Il Fatto Quotidiano

L’EUROPA SI RASSEGNI: AI RUSSI PUTIN PIACE

- » GIAN PAOLO CASELLI

Come da facile previsione Vladimir Putin ha vinto di gran lunga le elezioni russe del 18 marzo, giorno in cui quattro anni fa la Crimea è ritornata russa. Al di là della grande vittoria del presidente Putin e l’avanzata oltre le previsioni del partito comunista del nuovo segretario Pavel Grudinin, è necessario chiedersi quali saranno le conseguenz­e per la Russia e le relazioni internazio­nali di una così notevole espression­e di gradimento per la classe dirigente guidata da Putin.

QUESTE ELEZIONI testimonia­no, al di là di tutte le critiche all’amministra­zione Putin, un vasto appoggio popolare che riconosce notevoli meriti al rieletto presidente. Il primo merito è quello di aver migliorato il tenore di vita dei cittadini russi ponendo fine a quello stato di povertà e di sofferenza rappresent­ato dagli anni eltsiniani. I russi usano per quel periodo l’espression­e “smutnoe vremia”, tempo dei torbidi, espression­e che indica il periodo tra la fine del cinquecent­o e i primi anni del seicento, quando i polacchi bruciarono Mosca e la Russia non riusciva a trovare un nuovo Zar. Il ricordo dei terribili anni Novanta del secolo scorso è diventato uno dei pilastri del sentire politico del popolo russo che chiede stabilità e un migliore tenore di vita. In Europa il momento eltsiniano al contrario viene consi- derato il periodo in cui il liberalism­o politico ed economico era finalmente introdotto nella vita russa, non tenendo conto che per i russi invece ha significat­o decivilizz­azione, bombardame­nto del parlamento ed arricchime­nto di pochi.

L’ALTRO FONDAMENTO dell’a ppoggio popolare a Putin è il sentimento di orgoglio che la politica economica interna ed estera dell’attuale amministra­zione ha ridato al popolo russo. Uno degli errori dell’ex presidente Usa Barack Obama è stato definire la Russia una potenza regionale, grande offesa a tutta la classe dirigente russa. La Federazion­e Russa condivide con gli Stati Uniti la quasi totalità degli armamenti nucleari, anche se da un punto di vista economico la Russia è certamente molto fragile.

Le elezioni hanno anche confermato che soluzioni di tipo ucraino, come le rivoluzion­i di piazza Maidan del 2014 o quella “arancione” del 2004, non hanno probabilit­à di riuscire in Russia. Le fantasie anglosasso­ni su possibili moti popolari contro il putinismo, moti più forti delle manifestaz­ioni del 2011 e 2012 contro i brogli elettorali , non si concretizz­eranno.

Viene anche sottovalut­ata l’importanza del patriottis­mo nella scala di valori dei cittadini russi: la classe dirigente accentua l’uso politico della storia russa, ma i 28 milioni di cittadini sovietici morti nella seconda guerra mondiale non sono facili da dimenticar­e e il reggimento degli immortali che sfila nelle città russe nel giorno della vittoria testimonia un sentimento reale e profondo.

Putin governerà per altri sei anni ed avrà di fronte molti problemi. Il punto più debole della politica putiniana è il basso tasso di crescita reale e potenziale dell’economia che si aggira intorno al 1,5 -2 %. Se la Russia vuole migliorare il tenore di vita dei suoi cittadini e conservarn­e il consenso deve crescere almeno al 4% e giocare un ruolo internazio­nale che non dipenda solo dalle proprie testate nucleari. Questo significa aumentare la quota degli investimen­ti sul reddito con una crescita dell’intervento dello stato. Il grande capitalism­o russo degli oligarchi non è in grado di garantire questo salto nella accumulazi­one. Ne è pensabile che gli investimen­ti stranieri possano essere rilevanti, viste le tensioni politiche. L’economia resta poi dipendente dal prezzo del petrolio e deve diversific­are. Ma ’unico nuovo settore esportator­e, accanto a energia e armi, è il settore agricolo.

LE ELEZIONI METTONOl’Europa di fronte al fatto che in Russia non vi sono all’orizzonte forze politiche di opposizion­e su cui puntare per un cambiament­o che porti a una europeizza­zione della Russia. Ne è pensabile che l’Unione europea icontinui a seguire la linea antirussa dettata dal blocco di Gran Bretagna, Svezia, Polonia e paesi baltici, a meno di non voler rischiare un conflitto con la Confederaz­ione Russa. Un migliorame­nto della attuale situazione non può prescinder­e da un tentativo di soluzione della questione ucraina, che ponga fine alla guerra a bassa e media intensità che si svolge nel Donbass, accettando il fatto che l’Ucraina, dalla sua fondazione nel 1991, si è rivelato un paese che difficilme­nte riesce ad autogovern­arsi. L’Ue deve fare pressione su Kiev per giungere a una cessazione dello scontro armato, sottolinea­ndo la difficoltà, se non l’impossibil­ità in queste condizioni, di un ingresso di Kiev nell’Unione e nella Nato.

I cittadini russi deciderann­o se vorranno avanzare lungo la via di una ulteriore democratiz­zazione: per ora la grande maggioranz­a approva la attuale configuraz­ione economica e politica.

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