UNO SCOLARO CON GRAVE DEFICIT DI ATTENZIONE
Non avremmo mai pensato di dirlo, ma forse aveva ragione Renzi: il Senato elettivo andava abolito e “trasformato in un museo”, se non altro per scongiurare il pericolo che in futuro ci sedesse gente come lui. Dovevate vederlo, ieri, accomodato novello eletto tra i banchi del Pd di Palazzo Madama (“Renzi senatore”: un titolo che non stonerebbe nel solco dei vari “Paperino astronauta”, “T opolino e il bosone di Higgs”, etc.), durante il discorso solenne del suo ex pigmalione Napolitano. Se non l’avete visto, guardatelo: come uno scolaro iperattivo e purtroppo ignaro della efficacia didattica di un bello scappellotto, si distrae in continuazione; ridacchia furbastro; fa l’occhiolino a questo e quello; distrae i colleghi; fa sedere Richetti davanti a lui; motteggia; si muove; solleva il mento per ostentare attenzione. Ma dura tre secondi netti. Gaglioffo e ilare, si guarda attorno, occhieggiando all’emiciclo; ammicca a qualcuno alle sue spalle; saluta; distrae i colleghi; dice una facezia a Bonifazi, che a sua volta smanetta con l’iPhone; poi gli mette una mano sul braccio, cameratesco, come fossero al Bar Sport di Montelupo Fiorentino e stessero condividendo una celia e un Crodino invece che lo scranno senatoriale.
La liturgia lo annoia, e del resto qui 4 anni fa, con la stessa sicumera del provincialotto arricchito che accede al circolo di canasta del paese, entrò con le mani in tasca, e tra una citazione di Gigliola Cinguetti e un calembour del suoi (l’Italia non è Paese finito ma un Paese infinito), disse “vorrei essere l'ultimo Presidente del Consiglio a chiedere la fiducia a quest'Aula”, una delle sue sparate che la Storia si è incaricata di smentire. Una cronaca di Huffington Post lo ritrae poco prima della seduta: un Alberto Sordi magliaro che paga il caffè a tutti, canticchia una canzone di Alan Sorrenti, “chiacchiera col Nobel Carlo Rubbia” (che chissà come ne sarà uscito arricchito). Speriamo che non lasci mai la politica, uno così dove lo troviamo.