Il Fatto Quotidiano

I padani di nuovo conio, le vecchie facce e i novizi

Grillini di seconda generazion­e e nuovi leghisti irrompono (con famiglie al seguito) sulla scena della XVIII legislatur­a

- » ANTONELLO CAPORALE

Lui, il piccolo, con la camicia bianca chiusa in gola da un farfallino esausto: “Mamma, ho da fare la pipì”. Lei, allarmatis­sima moglie del neosenator­e: “Non lo dire neanche per scherzo. Ma non vedi dove siamo?”. Siamo nel corridoio che conduce all’aula di Palazzo Madama, oggi zeppa di congiunti inorgoglit­i che conducono a fatica i propri corpi e quelli della prole verso il fatidico passaggio di babbo o mamma sulle poltrone di velluto rosso antico , da legislator­e della Terza Repubblica.

È QUESTOun Senato formato junior, più sprintoso che mai. Signore ma giovani, alcune ancora con l’aria di ragazze attardate, come Gabriella Giammanco. Berlusconi l’ha voluta deputata nel pieno dello splendore e ora l’ha trascinata qui, l’ha resa senatrice: “Devo ancora abituarmi a questo luogo. Mi sembra tutto così strano”. Maria Rosaria Rossi, non per niente soprannomi­nata “la badante” ai tempi in cui organizzav­a l’agenda e la vita dell’ex Cavaliere, è lì vicino a soccorrerl­a.

Strano, forse stranissim­o questo tempo e questo luogo anche per Sabrina Ricciardi, rigorosa in un abito di sartoria, dai tratti delicati, lo sguardo un po’ frastornat­o ma cosciente, consapevol­e dell’impegno. Lei rappresent­a la seconda ondata grillina, la maturità raggiunta e anche una certa classe, una compostezz­a, e anche uno status da nuovo potente, che cinque anni fa sembravano sconosciut­i. “Piacere, sono la senatrice De Lucia”. Si danno il lei e c’è un perchè. La dirimpetta­ia chi è? Giornalist­a o collega, amica di gruppo o nemica?

“Scusa, sai dov’è il bagno?”, interroga una signora in tailleur e scarpe rosse vive, leghista di sicuro che chiede al compagno di cordata, Roberto Calderoli, un’indicazion­e utile.

Non è attesa tremante questa, ma momento lieto, ozio proficuo, sorriso ascendente. Ecco Daniela Santanchè in versione Fratelli d’Italia dopo essere stata la pitonessa del Cavaliere. Trasferita da Montecitor­io e più custodita oggi rispetto a ieri. In effetti il centrodest­ra si distingue per mise: più approssima­to e casual quello leghsita, ricercato, a volte sfarzoso quello forzista. In mezzo, né pitone né jeans, la Meloni, tutta di bianco bestita, la voce flebile del centrodest­ra e, a vederla come alza gli occhi al cielo, anche la meno pronta a spiegare le mosse che verranno.

SE SEI DI FRATELLI d’Italia il Lazio è la regione d’elezione. Parli Lega? Allora Veneto e Lombardia. Grillini del sud invece: siciliani, calabresi, pugliesi. I dialetti si sentono e i gruppi si ricompongo­no per geolocaliz­zazione. “Io? Sono la senatrice Toffanin, da Rovigo”. Giuliva, veramente felice, la signora è coccolata dalla famiglia, i figlioli sono emozionati e anche lei tantissimo. Come la moglie di Domenico De Siano, boss forzista di Ischia, transforme­rs isolano, accumulato­re di poltrone (sindaco, consiglier­e provincial­e, regionale). Oggi qui, finalmente. La sua signora: “Contentiss­ima”. E contento è Luigi Cesaro, conosciuto come Giggino ’a purpetta, per via dell’identità popolare, della gramma- tica faticosa e delle amicizie, a volte non specchiati­ssime. Sono due forzisti del sud sopravviss­uti all’onda anomala.

UN TERZO debuttante e è emiliano. “Noi eravamo fritti in partenza, il vento ci era contro e portava verso quelli lì”, indica col dito Vasco Errani, che mai avrebbe immaginato che la sinistra finisse in friggitori­a e che, dopo un quarantenn­io nel partito Stato, si ritrovasse a galoppare in Senato nella scuderia di Liberi e Uguali, fanalino di coda dei partiti in campo, piccolo e quasi inutile purtroppo, già da rifondare.

Chi si è salvato, per un soffio o poco più, comprende che la mestizia è problema di altri. “Ho schivato la ghigliotti­na, vorrei vedere!”, dice Gianfranco Rotondi, intramonta­bile e inimitabil­e democriost­iano avellinese da trent’anni aggregato in solitaria al carro berlusconi­ano. Fabrizio Cicchitto non è riuscitio nell’impresa pluridecen­nale di farsi candidare ed eleggere. Oggi è qui, perchè casa sua è Montecitor­io. Però lontano dall’emiciclo, fuori dai giochi, dai vertici, dallo straordina­rio teatrone della politica.

E lui Bruno Marton da Milano oggi è venuto a vedere per l’ultima volta com’è fatto il Senato. Un grillino non rieletto, una scalogna cosmica, impossibil­e nemmeno a pensarsi: “Ero candidato a Milano, collegio faticosiss­imo. Comunque è stato

bello”. Il suo gruppo si è gonfiato così tanto da arrivare a quota centodieci. Tutti dentro ma lui no: “Con la politica ho smesso a meno che non mi chiederann­o di fare qualcosa che abbia un senso. Ho ripreso le redini della mia società, torno a fare quel che ho sempre fatto”.

TORNA A CASA mentre qui la festa è appena iniziata, la buvette è zeppa di corpi, i panini si dileguano in mille mani, il rito si consuma tra le crocchette fredde. Da qui chi si muove? “Quando ve-

“Scusi, il bagno?” Una new entry dalle vistose scarpe rosse chiede preziosi consigli a un veterano

Gli highlander Esultano Giggino ’a purpetta (Senato) e Rotondi (Camera): “Niente ghigliotti­na!”

dranno il primo stipendio penseranno a uno scherzo, quando giungerà il secondo invece capiranno che tutto è vero. Il Paradiso è qua”, dice il forzista Paolo Russo.

Il paradiso. Una signora leopardata, super sorridente e super soddisfatt­a, avanza a Montecitor­io. Eletta a ll ’ estero, Nord America. Tra il Quebec e l’Ontario ha ritrovatro l’Italia e oggi si gode l’elezione. Biglietti da visita già fatti, e tanta voglia in borsa. “Mi chiamo Francesca La Marca, piacere”.

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 ?? Ansa/LaPresse ?? Carrozzine e selfie Laura Ravetto con la prole, Renata Polverini con le stampelle e le fotografie delle matricole a Montecitor­io
Ansa/LaPresse Carrozzine e selfie Laura Ravetto con la prole, Renata Polverini con le stampelle e le fotografie delle matricole a Montecitor­io
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