Dissenso comune e altre vane ipocrisie
Le donne del cinema italiano contro il potere maschile. Ma senza fare nomi
Appuntate o forse spuntate, le spillette di Dissenso Comune ai David di Donatello. E il dissenziente monologo di Paola Cortellesi, che riprende da un uomo, Stefano Bartezzaghi, per stigmatizzare l’ambivalenza di genere di alcune parole, da cortigiano a gatto morto: declinate al femminile, tanfano leggermente di prostituzione. Poi, la migliore attrice, la Fortunata Jasmine Trinca, che piccina fu lupo e non Cappuccetto Rosso e ora incoraggia la figlia, “bella di mamma”, a un femminile non stereotipato. Le altre Dissenso Comune’s Angels sono Claudia Gerini, Sonia Bergamasco, Valeria Golino, Isabella Ragonese e Giovanna Mezzogiorno: tutte le attrici candidate, insomma, eccetto Anna Bonaiuto, Giulia Lazzarini e Micaela Ramazzotti, di cui forse non avevano il numero di telefono. Poco male, anche se Frances
McDormand non abita qui. Saprà questo muliebre Dissenso scacciare gli spettri d el l’ipocrisia e farsi sentire sul serio? L’immediata ricezione sul palco sconfesserebbe, da Luca Zingaretti a Donato Carrisi, è tutto uno scoprire la donna, questa sconosciuta. Un ripasso della filmografia di Roger Vadim non guasterebbe. Taciamo, poi, di chi è passato sotto silenzio: A- sia Argento, che ha twittato piccata “Fiera di non appartenere alla cricca ipocrita ed omertosa del cinema italiano”, e ancor più Sebastiano Riso.
Il regista di “Una famiglia”, vittima di un’aggressione o- mofoba lo scorso ottobre, ha subito danni fisici non reversibili, non ha alcuna certezza sui colpevoli né ha trovato la solidarietà dei colleghi: per lui è Silenzio Comune. Altre amenità, Selma Jean Dell’Olio, vittoriosa per il doc “La lucida follia” di MarcoFerr eri, fa sprezzo dell’evidenza e ci comunica che è più impegnata del marito Giuliano Ferrara e che “la regia è femmina”; Steven Spielberg e Diane Keaton (brava a ringraziare Woody Allen “senza il quale non sarei qui”) ci ricordano plasticamente che il Piano Marshall non è mai finito e che la provincia dell’impero è da Trieste in giù; Carlo Conti conduce con la sinistra o, se preferite, con l’auto in terza fila davanti agli Studi Ex De Paolis.
Eppur si vince, Rai Cinema mostra i muscoli e anche di non disdegnare le coproduzioni con ex altolocati dell’azienda, da Agostino Saccà (“La tenerezza”) a Carlo Macchitella ( il miglior film “Ammore e malavita”). Il resto sono cortesie per gli ospiti, transizione Rondi-Detassis e una devastante certezza: ma quanto ci sono mancati Paolo Sorrentino e Toni Servillo a schifare in platea? L’a nn o prossimo, per fortuna, ritoccherà a loro.
Paola Cortellesi prende in prestito le parole da un uomo, Stefano Bartezzaghi, per spiegare l’ambiguità di genere