Cinque stelle Lo stipendio è dimezzato, ma le imposte le pagano per intero
Esprimo la mia piena solidarietà al magistrato Enrico Zucca, per la sua coraggiosa denuncia degli scandalosi avanzamenti di carriera dei rappresentanti delle forze dell'ordine, responsabili accertati di violenti comportamenti – dichiarati vere e proprie torture dalla Corte di Strasburgo – inflitti a cittadini inermi in occasione dei fatti del G8, nel 2001 a Genova. Il giudice Zucca ha espresso un giudizio informato e argomentato, che trova riscontro in fatti obiettivi, ovvero le immotivate promozioni accordate ai condannati, non appena rientrati nei ranghi della Polizia dopo la sospensione dovuta al periodo di pena. Le “torture di Genova” restano una macchia indelebile per chi le ha compiute e per coloro che le hanno successivamente coperte con disonorevole corporativismo, in spregio alla Costituzione. Che sul tema è molto chiara: “È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà” (art. 13, 4 comma). Pertanto, chiediamo che il giudice Zucca sia non solo esentato da ogni procedimento disciplinare, ma sia riconosciuto magistrato integerrimo e servitore leale dello Stato di Diritto. Nel contempo, come cittadini, gli riconosciamo di essersi comportato con disciplina e onore. E lo sosteniamo per avere con le sue parole onorato la parte sana delle Forze dell’Ordine, con verità e la giustizia.
Il senso della politica sta tutto nelle massime di Montanelli
“La politica” diceva Montanelli “è come la trippa, la si allarga sempre dalla parte che ci serve”. Ma se ormai da decenni la scienza ci ha mostrato anche la particella di “Dio” e l’origine dell’universo, la politica non riesce neppure a trovare un quadro sinottico degli elementi comuni da monitorare qualunque parte abbia il potere. Certo è che se uno si serve della maggioranza per governare avuta in un modo o in un altro ma poi fa come diceva Montanelli, senza rispettare le regole SONO UNA VOSTRA LETTRICE e vi scrivo in merito all’articolo a firma di Luciano Cerasa apparso sul Fatto di sabato 17 marzo 2018. Mi riferisco in particolare all’affermazione dell’autore che, commentando i redditi percepiti dai pentastellati, sostiene che Di Maio e Di Battista sui quei redditi “hanno dovuto però pagarci anche le imposte”, a differenza dei loro colleghi parlamentari sospesi o espulsi per la questione “rimborsopoli”. Mache significa? Tutti i parlamentari hanno versato le imposte semplicemente perché è lo stesso Parlamento che applica le ritenute alla fonte alla corresponsione del reddito. Basta confrontare le Certificazioni di Di Maio e della Sarti per accorgersi che l’ammontare delle imposte trattenute è identico. Se invece il riferimento era ai rimborsi spese, il confronto non regge perché questi ultimi sono notoriamente esentasse. GENTILE CATERINA, come lei stessa osserva più avanti nella lettera inviataci e che abbiamo dovuto sintetizzare per ragioni di spazio, “si dimezzano lo stipendio, ma pagano le tasse sull’intero reddito percepito dalle Camere (il famoso “98471”), ma non solo. Omettono di dirci che sullo stesso importo sono calcolati i contributi e l’indennità di fine mandato. Questo significa che sia la pensione sia l’indennità di fine mandato (chissà se Di Battista ha restituito anche la metà di quella) la riceveranno parametrata a un reddito di 10.000 e non di 5.000” ed è esattamente quello che ho rilevato nel mio articolo. È chiaro che rispetto a tutti gli altri colleghi fondamentali di base condivise come parametro di misura, da cui si parte allora la politica resterà come fin ora è stata solo un caos non al servizio del popolo sovrano ma al servizio dei giochi di potere. Un quadro sinottico su cui basarsi sapendo che a seconda delle scelte delle parti responsabili di governo questo quadro potrà variare ma entro i limiti predefiniti e condivisi prima. Perlomeno anche il popolo sovrano, dato questo sistema di controllo comune a tutti, potrà verificare i cambiamenti e gli effetti di una guida o di un’altra. Oggi ancora nonostante i progressi scientifici e tecnologici di cui disponiamo an- che non versano nel Fondo per la Microimpresa (o come dicono i Cinque Stelle non “restituiscono” quanto loro corrisposto) e che impiegano la retribuzione parlamentare ricevuta a uso privato o come meglio credono, la penalizzazione cui si sottopongono volontariamente i parlamentari per mettersi in regola con lo Statuto M5S è tripla: stipendio dimezzato, più tasse e contributi da pagare in proporzione (circa 35 mila euro di trattenute). che per fare simulazioni su cose impensabili fino qualche anno fa, politicamente non ne vogliamo tenere conto si fa come ai tempi di Demostene nell’Atene di 2500 anni fa perchè anche la politica per dare maggiore chiarezza ai popoli non si serve di questi mezzi?
Consultazioni: Mattarella temporeggia sul da farsi
A meno che da vecchio abbia perso la memoria del passato, non ricordo che i presidenti della Repubblica abbiano ritardato le consultazioni, quasi aspettando il girare a vuoto– alla ricerca di una maggioranza da parte delle forze politiche vincitrici. So bene che gli esperti del Quirinale diranno che Mattarella aspetta l’elezione dei presidenti della Camera e del Senato, che è avulsa dalla ricerca del governo (il che è tutto da vedere). Ma, mi chiedo, c’è un impedimento tecnico-costituzionale per iniziare le consultazioni al più presto per guadagnare tempo?
Insomma, posso sbagliarmi, ma sembra che Mattarella indugi, come il famoso condottiero romano Fabio Massimo, per scendere in campo quando i contendenti saranno stremati. Da quando sono comparsi sulla scena politica i 5Stelle, sento dire che si tratta di un Movimento “a ntisistema”, con la evidente frenesia di volerlo dipingere come eversivo e quindi pericoloso per le istituzioni democratiche, sperando così di dissuadere chi avesse voglia di votarlo per via del famigerato “salto nel buio”. In realtà ( e i cittadini lo hanno percepito con sempre maggiore chiarezza, man mano che aumentava la potenza della macchina del fango scatenata contro di loro) i grillini erano semplicemente nuovi e con l’i ntenzione di entrare nelle istituzioni seguendo le regole democratiche e la legalità ( non a caso si sono schierati a difesa della Costituzione più volte oggetto dell’a s sa lt o “riformatore” o meglio “d e f o r m atore” dei partiti tradizionali), con rigore e intransigenza. Non dimentichiamo che la lotta alla corruzione e ai privilegi della Casta è stata al centro della loro affermazione. Proprio questo rigore e questa intransigenza metteva paura agli esponenti politici e li faceva gridare al “pericolo” per la democrazia, in realtà, per la loro posizione di predominio.