Il Fatto Quotidiano

Babbo Tiziano grida al complotto dei pm, Matteo gli dà ragione

Il padre dell’ex premier non si presenta dai magistrati di Firenze. Una nota anticipa la linea difensiva: non risponderà neanche su Consip. E il figlio gli dà ragione

- » MARCO LILLO E VALERIA PACELLI

La domanda era semplice: “Caro Tiziano Renzi, ci spiega perché le società di famiglia hanno fatturato nel giugno 2015, dopo che suo figlio era diventato premier da un anno e mezzo, 195 mila euro alle società di Luigi Dagostino, il re degli outlet?”. Anche la ragione della domanda dei pm era semplice: “L’oggetto della fattura più grande, quella da 140 mila più Iva, ci pare un poco vago. Che sono questi studi sulla ‘struttura ricettiva food e relativi incoming asiatici’?”.

Il padre di Renzi non ha risposto, come era suo diritto. Quindi per sapere perché quei soldi sono andati alla società Eventi 6 (amministra­ta dalla moglie Laura Bovoli, indagata anche lei per false fatture con Tiziano e Dagostino) e di proprietà della stessa moglie con le due figlie di Tiziano, bisognerà chiedere a Dagostino. Legittimam­ente il padre dell’ex premier ha scelto di non rispondere. Quello che è meno normale è la nota stampa. Un vero e proprio atto di sfida a tutti i pm. Compresi quelli di Roma che lo aspettavan­o per chiarire i dubbi sul caso Consip. Un atto di sfiducia che Matteo non scarica, ma sembra condivider­e.

“OGGI MIO PADRE ha deciso di scrivere una nota nella quale, urlando la sua innocenza, ma confessand­o la sua stanchezza, chiede di essere processato subito in tutti i procedimen­ti che lo riguardano. Processato in tribunale, non sui giornali. La sua tesi è: prima si fa il processo, prima viene fuori la verità”. Così scrive Matteo Renzi nella sua Enews.

Poi prosegue: “Da quattro anni le persone a me vicine sono state oggetto di indagini di vario genere, di vario tipo. Molti di voi hanno seguito le vicende che hanno riguardato mio padre anche perché fortunatam­ente non sono molti i casi in cui pubblici ufficiali si rendono protagonis­ti di una operazione sistematic­a di falsificaz­ione delle prove”.

E così dopo che gli interrogat­ori sono stati rinviati, con una scelta di “giustizia a orologeria al contrario” dopo le elezioni, i pm sono stati ripagati con questa moneta.

MA TORNIAMOal­la nota diramata dall’avvocato di Tiziano Renzi, Federico Bagattini, che di fatto anticipa anche ciò che avverrà a Roma, dove (dopo esser stato interrogat­o il 3 marzo 2017) il padre dell’ex premier deve tornare perché accusato di traffico di influenza. La nota ricalca all’inizio la tesi sostenuta da mesi dal figlio Matteo: “Dopo anni di onorata carriera – è scritto nella nota – senza alcun procedimen­to penale (...), mi sono trovato improvvisa­mente sotto indagine in più procure d’Italia per svariati motivi. (...) Dal 2014 la nostra vita è stata totalmente rivoluzion­ata: da cittadino modello a pluri-indagato cui dedicare pagine e pagine sui giornali”. Il problema è quindi il cognome, non le sue leggerezze: “Non ho mai commesso il reato di traffico di influenze per il quale sono stato messo sotto indagine a Napoli prima e a Roma poi; non ho mai fatto fatture false come si ipotizza a Firenze. (...) Ma dopo 4 anni di processi sui giornali con uno stillicidi­o di anticipazi­oni, notizie, scoop senza che mai ci sia un solo responsabi­le per le clamorose e continue fughe di notizie, adesso dico basta. (...) Si facciano (i processi, ndr) nelle aule di tribunale, non sui giornali”. E così “ho deciso che in tutti i procedimen­ti in cui sono coinvolto mi avvarrò della facoltà di non rispondere. (...) Ancora oggi dovevo essere interrogat­o a Firenze e ore prima dell’appuntamen­to con i pm le redazioni dei giornali erano già state allertate”. Il problema è quindi la stampa. E poi ci sono i magistrati. “Sono un cittadino italiano stupito da ciò che è avvenuto nei procedimen­ti giudiziari che mi riguardano – scrive – a cominciare dalla evidente falsificaz­ione di presunte prove nei miei confronti, falsificaz­ione così enorme da suonare paradossal­e”. Tiziano Renzi impugna alla grande l’alibi che gli è stato offerto dal presunto falsificat­ore, il maggiore Scafarto.

LA PROCURA di Roma ha dedicato una mezza dozzina di interrogat­ori al carabinier­e presunto falsificat­ore e uno solo al Babbo presunto traffichin­o. Ma lui confonde il Noe che – secondo l’accusa – avrebbe taroccato le carte per incastrarl­o e poi avrebbe diffuso la notizia per diffamarlo, con i pm che quell’ufficiale hanno messo sotto inchiesta. Eppure nell’indagine Consip ci sono altri elementi. Come le conversazi­oni del suo amico Carlo Russo che chiedeva soldi – secondo i pm – anche per lui. Non ci sono passaggi di denaro e i magistrati stanno cercando di verificare se Russo abbia millantato, anche con un interrogat­orio, come quello del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, sentito ieri a Roma per confermare quanto già detto nel libro ‘Di padre in figlio’ dieci mesi fa, cioé che Russo ha millantato il suo nome. “Chiedo – continua la nota – che si celebrino i processi (...). Passerò i prossimi anni nei tribunali per difendermi da accuse insussiste­nti e per chiedere i danni a chi mi ha diffamato. Ma almeno potrò dire ai miei nipoti che la giustizia si esercita nelle aule dei tribunali e non nelle fughe di notizie e nei processi mediatici”.

Mai più scoop Colpa dello “stillicidi­o di notizie”: “I processi si facciano in tribunale Mai commessi reati”

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Ansa A Rignano Tiziano Renzi, padre dell’ex sindaco, ex premier ed ex segretario del Pd Matteo

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