Capricci, rincorse e paure M5S lancia l’amo ai dem
Di Maio non vuole photo-op col Caimano e ora offre 2 vicepresidenze a Martina
La trattativa Salta l’assemblea degli eletti e c’è “l’incognita Fico”: non vuole essere impallinato in aula
La foto seduto a un tavolo con Silvio Berlusconi, Luigi Di Maio, non ha voluto che finisse negli archivi dei giornali. Fa “i capricci”, dicono dell’ex Cavaliere. Si vuole togliere lo sfizio di farsi immortalare a fianco del capo politico del Movimento, per dimostrare che anche i Cinque Stelle adesso gli devono ridare quella dignità che pensavano di aver tolto al condannato il giorno della decadenza, a novembre di 5 anni fa.
IL GIORNO delle riunioni saltate, finisce invece con il primo tavolo congiunto dall’inizio delle trattative. E con la prima vera offerta dei Cinque Stelle al Pd: due vicepresidenze, quelle che ieri sera Danilo Toninelli ha sventolato davanti ai capigruppo democratici per provare a uscire dall’angolo in cui è finito il M5S. La risposta (ancora) non c’è stata. E la trattativa resta aperta anche con il centrodestra. Il problema è Forza Italia, che si è impuntata e vuole che il Movimento chini il capo davanti all’ex presidente del Consiglio. Condizione irricevibile, che nemmeno le telefonate di Matteo Salvini a Luigi Di Maio (“lo sento più della mia mamma”, ha detto) sono riuscite ad ammorbidire: “Siamo disposti ad incontrare solo lui, che per gli elettori è il leader del centrodestra”.
È stato il giorno delle riunioni saltate perché prima i Cinque Stelle hanno deciso di annullare l’assemblea degli eletti, convocata per ieri all’ora di pranzo. Volevano prima capire che intenzioni avesse il centrodestra, che li aveva invitati a discutere insieme agli altri partiti. Poi, quando hanno capito che l’obiettivo di Berlusconi era solo quello di se- dersi allo stesso tavolo del leader grillino, hanno declinato l’invito. Di Maio ha ottenuto di vedere solo i capigruppo, che ieri sera alle 8 si sono presentati nella Sala Tatarella, al piano degli uffici del Movimento alla Camera. Un altro capriccio, stavolta soddisfatto.
EPPURE, ieri, è stato soprattutto il giorno delle delusioni. La prima è quella di Roberto Fico. La sua candidatura alla presidenza della Camera pareva certa: Luigi Di Maio l’aveva pubblicamente benedetto davanti agli eletti, due giorni fa. Ieri mattina però gli è toccato ammettere che avevano fatto male i calcoli: così, lo stesso Fico ha fatto presente che non aveva nessuna voglia di farsi impallinare, visto che a Montecitorio fu già candidato di bandiera nel 2013. Oggi bisognerà capire se i Cinque Stelle proporranno già alla prima votazione un nome loro: se saltasse Fico, c’è la carta di Riccardo Fraccaro. Ieri, per qualche ora, c’è anche chi ha pensato di cambiare schema: visto che l’elezione alla Camera è più rischiosa, si è riflettuto, potremmo giocarci il Senato. Impresa spericolata, con il centrodestra che ha scelto Romani, un nome non sgradito nemmeno al Pd. Ma nel M5S spiegano che non è stata mai un’ipotesi presa sul serio: piuttosto, dicono, il tentativo di senatori e senatrici di farsi avanti, per pura ambizione personale. La stessa che ha spinto Carlo Sibilia, ieri, a trattare da solo con i leghisti. Luigi Di Maio è furibondo con lui.
Il leader del centrodestra è Salvini, siamo disposti a parlare con lui
LUIGI DI MAIO