Sorrisi e imbarazzi, i bastonati dall’emerito: “Le sue parole sono sempre preziosissime...”
I renziani fanno buon viso: “Quando parla lui, si ascolta senza commentare”
La mazzata del presidente emerito è arrivata forte e chiara. Nel discorso con cui apre la legislatura al Senato, Giorgio Napolitano infierisce sul Pd: “Il partito che aveva guidato tre esecutivi ha subìto una drastica sconfitta ed è stato respinto dagli elettori” e il voto ha dimostrato “quanto poco avesse convinto l’autoesaltazione dei risultati ottenuti negli ultimi anni da governi e partiti di maggioranza”. In un discorso che non contempla la minima forma di autocritica, Re Giorgio individua il responsabile senza chiamarlo mai per nome, ma descrivendolo in modo piuttosto esplicito: è Matteo Renzi. E mentre l’ex premier dribbla i cronisti ed evita commenti, i reduci renziani in circolo nel Transatlantico del Senato non si possono sottrarre. Accusano il colpo, tra risate nervose e risposte inevitabilmente diplomatiche.
Dario Parrini mantiene una compostezza ammirevole: “Ogni contributo del presidente emerito è utile, visto che stiamo facendo un’a pprofondita analisi della sconfit- ta elettorale”. C’è andato giù duro però, no? “Ogni contributo è utile”, insiste. Immaginiamo che Renzi, al suo primo giorno da senatore, non l’abbia presa benissimo. Accenno di smorfia: “Questo lo deve chiedere a lui”.
Andrea Marcucci si muove da bodyguard del fu rottamatore, lo segue come un’ ombra nei primi passi da senatore semplice. Alla domanda su Napolitano sfog- gia un sorriso tiratissimo: “Le parole di Napolitano, oggi come ieri, s’ascoltano, si analizzano ma non si commentano”. Non si commentano? “Non si commentano”.
Non le commenta nemmeno Francesco Bonifazi, tesoriere renziano, che solca a grandi passi il corridoio a fianco della buvette: “Napolitano? Questa domanda qui, la si fa più tardi, ok?”. E via. Invece non si sottrae Tommaso Nannicini, già consigliere economico di Renzi e sottosegretario con lui a Palazzo Chigi, al primo giorno da senatore. Dispensa sorrisi e ampie pause: “Quella di Napoli- tano è un’analisi... un’analisi netta... anche condivisibile”. Per esempio? “Siamo d’a ccordo sul fatto che il Pd debba trarre le conseguenze del voto e stare all’opposizione”. Siete d’accordo anche sulla “a uto esa lta zion e”? Altra pausa, altro sorriso. “Siamo più d’accordo sull’altra parte”.
L’unica a rinunciare davvero all’aplomb istituzionale nei confronti dell’emer ito, paradossalmente, è una non renziana, la senatrice Monica Cirinnà: “Napolitano poteva anche risparmiarsela, eh... Abbiamo perso, l’abbiamo capito, ce l’hanno detto
Aplomb
La più stizzita è Cirinnà: “Abbiamo capito di aver perso, ma ora basta randellate”
chiaramente gli elettori. A un certo punto si potrebbe anche smetterla di randellare”. Dice proprio così: randellare.
Poi c’è Luigi Zanda. Lui che ormai è il meno renziano di tutti i senatori Pd risponde alla domanda su Napolitano con un sorriso luciferino: “Ho molto apprezzato il suo discorso”, dice, mentre guada- gna l’aula per la seconda votazione. Senatore, Napolitano ce l’aveva con il Pd. “Ho apprezzato il suo discorso”, ripete, e va.
Il migliore incassatore però frequenta l’altro ramo del Parlamento. Il premier uscente Paolo Gentiloni dalla Camera risponde all’emerito con la proverbiale pacatezza: “Penso che, non solo per quello che ha rappresentato in questi anni, ma anche per il ruolo che svolge tuttora, noi dobbiamo la massima considerazione alle parole e a quello che dice il presidente Giorgio Napolitano. Poi la discussione politica, ovviamente, è aperta”.