Il Fatto Quotidiano

“La notizia non è il mio David ma io protagonis­ta del film”

RENATO CARPENTIER­I Miglior attore per “La Tenerezza”: “Oramai non solo non me l’aspettavo più, nemmeno ci speravo”

- » FEDERICO PONTIGGIA

Le porte aperte le trovò nel 1990, il suo primo ruolo per la regia di Gianni Amelio, ma perché il cinema italiano gliele spalancass­e Renato Carpentier­i ha dovuto attendere altri 28 anni: La tenerezza, sempre diretto da Amelio, gli è valso il premio David di Donatello quale migliore attore protagonis­ta. Ha ricambiato subito, regalando le parole, e le lacrime, più belle della 62esima edizione: “La tenerezza è una virtù rivoluzion­aria. C’è anche la cortesia, ma nella cortesia c’è un pizzico di ipocrisia. Il rischio ogni tanto fa bene”. Il giorno dopo il settantaci­nquenne – li compirà il 2 aprile – Carpentier­i è ancora “in subbuglio”, non si capacita, ma vuole dire. Della tenerezza, che è “un afflato verso l’altro”, e della cortesia, che al contrario “è il modo più educato per tenere qualcuno a distanza”.

Carpentier­i, il nostro cinema è stato cortese con lei?

Se, magari. Nemmeno quello.

Amelio, Daniele Luchetti (“Il portaborse”), Nanni Moretti (“Caro diario”) Gabriele Salvatores (“Puerto escondido”, “Sud”), i fratelli paolo e Vittorio Taviani (“Fiorile”) Mario Martone (l’esordio “Morte di un matematico napoletano”, “Noi credevamo”): ha un ruolino prestigios­o, qual è il problema? Attore protagonis­ta: prima de La tenerezza, lo sono stato solo un’altra volta, ne L’attesa del 1991. Anzi, due, ma il film girato in Bulgaria non lo ricordo. Il problema è che i protagonis­ti vengono messi in condizione di crescere, sperimenta­re, dunque, provarsi inediti e migliorars­i, i compri- mari molto più raramente: nel loro caso, si viene scelti per quel che si è.

Viceversa, ne “La tenerezza” che accade?

Lorenzo all’inizio è come me, riservato, burbero, scontroso, e via dicendo. Ma nella seconda parte cambia drasticame­nte, ed è lì che Amelio mi ha voluto condurre: quello non è più Renato, ho dovuto imparare, applicarmi. Per Le porte aperte Gianni mi prese dopo tre ore di colloquio, senza provino, mi trovai davanti Gian Maria Volonté: lui si chiese chi fossi, io capii che cos’era il cinema.

Torniamo ai David.

La notizia non è che abbia vinto io, ma che in un film ci fossi io per protagonis­ta. Che non faccio parte dello star-system, che non sono del giro. D’abitudine, manca il coraggio: in Italia ci sono tanti attori, tanti attori bravi e tanti attori bravi a spasso. Come posso coltivare, ammesso di averlo, il mio talento, come posso provare il mio valore, se non me ne viene data l’occasione?

“La tenerezza” lo è stata. Oramai non solo non me l’aspettavo più, nemmeno ci speravo. Per questo le lacrime sul palco: avrei voluto essere più sobrio, me l’ero ripromesso, ma sono arrivate e non ho potuto farci nulla. In fondo, ognuno di noi vuol essere riconosciu­to, meglio, vuole che sia riconosciu­to il proprio lavoro. Sì, il David da protagonis­ta è stato una liberazion­e. A giudicare dalla locandina del film, il protagonis­ta non era lei, Carpentier­i: i faccioni di Micaela Ramazzotti, Giovanna Mezzogiorn­o ed Elio Germano sparati, lei piccino in campo lungo, e suo il nome per ultimo.

Non lo nascondo, ci rimasi male. Un’anomalia, chiamiamol­a così, di cui scriveste anche voi, e ci fu persino un cinema, a Torino, che manipolò quella locandina e ( ride, ndr) fece découpage e giustizia. Ecco, forse ora avrò il rispetto che meritavo.

Che ha pagato fino a oggi? Non ho particolar­i rimpianti al cinema: ci sono arrivato a 46 anni, consapevol­e, e mi sono accontenta­to. Sconto l’aver fatto teatro a Napoli, la mia città: lì i critici non arrivano, e quelli del luogo non proiettano la luce giusta.

Sicché?

Quando mando proposte ai Teatri Stabili o ai Tric (Teatri di interesse culturale) finanziati dal Ministero, puntualmen­te vengono respinte, anzi, diciamo che nemmeno le leggono né rispondono. Quando va bene, si trincerano dietro un “la stagione è già chiusa”, e poi la inzeppano di nomi televisivi. Ma io non mollo, sto aprendo a Napoli uno spazio di teatro studio per i ragazzi: sia chiaro, è una fucina, devono anche loro dare a me. Uno scambio reciproco.

Al cinema?

La prima regia di Valerio Mastandrea, Ride, il nuovo di Roberto Andò, Una storia senza nome, poi forse a maggio Luchetti. Soprattutt­o, nutro un dubbio: non è il caso di smetterla di fare film solo di giovani con giovani per giovani e di riscoprire che il cinema come il teatro è il mondo, ed esistono generazion­i, età diverse e la possibilit­à che s’incontrino?

Ha un sogno?

Fare Prospero con la regia di Andò al Teatro Biondo di Palermo. E poi un altro, nuovissimo: che questo David non sia cortese, ma tenero verso chi verrà. Dopo di me, come me: c’è ancora speranza, voglio dirlo.

Non faccio parte dello star-system, non sono del giro. Di solito manca il coraggio in Italia: ci sono tanti attori bravi a spasso

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Ansa La premiazion­e Renato Carpentier­i, miglior attore protagonis­ta, con Diane Keaton

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