accadrà?
Io non credo che un accordo tra centrodestra e M5S sui presidenti sia il primo passo per un’intesa anche sul governo. Parlamento e Palazzo Chigi sono due partite differenti.
Al momento, però, l’unico dialogo in corso è tra Lega, FI e M5S.
Sì, ma un’intesa di governo Lega-5Stelle farebbe saltare il centrodestra. Mentre vedo assai arduo un coinvolgimen- to di Berlusconi da parte dei grillini. Confido nella saggezza del presidente Sergio Mattarella e nel senso di responsabilità delle forze politiche. Vedo però qualche segnale positivo…
Quale?
Il fatto che i partiti abbiano abbandonato i toni della campagna elettorale e inizino a parlarsi. Credo però che un futuro governo passi per la scomposizione e la ricomposizione dell’attuale quadro.
Ovvero?
O un governo del presidente, dal profilo istituzionale, senza esponenti diretti dei partiti oppure un esecutivo politico con dentro tutti. Per ottemperare agli impegni con l’Ue, rifare la legge elettorale e tornare a votare tra un anno, magari in contemporanea alle elezioni europee.
Chi è È stato una delle colonne della Democrazia cristiana per buona parte della Prima Repubblica: più volte ministro (nei governi De Mita e Andreotti) e presidente della commissione Bilancio (anni ‘83-87) Un’intesa sui nomi non sarebbe il primo passo per il governo: Parlamento e Palazzo Chigi sono due partite differenti