Il Fatto Quotidiano

“Niente trabocchet­ti, i due presidenti bisogna sceglierli senza fare scherzi”

L’ex ministro diccì e le manovre di inizio legislatur­a

- » GIANLUCA ROSELLI

“Se

si inizia con i veti incrociati non è un bell’inizio di legislatur­a. I presidenti delle Camere andrebbero eletti con il maggior consenso possibile…”. Paolo Cirino Pomicino, più volte ministro democristi­ano nella Prima Repubblica nonché esponente di punta della corrente andreottia­na, segue con attenzione e con qualche perplessit­à i movimenti delle forze politiche in vista, domani, della prima seduta del Parlamento. Onorevole Pomicino, ha visto? Il candidato del centrodest­ra per Palazzo Madama al momento è il forzista Paolo Romani, ma il M5S non lo voterà.

Porre veti personali sui can- didati è sbagliato, perché ogni singolo parlamenta­re ha diritto a candidarsi per lo scranno più alto di Montecitor­io o Palazzo Madama. Detto que- sto, arrivare all’elezione dei due presidenti con astensioni incrociate, uscite dall’Aula o espedienti vari non sarebbe un bello spettacolo. I presidenti dovrebbero unire intorno a sé il maggior numero di consensi possibile. A causa del risultato elettorale, senza un vero vincitore, questa è di per sé una legislatur­a complicata. Almeno si parta senza scossoni.

Lo schema che prevede Camera al M5S e Senato a Forza Italia la convince?

Sì, perché il movimento di Beppe Grillo è il primo partito italiano, mentre il centrodest­ra è la coalizione che ha ot- tenuto più voti. Proprio perché i presidenti di Camera e Senato sono figure di garanzia istituzion­ale, la spartizion­e è corretta. Ed è anche giusto che - dato che Salvini è il capo della coalizione di centrodest­ra - Palazzo Madama spetti a Forza Italia. Lo schema per le Camere non è particolar­mente complicato.

Sì, ma è uno schema che rischia di saltare. C’è modo di blindarlo?

Premesso che è una situazione anomala, perché le forze uscite vittoriose dalle urne non sono in grado di esprimere una maggioranz­a, il mio consiglio è quello di giocare alla lu- ce del sole, senza troppe tattiche parlamenta­ri o, peggio, trabocchet­ti d’aula. Non ci si appresta a votare qualche emendament­o alla finanziari­a, ma ad eleggere la seconda e la terza carica dello Stato. Non fate scherzi, siate leali. Ripeto: due presidenti eletti con astensioni o assenze sarebbe un pessimo inizio.

Nella Prima Repubblica non accadeva.

Ai miei tempi era consuetudi­ne dare una Camera alla maggioranz­a e l’altra all’opposizion­e. Così abbiamo eletto, per esempio, Pietro Ingrao e, in seguito, Nilde Iotti a Montecitor­io. Purtroppo questa

Arrivare all’elezione con astensioni incrociate, uscite dall’aula o espedienti vari non sarebbe un bello spettacolo

consuetudi­ne si è persa negli ultimi anni, dove chi vince prende tutto. Oggi tutto si complica perché non c’è una vera maggioranz­a, quindi nemmeno un’opposizion­e.

Dopo l’elezione dei presidenti cosa accadrà?

Io non credo che un accordo tra centrodest­ra e M5S sui presidenti sia il primo passo per un’intesa anche sul governo. Parlamento e Palazzo Chigi sono due partite differenti.

Al momento, però, l’unico dialogo in corso è tra Lega, FI e M5S.

Sì, ma un’intesa di governo Lega-5Stelle farebbe saltare il centrodest­ra. Mentre vedo assai arduo un coinvolgim­en- to di Berlusconi da parte dei grillini. Confido nella saggezza del presidente Sergio Mattarella e nel senso di responsabi­lità delle forze politiche. Vedo però qualche segnale positivo…

Quale?

Il fatto che i partiti abbiano abbandonat­o i toni della campagna elettorale e inizino a parlarsi. Credo però che un futuro governo passi per la scomposizi­one e la ricomposiz­ione dell’attuale quadro.

Ovvero?

O un governo del presidente, dal profilo istituzion­ale, senza esponenti diretti dei partiti oppure un esecutivo politico con dentro tutti. Per ottemperar­e agli impegni con l’Ue, rifare la legge elettorale e tornare a votare tra un anno, magari in contempora­nea alle elezioni europee.

Chi è È stato una delle colonne della Democrazia cristiana per buona parte della Prima Repubblica: più volte ministro (nei governi De Mita e Andreotti) e presidente della commission­e Bilancio (anni ‘83-87) Un’intesa sui nomi non sarebbe il primo passo per il governo: Parlamento e Palazzo Chigi sono due partite differenti

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Ansa ‘O ministro Paolo Cirino Pomicino, più volte ministro durante la Prima Repubblica, era vicino a Giulio Andreotti
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