Segreti e affari, arrestato Ali Nejad il banchiere su cui indagava Daphne
STAVOLTA NON GLI È SERVITO il passaporto del paradiso fiscale di St.Kitts e Nevis, per eludere le origini iraniane e sviare i sospetti dalle sue trame e affari borderline : l’enigmatico banchiere Ali Sadr Hashemi Nejad, 38 anni, presidente della Pilatus Bank di Malta al centro delle inchieste di Daphne Caruana Galizia, uccisa in un attentato il 16 ottobre scorso proprio per aver svelato la corruzione politico-affaristica maltese, è stato arrestato ieri a Dulles, in Virginia. Le autorità americane lo hanno accusato d’aver aggirato le sanzioni Usa nei confronti dell’Iran, violando l’embargo, facendo transitare attraverso il sistema finanziario Usa oltre 115 milioni di dollari grazie ad un contratto di costruzioni in Venezuela. Merito dell’Fbi e soprattutto dello U.S. Treasury Department for Terrorism and financial intelligencediretto da David S.Cohen (ex vicedirettore della Cia, esperto degli schemi finanziari russi di riciclaggio): hanno incastrato Nejad per arrivare a smascherare la sua rete offshore . Il banchiere, infatti, era diventato il fiduciario di clienti “politicamente esposti”, a cominciare dalla famiglia di Ilham Aliyev, il presidente-padrone dell’Azerbaijan. Ma non soltanto. Dietro la Pilatus Bank, secondo gli inquirenti americani, ci sarebbero state frequenti triangolazioni finanziarie illecite che avrebbero coinvolto l’ex presidente Hugo Chavez (flussi di dollari verso manager iraniani). Per la giornalista Caruana Galizia, la banca di Nejad era una sorta di hub finanziario per riciclare i capitali in nero e per gestire affari opachi. Nel suo blog Running Commentary, infatti, Daphne aveva rivelato che dall’Azerbaijan i soldi venivano dirottati anche in società-ombra come la Engrand che, per la Galizia, era riconducibile alla famiglia del premier maltese: circostanza che i Muscat hanno sempre negato. Lo scandalo aveva provocato elezioni anticipate (giugno 2017) ma Muscat aveva vinto. Caruana era riuscita a seguire le tracce dei fondi che arrivavano per Pilatus, dopo essere partiti dall’Azerbaijan e transitati per Dubai. Perchè Malta? Vige una bassa tassazione e una forte tutela dell’anonimato, perché la corruzione è estesa, perché in un’isola di soli 430 mila abitanti ci sono 53.247 società e 581 fondi d’investimento e da lì vengono pompati capitali nel resto dell’Ue, tendenza in crescita grazie a Brexit: “Mia madre si frapponeva tra lo stato di diritto e coloro che cercavano di violarlo”, ha detto suo figlio Matthew.
Cinque mesi fa, la commissione d’indagine dell’Europarlamento sullo scandalo Panama Papers (Galizia faceva parte del consorzio Icij, il pool dei giornalisti investigativi), confermò che “alcuni Paesi ostacolano la lotta al riciclaggio di denaro sporco e all’evasione e elusione delle tasse”. La banca Pilatus - undicesima nel ranking dell’isola - si è insediata a Malta nel 2014. Formalmente Nejad, residente Usa e domiciliato a Dubai, ne è presidente e anche il maggior azionista (tramite la Alpene ltd. di Hong Kong). Ma è davvero lui il proprietario? Tante ombre (i traffici con il Venezuela, in barba all’embargo) e poche luci (gli affari sono cresciuti in modo esponenziale, Nejad ha aperto un ufficio a Londra) sono ora all’esame della Procura di New York. Il procuratore Geoffrey Berman, ha detto che il banchiere aveva “creato una rete di aziende di copertura e di conti bancari per mascherare attività imprenditoriali iraniane in Venezuela ed evadere così le sanzioni Usa”. Pilatus aveva querelato Caruana Galizia per falso e diffamazione. Nel frattempo, in Grecia, Maria Efimova, russa - già consulente di Pilatus - che aveva lavorato tre mesi nel 2016 come impiegata, ha chiesto protezione alla polizia perché teme per la sua vita. Sarebbe stata lei la “gola profonda” di Daphne.