Matteo, un’altra legge illegittima: Dl Ilva bocciato
La fabbrica L’accusa dei Supremi giudici contro il decreto del governo Renzi che nel 2015 riaprì l’altoforno sequestrato per la morte di un lavoratore
Il decreto Salva Ilva varato dal governo Renzi nel 2015 ha privilegiato “in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva, trascurando del tutto le esigenze di diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa”. È quanto, in estrema sintesi, ha scritto la Consulta nella sentenza con la quale ha sancito l’illegittimità costituzionale del provvedimento varato per sbloccare l’altoforno 2 dell’Ilva sequestrato senza facoltà d’uso dalla Procura ionica dopo la morte di Alessandro Morricella, 35enne ucciso da una colata di ghisa il 12 giugno 2015.
DOPO L’INCIDENTE mortale la Procura mise i sigilli all’impianto perché privo dei dispositivi di sicurezza, ma il governo neutralizzò la magistratura con un decreto che permetteva all’azienda di continuare a utilizzare l’impianto nonostante il rischio per gli operai. Fu il gip Martino Rosati, su richiesta della procura guidata all’epoca dal procuratore Franco Sebastio e dall’aggiunto Pietro Argentino, a sollevare la questione di legittimità e spiegando che il decreto violava diversi articoli della carta costituzionale. Il giudice Rosati evidenziò anche lacune presenti nel provvedimento varato “in tutta fretta” solo per bloccare la magistratura. Il fermo di quella linea produttiva, infatti, avrebbe comportato il blocco totale della fabbrica. “È oggi consentito per legge – scrisse il magistrato – che un'azienda, se d'interesse strategico nazionale, possa continuare a svolgere la propria attività anche quando tale esercizio sia suscettibile di aggravare o protrarre le conseguenze di un reato” soltanto “limitandosi a predisporre e comunicare un piano di interventi ad alcuni enti pubblici, che non possono nemmeno sindacarne contenuti e attuazione”.
A distanza di anni, i giudici della Corte costituzionale hanno dato ragione ai magistrati tarantini affermando che il governo Renzi ha tutelato esclusivamente la produzione e sacrificato il diritto alla salute e alla vita. A differenza del Salva Ilva varato nel 2012, in cui vi era un bilanciamento di diritti, nel 2015 “il legislatore non ha rispettato – scrivono i giudici delle leggi – l’esigenza di bilanciare in modo ragionevole e proporzionato tutti gli interessi costituzionali rilevanti, incorrendo in un vizio di illegittimità costituzionale per non aver tenuto in considerazione le esigenze di tutela della salute, sicurezza e incolumità dei lavoratori, a fronte di situazioni che espongono questi ultimi a rischio della vita”. Per l’e secut ivo renziano, quindi, veniva prima il lavoro e poi la sicurezza e la salute degli operai.
“QUALCUNO ci definì rivoluzionari eversivi – commenta Sebastio che all’epoca guidava la Procura ionica – solo perché avevamo chiesto alla Consulta di esprimersi: oggi abbiamo avuto ragione, quindi non eravamo pazzi, ma la cosa più importante è notare che tra le righe la Consulta ha lanciato un segnale, una sorta di messa in mora tipo: ‘Sono passati sei anni, qualcuno vuol darsi da fare?’”. Per i Verdi questa decisione “apre una speranza, confermando che c'è ancora uno stato di diritto, anche se a Taranto – scrivono Angelo Bonelli e Fulvia Gravame – in questi anni è stato calpestato”.
L’Ilva ha dichiarato che “la decisione non ha alcun impatto sulla continuità dell’attività produttiva” poiché il disse-
Quel decreto fu la risposta incostituzionale dell’esecutivo alla famiglia Morricella e ai suoi compagni di lavoro. La Regione all’epoca chiese di non varare quella norma
MICHELE EMILIANO Morte bianca Morricella fu ucciso a 35 anni da una colata di ghisa. “Privilegiati gli interessi della fabbrica”
questro dell’Altoforno 2 fu ottenuto nel settembre 2015 in base a un provvedimento della Procura che imponeva del prescrizioni che furono poi attuate. Per il commissario Enrico Laghi “non c’è nulla da temere per Ilva dalla sentenza della Corte costituzionale".
“Per me – ha spiegato al Fatto Natalia Luccarelli, moglie di Alessandro Morricella – non cambia nulla: Ale non c’è più e nessuno lo riporterà indietro. E mi creda non interessa a nessuno la condizione di vedove e orfani che ogni giorno devono rimboccarsi le maniche per andare avanti. Dico sempre alle mie figlie che bisogna vivere e non sopravvivere, ma non è semplice. Anche per l’Ilva non cambierà nulla: continueranno a operare nell’illegalità. Perché è illegale lavorare in un posto in cui puoi morire per un incidente o per una malattia”.